Continuano le azioni violente delle forze dell’ordine iraniane, che hanno ucciso un’altra studentessa durante le proteste.
Non solo, le autorità hanno anche obbligato i familiari a dichiarare che la morte della giovane è avvenuta a causa di una malattia.
Sembra una morte simile a quella di Mahsa Amini quella che è avvenuta sabato scorso. La vittima è una dottoranda di 35 anni uccisa a manganellate dalla polizia iraniana, intervenuta per sedare le proteste in corso in tutto il Paese.
Si chiamava Nasrin Ghadri e studiava filosofia a Teheran la ragazza brutalmente uccisa dalle forze di sicurezza con l’utilizzo di manganelli.
Questo non ha fatto altro che intensificare l’indignazione di coloro che da tempo protestano contro il regime, così molte persone sono scese in piazza nella città del Kurdistan bloccando le strade per ore.
Anche in questo caso le forze dell’ordine sono ricorse alla maniere forti ferendo diversi individui.
Nasrin è stata colpita violentemente alla testa e il trauma è stato così forte che la 35enne è entrata subito in coma e poi è morta.
Un pestaggio in piena regola quello che ha causato la morte della studentessa che nella giornata di sabato stava proprio partecipando a una delle tante manifestazioni di solidarietà verso tutte le Mahsa.
La faccenda però ha anche del torbido, infatti gli agenti avrebbero tentato di mascherare questo omicidio intimando alla famiglia della ragazza di velocizzare la sepoltura e annunciare come causa del decesso una malattia o un’intossicazione.
Dopo il presunto omicidio della giovane Mahsa Amini in circostanze sospette e molto discusse, l’Iran è teatro di proteste sempre più diffuse non solo da parte delle donne ma di tutta la popolazione e in particolare degli studenti.
Mahsa è stata assassinata dalla polizia a Teheran perché aveva indossato male il velo e da questo si intravedeva una ciocca di capelli. Un motivo che può sembrare futile ma non c’è stato nulla da fare: la ragazza è stata portata via nonostante le proteste dei suoi familiari che erano con lei e sono intervenuti in sua difesa.
Poco dopo è stata annunciata la sua morte e sebbene si parli di una malattia di cui era affetta da tempo, nessuno crede a questa morte, si pensa invece che sia stata maltrattata pesantemente dagli agenti che l’hanno prelevata.
Siamo a metà settembre e da quel momento si sono scatenate molte proteste con gesti eclatanti come il cosiddetto “schiaffo del turbante“, ovvero giovani ragazzi che si avvicinano a uomini che indossano l’abito religioso tradizionale per poi colpire il loro turbante facendolo cadere a terra.
Questo uno dei tanti gesti simbolici di protesta contro il regime degli ayatollah e anche se le varie proteste iniziate quel 16 settembre non siano di forma violenta, la polizia utilizza mezzi estremi per sedarle sparando sulla folla, come quando a 40 giorni dalla morte di Mahsa vennero colpite le persone giunte a commemorarla come da tradizione per la fine del periodo di lutto.
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