Il Parlamento israeliano nomina Benjamin Netanyahu nuovo premier. Uno dei governi più estremisti di sempre: sesto mandato per il primo ministro.
Dopo essere stato sospeso dalla sua carica, il nuovo primo ministro in Israele ha ricevuto la fiducia. Benjamin Netanyahu torna a un anno e mezzo di distanza, mentre sono ancora in corso le accuse di corruzione, frode e abito di potere: potrebbe salvarsi ottenendo l’immunità e l’annullamento del processo.
Israele, riecco Benjamin Netanyahu: unita la destra radicale con il nuovo governo
A 73 anni è il sesto mandato per Benjamin Netanyahu. Il leader del Likud – partito nazionalista liberale e di estrema destra israeliano – ha ricevuto la fiducia nella giornata di oggi diventando il capo del 37esimo governo del Paese. Il Parlamento dunque ha deciso di far riemergere una delle figure più controverse della politica israeliana, che negli ultimi anni ha per fino ricevuto accuse giudiziarie molto gravi.
Si parla di corruzione, di abuso di potere, di frode. Tutte accuse che potrebbero decadere con l’annullamento del processo grazie all’immunità. Per far si che ciò accada però anche gli altri partiti alleati dovranno essere d’accordo.
Netanyahu subentra a Yair Lapid, leader del partito centrista israeliano Yesh Atid, il quale non ha nemmeno stretto la mano al suo successero prima di abbandonare l’aula.
Il nuovo primo ministro ha unito le opinioni della destra radicale, insediandosi in un governo che si appresta a diventare uno dei più estremisti della storia del Paese. L’esecutivo ha visto la luce grazie alla partecipazione dunque degli ultraortodossi Shas e United Torah Judaism, dell’estrema destra religiosa, Sionismo Religioso e Otzma Yehudit, e anche del partito anti-Lgbt Noam.
I vari partiti hanno avanzato in queste settimane richieste su richieste, tutte soddisfatte da Netanyahu, il leader più longevo della storia del Paese.
Modifiche legislative e dichiarazioni controverse: le prime preoccupanti “promesse”
La nuova coalizione si è spianata la strada grazie a delle modifiche legislative: per permettere al ministro della Sicurezza nazionale di avere il controllo sul capo della polizia, per permettere al leader dello Shas Aryeh Deri di diventare ministro anche se su di lui pendono ancora le accuse di evasione fiscale (per le quali aveva patteggiato e si era dimesso dal suo ruolo parlamentare, e ancora per poter approvare la nomina di due ministri nello stesso dicastero (ministro delle Finanze ma responsabile anche nel ministero della Difesa).
L’opinione pubblica intanto teme per le dichiarazioni di alcune figure politiche, che ancor prima dell’entrata in servizio hanno annunciato misure estremiste e discriminatorie. Lo stesso nuovo premier si è dovuto dissociare, per non far tentennare alleati occidentali – Usa su tutti – e cittadini.
Ieri però alla Knesset, parlamento israeliano, una delle linee guida presentate ha fatto riferimento all’espansione degli insediamenti, compresa Cisgiordania. Uno degli obiettivi principali rimane la lotta all’Iran, e al suo allargamento nucleare. Lo ha confermato Netanyahu nella mattinata di oggi, ribadendo in aula che questa rimane una priorità insieme a quella di allargare gli Accordi di Abramo (accordi di pace, cooperazione e relazioni diplomatiche) agli altri Paesi arabi.