Il 2017 si apre all’insegna della lotta al terrorismo anche in Italia con le prime espulsioni dell’anno a partire da quella a carico di un 26enne tunisino residente a Ravenna, sospettato di essere un aspirante foreign fighter: a stanarlo alcune frasi su Facebook in cui scriveva di essere indeciso “se fare una strage o fare il bravo”, oltre all’amicizia virtuale con un un tunisino detenuto per avere un legame con gli estremisti islamici. Tanto è bastato perché gli uomini del Dap avviassero le segnalazioni e arrivasse il provvedimento del ministro degli Interni Marco Minniti, per “motivi di sicurezza dello Stato”. Il giovane è stato già imbarcato con un volo verso Tunisi, segno dell’alto livello di allerta che vige nel nostro Paese. L’espulsione di Marouan Mathlouthi, questo il nome del giovane riportato dalla stampa, è emblematica perché riguarda due degli ambienti più a rischio infiltrazione terroristica in Italia: il web e le carceri. Con questa operazione salgono a 134 i soggetti espulsi dall’Italia negli ultimi due anni perché legati al terrorismo.
Il premier Paolo Gentiloni e il ministro Minniti sono stati molto chiari su questo passaggio nella conferenza stampa a inizio anno dopo la strage di Capodanno a Istanbul: gli ambienti a cui gli apparati della sicurezza guardano con maggiore attenzione sono proprio il web e il carcere, luoghi dove il proselitismo del terrore è all’ordine del giorno.
L’Isis in Italia: i casi più eclatanti
L’Italia al momento è stata risparmiata da attacchi terroristici di matrice islamica ma non dall’infiltrazione dei terroristi. Gli arresti e le espulsioni sono andate avanti negli ultimi anni e il livello di allerta non è mai sceso.
Una delle operazioni più importanti è stata effettuata a Brescia, dove due stranieri (un tunisino di 35 anni e un pakistano di 27 anni) sono stati fermati dalla polizia lo scorso 22 luglio. L’accusa per loro è di terrorismo e di propaganda a favore dell’Isis attraverso internet. I due stranieri parlavano di colpire obiettivi sensibili in Italia, come, ad esempio, la base militare di Ghedi e la metro di Milano. Fotografavano dei luoghi conosciuti come il duomo di Milano e mostravano biglietti con scritte minacciose. Uno di questi recitava: “Siamo nelle vostre strade, l’Isis è tra voi”. Entrambi sono in Italia da anni e hanno un regolare permesso di soggiorno. L’indagine, che ha portato al loro arresto, è cominciata lo scorso aprile, quando il tunisino ha pubblicato in rete numerosi messaggi di sostegno allo Stato Islamico, oltre a minacce alle istituzioni statali e ai cittadini italiani. Avevano creato l’account Twitter “Islamic_State_in_Rom” e utilizzandolo parlavano dei loro progetti terroristici. I due avevano scaricato dalla rete anche una sorta di manuale, che conteneva indicazioni su come devono comportarsi i mujaheddin nei territori occidentali, come confezionare armi e ordigni in maniera artigianale.
Per l’Italia l’Isis è una minaccia sempre più concreta. Ci sarebbe Maria Giulia Sergio, oggi Fatima Az Zahra, l’italiana convertita all’islam e partita per la jihad islamica in Siria, al centro della vasta operazione di Polizia contro il terrorismo internazionale di stampo islamico, avvenuta l’1 luglio tra le province di Milano, Bergamo, Grosseto e una città dell’Albania. L’operazione, nominata “Martese”, ha portato all’arresto di 10 persone, 4 italiani, 5 cittadini albanesi e un canadese, che avrebbero fatto parte di una cellula terroristica allo scopo di reclutare combattenti per l’Isis e organizzare attentati in Italia. Per tutti le accuse sono di associazione con finalità di terrorismo e di organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo. Le indagini, coordinate dalla Sezione Antiterrorismo della Digos di Milano, hanno portato allo scoperto il piano del gruppo, in procinto di partire per la Siria e unirsi alla guerra del presunto califfato. Tra i fermati anche i genitori e la sorella di Maria Giulia.
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Non è solo la prima foreign fighter italiana partita per la Siria, ora è anche la prima condannata per terrorismo internazionale. Il triste primato spetta a Maria Giulia ‘Fatima’ Sergio, 29 anni, condannata a dicembre 2016 a 9 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Milano con quella che è la prima sentenza in Italia a carico di un foreign fighter ancora nelle zone di guerra. Con lei sono stati condannati il padre, Sergio Sergio, a 4 anni, e il marito Aldo Kobuzi, a 10 anni.
La sua storia aveva colpito molto l’opinione pubblica perché per la prima volta una ragazza italiana d’origine aveva deciso di seguire il folle piano del marito e di partire per la Siria, pronta a immolarsi per il jihad. Decapitare in nome della sharia. Vivere secondo le leggi di Allah perché lo Stato Islamico è perfetto. Sono alcune delle frasi che Maria Giulia Sergio aveva detto a Marta Serafini, giornalista del Corriere della Sera che l’aveva raggiunta lo scorso anno via Skype, quando era già in Siria. La 29enne era ricercata per associazione con finalità di terrorismo. La giovane ha parlato con la giornalista e cercato di spiegare le sue motivazioni, le ragioni per cui ha deciso di abbandonare l’Italia per la Siria, dove si troverebbe a fianco del marito. Quando parla del jihad e dello Stato Islamico, usa sempre il “noi” perché, spiega, lei ne fa parte. “Lo Stato Islamico è uno stato perfetto perché segue le leggi di Allah”, dice senza mezzi termini. Le violenze, gli stupri, i rapimenti di donne e bambine, l’addestramento di piccoli combattenti, gli omicidi di civili, decapitati o torturati: tutto viene smentito. “Noi non facciamo nulla contro i diritti umani, cosa che invece fanno coloro che non seguono la legge di Allah”. Nessuna violenza, insiste: sono gli altri stati che fanno del male, come nelle prigioni di Guantanamo. Loro invece agiscono secondo le leggi di Allah.
Nel marzo del 2015 sono state arrestate tre persone in provincia di Torino e in Albania. Due di loro sono zio e nipote: il primo è residente in Albania e il secondo vive in provincia di Torino, come il terzo arrestato. Il nipote frequentava un istituto tecnico a Ciriè, dove vive la sua famiglia. Il giovane frequentava la quarta classe del corso di elettronica e sembrava essersi inserito perfettamente all’interno della classe. Il terzo arrestato è un cittadino italiano di origine marocchina di 20 anni. È ritenuto l’autore del documento di propaganda dell’Isis, che è stato diffuso su internet. L’accusa nei confronti dei due albanesi è quella di reclutamento con finalità di terrorismo, mentre al 20enne marocchino è stato contestato il reato di apologia di delitti di terrorismo aggravata dall’uso della rete.
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