Israele sta vivendo un momento particolare dovuto al cambio del governo capitanato da Netanyahu. Il primo ministro appoggiato dagli esponenti dell’ultra destra israeliana Levin e Ben Gvir hanno già dato dimostrazione delle intenzioni future del Paese. L’astio contro la Palestina è sempre stato presente ma erano, anche, presenti al potere fazioni che avevano il la facoltà di limitare azioni e attacchi estremi.
Ora la situazione ha preso una piega differente e il governo di Israele non è mai stato così a destra come in questo momento. Il ministro della sicurezza interna Ben Gvir è sempre stato tra gli esponenti politici più estremisti e nazionalisti e, per questo, molto criticato dalle autorità internazionali e additato come persona potenzialmente pericolosa. Le prime azioni intraprese da Israele con l’inizio del nuovo anno non lasciano dubbi e per questo la situazione è davvero infuocata.
Il governo di Netanyahu esiste perché il premier ha ottenuto la maggioranza grazie ai partiti di estrema destra e ciò ha comportato che venissero date cariche importanti a Levin e Ben Gvir. Va precisato che la situazione nell’ultimo anni tra Israele e Palestina era già peggiorato ma il nuovo ministro della Giustizia e, sopratutto, il nuovo ministro della Sicurezza spaventano non soltanto le autorità palestinesi ma anche le autorità internazionali.
Le preoccupazioni che aveva sollevato la nomina dei due leader di estrema destra era più che fondata. Il ministro Levin ha avanzato una proposta di legge che, di fatto, limita i poteri della Corte Suprema e riduce completamente l’imparzialità dell’organismo istituzionale. La modifica andrebbe anche a toccare il lato della nomina dei giudici mettendo così in mano al governo un ente che dovrebbe essere al di sopra del sistema politico, come è sempre stato.
La novità prevede che possa essere messa in discussione una decisione della Corte Suprema israeliana con la richiesta di un solo deputato. Il quale potrà chiedere una votazione che, nel caso si raggiungano i 61 voti favorevoli su 120, annulla la decisione presa dall’organismo.
Decisione che ha portato in passato numerosi esponenti di spicco, come magistrati e avvocati, che contestano la riforma che va in sostanza a consegnare la Corte Suprema al governo. Il malcontento dell’opposizione e in prima troviamo l’ex premier Lapid chiede al popolo di rivedersi nelle strade per manifestare contro il collasso del sistema giudiziario israeliano.
Non è l’unico che ha iniziato il nuovo anno senza perdere tempo. Il ministro della sicurezza Ben Gvir ha lanciato una dura e pericolosa provocazione andando a scatenare la reazione delle milizie islamiche. Ha deciso di andare in visita alla Spianata delle moschee che è un luogo di culto importante per i fedeli musulmani. Dopo aver sollevato la critiche dato l’azione provocatoria e istigatrice ha anche risposto affermando che Israele non si lascerà intimidire dai gruppi terroristici islamici.
Ben Gvir è uno dei maggiori sostenitori dell’occupazione in Palestina e convinto sostenitore dell’eliminare i terroristi islamici, radicati nei territori della striscia di Gaza guidato da Hamas. Intrecci politici e istituzionali fragili che l’attuale ministro della sicurezza israeliano non ha intenzione di presentare ma anzi l’intenzione di attaccare ed espandersi è più viva che mai nei suoi progetti.
Le autorità palestinesi o AP hanno condiviso la loro preoccupazione per un’escalation militare, che porterebbe solanto morte e distruzione. La sicurezza è garantita tra Israele e Palestina ma è ora appesa a un filo.
Nella giornata di ieri la polizia di Israele ha avuto l’ordine di Ben Gvir di fare sparire le bandiere palestinesi dai luoghi pubblici. Ovviamente si tratta di una provocazione che non ha fondamento legislativo in quanto non esiste una legge che ne vieta l’esposizione.
Secondo il ministro di Netanyahu la decisione rispecchia la volontà di non fomentare il terrorismo. L’ordine però non è stato preso sul serio dalle forze dell’ordine che non hanno attuato nel concreto ciò che ha chiesto il politico. In passato l’Alta Corte non aveva ritenuto la misura attuabile in quanto la libertà d’espressione non deve essere limitata.
A Gerusalemme Est ogni settimana si tiene una manifestazione contro gli espropri di immobili e contro gli affitti ai cittadini arabi e i manifestanti hanno sfidato l’ordine portando molte bandiere della Palestina.
La situazione però rischia di prendere una piega bellica che punta alla conquista di ulteriori territori e all’espansione che porti di conseguenza all’emarginazione dei palestinesi.
Il governo di Israele ha iniziato la costruzione di un nuovo muro in cemento a ovest della città di Qaffin, a nord di Tulkarem, situata a nord della Cisgiordania. Questo però ha provocato l’espropriazione di terreni ai contadini locali che non potranno più essere accessibili. Le nuove mura si estendono dal paesino Salem fino alla città di Tulkarem, sono alte nove metri e arriveranno a una lunghezza complessiva di circa 45 km.
Sono previste misure di sorveglianza tecnologica e sarà monitorato costantemente ogni movimento.
Muhammad Saeed, agricoltore della zona, ha riferito: “Ai contadini della sola città di Qaffin sarà negato l’accesso a 1.236 acri di terreni cui si sommano decine di altri appezzamenti nei villaggi vicini”. Ha proseguito poi: “Nel passato potevamo entrare per tre giorni alla settimana” e spesso le autorità israeliane bloccavano gli accessi con il pretesto della sicurezza. Ora però, con la costruzione del muro, gli accessi saranno completamente negati con l’obiettivo di espropriarci dei nostri terreni”.
Il sindaco di Akba nel distretto di Tulkarem afferma che: “queste terre sono palestinesi, ma con la costruzione del muro non potremo più accedervi. Ci rubano la terra. Prima la recinzione, e ora un muro in cemento armato, intanto i palestinesi perdono terre che coltivano da tempo immemore.”
Israele sta sollevando un polverone importante in ogni direzione e la preoccupazione è anche dettata dal fatto che l’Autorità Palestinese sta scricchiolando, nonostante sembri così da tempo tempo, stavolta la crisi istituzionale è profonda e la paura cade sul pensiero di quando il leader, ormai 87enne, smetterà di portare avanti la sua carica. In quel momento tutti gli sforzi attuali per mantenere un equilibrio rischiano di esplodere in una corsa alla conquista della Palestina da parte sia delle autorità israeliane ma anche delle forze Islamiche ribelli.
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