Israele è attraversato, ormai da giorni, da continue proteste antigovernative e, soprattutto, attuate contro la riforma della magistratura e quella giudiziaria che non assicurerebbe al Paese una linea democratica, come è accaduto fino ad ora. I manifestanti, ora, hanno intenzione di effettuare una protesta denominata giorno di resistenza alla dittatura e avvertono che in questa giornata sarà interrotto il traffico sia via aria virgola in mare e a terra.
I riservisti che si sono uniti alla protesta e rifiutando di far proseguire la riforma giudiziaria, che ceda il potere magistrale il giudiziario nelle mani della classe politica, privando la Corte Suprema israeliana della propria imparzialità, unendosi alla lotta contro la riforma hanno gettato ancor di più nel caos Israele, sia a livello politico che a livello di preoccupazione di un’implosione della società, che nasca dall’interno e dal cuore del Paese. La Nazione non può sopportare di veder negata dopo tutti questi anni la democrazia.
La situazione comofende una crisi interna pesantissima ma anche una forte pressione internazionale, legata alla recente escalation di violenza tra Israele e Palestina, che ha visto diversi attacchi israeliani, compiuti dalle forze di sicurezza o anche chiamate IDF, nei confronti dei campi profughi di Jenin e Nablus provocando decine di morti tra cui molti cittadini innocenti. Gli attacchi israeliani hanno ricevuto ovviamente risposta da parte delle fazioni islamiche che, oltre a subire veri e propri attacchi militari, hanno anche subito le provocazioni del ministro della Sicurezza nazionale israeliano Ben Gvir, che ha volutamente alzato la tensione nei confronti dei palestinesi, attuando anche una camminata alla Spianata delle moschee, che notoriamente è un luogo sacro sia per ebrei che musulmani ma è destinato soltanto alla preghiera dei musulmani.
Situazioni concatenate che hanno portato all’esasperazione la popolazione israeliana ma hanno anche alzato il malcontento della comunità globale, che ha chiesto di mantenere un equilibrio per evitare una nuova guerra e anche una nuova intifada palestinese.
Da quando il governo capitanato da Netanyahu e dai suoi ministri di ultradestra ha cominciato ufficialmente il mandato, con l’inizio del 2023, la situazione, che era già tesa da mesi, ha subito un repentino cambiamento che ha gettato Israele nel caos. Già quando è emerso che, al fianco del politico alla guida del governo, sarebbero stati presenti rappresentanti di ultradestra considerati omofobi e razzisti si è sollevata la preoccupazione delle autorità internazionali, ma non appena la coalizione ha preso possesso delle proprie cariche ha avviato una serie di eventi che hanno scatenato proteste e centinaia di migliaia di persone sono scese per le strade d’Israele, per protestare contro i disegni di legge avanzati e contro la perdita di una democrazia preziosissima per il popolo israeliano.
I cittadini israeliani combattono contro le riforme proposte dal governo Netanyahu e soprattutto contro la riforma giudiziaria che consegna la magistratura nelle mani della classe politica andando, anche, a modificare la nomina dei giudici Ma ha anche due principi fondamentali che hanno commentato la rivolta israeliana,.
Si tratta di due punti importanti ovvero il primo è quello di limitare in maniera importante le motivazioni per le quali si può avanzare la ricusazione del primo ministro, che comporta quindi si avranno molte meno possibilità e casistica per poter avanzare la destituzione dalla carica di premier. Si tratta anche di poter modificare da parte dei deputati una decisione sentenziata dall’Alta Corte e formalizza una nuova pratica che prevede che, nel caso in cui uno dei legislatori non sia d’accordo su una determinata decisione della Corte Suprema possa richiedere una votazione e con 61 voti su 120 sarà possibile, con la riforma giudiziaria, annullare la decisione.
Il popolo ha già organizzato due manifestazioni che hanno decretato anche uno sciopero nazionale, che ha fermato il Paese mostrato solidarietà tra categorie lavorative differenti ma unite per assicurare le future generazioni uno stato d’Israele ebraico e democratico appunto ex magistrati, insegnanti e professori, infermieri o medici si sono uniti contro il governo Netanypahu appoggiati anche dall’opposizione guidata da Lapid e hanno tentato in tutti i modi di impedire la discussione di legge alla Knesset, creando scontri e ovviamente disagi.
Dopo che si è verificata la seconda giornata di interruzione totale di Israele sono state pronunciate frasi ritenute inaccettabili dai cittadini come per esempio la frase di Smotrich che ha riferito che la città di Huwara deve essere cancellata dalla cartina geografica. Questo a seguito di un episodio ritenuto gravissimo e che ha visto i cittadini israeliani reagire a un attentato che ha ucciso due giovani in auto contro i palestinesi di Huwara e hanno bruciato abitazione auto devastando un’intera zona.
La situazione complicata e la tensione crescente hanno portato ad unirsi alla protesta anche i militari riservisti che hanno addirittura boicottato la partenza di Netanyahu per Roma rifiutando di pilotare il volo del premier.
I riservisti hanno deciso di unirsi alla protesta, in quanto non si sentono tutelati dal governo attuale che mina la democrazia di Israele e che può portare soltanto la situazione a peggiorare invece di cercare una stabilità necessaria in un momento storico di crisi profonda,p che non può essere alimentata dalle forze governative.
Gli organizzatori che hanno organizzato le manifestazioni che stanno attraversando Israele da settimane, ma che hanno deciso poi di concentrare i loro sforzi nelle due giornate di sciopero nazionale che hanno unito centinaia di migliaia di persone contro le riforme e, soprattutto, contro quella giudiziaria, hanno riferito che è in programma per mercoledì 8 marzo, la giornata nazionale della resistenza alla dittatura.
Il Movimento di protesta contro la riforma giudiziaria israeliana si sta preparando per un’altra grande campagna che ha l’intenzione di sconvolgere la vita quotidiana ed è in programma per giovedì 8 Marzo. L’organizzazione ha intenzione di evitare che il primo ministro Netanyahu riesca a decollare per il suo viaggio in Italia e hanno annunciato che per farlo sono disposti a tutto e la mobilitazione sarà ancora maggiore rispetto alle due precedenti proteste.
Il messaggio dell’organizzazione riporta: “Un giorno di resistenza alla dittatura, durante il quale il traffico in Israele sarà interrotto a: in area virgola in mare a terra.”
I membri del gruppo hanno dichiarato inoltre che la protesta sarà attuata mediante l’utilizzo di mezzi tra cui veicoli attrezzature agricole, che partiranno da ogni luogo del Paese e per tutto l’arco della giornata, che vedrà anche manifestazioni in diverse città di Israele e una protesta davanti alla casa del ministro della Giustizia Levin ma anche di altri legislatori e ministri della coalizione.
Il Movimento ha chiesto in maniera chiara e sicuramente non velata di bloccare le strade intorno all’aeroporto Ben Gurion, possibilmente alla sera, quando Netanyahu e la moglie dovrebbero partire per Roma. Come sopraccitato il viaggio ha già subito battute d’arresto, quando la compagnia di bandiera EI AI e i suoi piloti hanno deciso, in segno di protesta contro la legislazione giudiziaria, di non accompagnare il premier in volo.
Un grande raduno partirà da Tel Aviv e più precisamente dalla piazza Habima e verranno effettuate anche manifestazioni da parte dei lavoratori del settore tecnologico in ben 15 zone diverse d’Israele.
Gli organizzatori della giornata di sciopero nazionale e di resistenza alla riforma giudiziaria hanno precisato che le informazioni rivelate sono soltanto, ovviamente, quelle che è possibile riferire ai media ma che sono pronti a sorprendere la popolazione e a tentare il tutto e per tutto per salvaguardare Israele.
Hanno dichiarato: “La prossima settimana aumenteremo gli sforzi della lotta con nuovi mezzi punto non fermeremo la lotta per un minuto fino a quando non assicureremo l’esistenza di Israele come Stato ebraico e democratico”. Sono emerse anche dichiarazioni in risposta alla dichiarazione rilasciata ieri sera, 6 Marzo, dal premier Netanyahu ai media locali in merito alla questione della protesta dei riservisti. Netanyahu ha affermato in merito: “Il rifiuto di servire minaccia le fondamenta della nostra esistenza virgola e quindi non deve avere posta nei nostri ranghi.”
L’organizzazione ha risposto: “La dittatura è una minaccia esistenziale per lo stato di Israele”. Secondo le opinioni emerse dai critici politici, la revisione proposta da Netanyahu e dai suoi ministri indebolirà sicuramente il carattere democratico di Israele e soprattutto eliminerà un elemento chiave dei suoi controlli ed equilibri e lascerà anche le minoranze senza protezione. Mentre popolazione e opposizione, così come le classi lavoratrici si oppongono a tutto questo la maggioranza invece sostiene che la riforma è necessaria per fermare un tribunale attivista.
Il popolo non ha intenzione di mollare soprattutto dopo che la scorsa settimana durante la giornata di interruzione che è stata attuata in tutto il Paese, ma ha voluto focus principale a Tel Aviv, la polizia ha utilizzato violenza, granate stordenti e getti d’acqua e questo ha scatenato il malcontento dei cittadini che si trovavano ad attuare una protesta pacifica che ha creato disagio, ma non aveva intenzione di apportare danno di alcun tipo.
Il ministro della sicurezza nazionale ha chiesto alla polizia di usare la mano pesante e di liberare tutti i costi le strade e gli stessi politici della maggioranza hanno definito anarchici i manifestanti.
La questione dei riservisti è invece è vista dalle cariche pubbliche e dalla popolazione in maniera differente rispetto alle altre categorie di lavoratori. Un ex comandante dell’Aeronautica militare israeliana ha espresso il suo parere contrario nei confronti dei membri riservisti dell’esercito che minacciano di non presentarsi in servizio e ha manifestato la propria preoccupazione per il fatto che si estenda anche alle fasce ordinarie dell’esercito e per questo chiede che il piano di revisione giudiziaria sia interrotto perché potrebbe portare effetti rovinosi per lo Stato.
Eliezer Shkedi ha affermato che il rifiuto di prestare servizio potrebbe costituire un precedente importante ma soprattutto davvero pericolosissimo. Per questo ha esortato il governo affermare il percorso legislativo sulla magistratura e a trovare un compromesso con l’opposizione, avvisando che si troverebbero di fronte a un caos legale senza un accordo e i 37 piloti di uno squadrone di jet da combattimento dell’Aeronautica militare che hanno deciso che non si sarebbero presentati a una delle loro sessioni di addestramento, potrebbero diventare centinaia di per esenzione mancanti all’interno delle forze militari israeliane.
Questo fa capire l’entità della problematica che sta attraversando Israele e mostra il malcontento popolare.
Mentre accade tutto questo il presidente di Israele Herzog ha intenzione di presentare nei prossimi giorni un nuovo piano per i negoziati sulla riforma giudiziaria e la notizia è stata diffusa ieri dai media locali. Il capo di Stato ha indetto una riunione di emergenza con 100 funzionari del governo e ha spiegato che Israele è più vicino che mai ad un compromesso.
L’idea è quella di presentare al primo ministro Netanyahu uno schema, che lo stesso premier dovrà valutare e successivamente modificare la legislazione in atto. Quando questo sarà effettuato il piano verrà poi pubblicato con il sostegno dei leader locali. Dalle notizie sembra che, come riferito da KAN news, il ministro della Giustizia Levin abbia intenzione di dimettersi nel caso in cui il primo ministro accetti la bozza di Herzog e congeli la riforma.
Il presidente di Israele ha precisato: “Siamo più che mai vicini alla possibilità di uno schema concordato punto ci sono accordi dietro le quinte sulle maggior parte delle cose appunto ora riprende dalla nostra leadership nazionale, della coalizione e dall’opposizione, chi riuscirà a superare questo grande momento, chi capirà la situazione e la terribile alternativa dietro la porta e chi metterà lo stato e i suoi cittadini al di sopra di tutto”.
Anche voluto lanciare un altro messaggio che invita ad unirsi anziché dividersi: “Siamo in una crisi storica che minaccia di distruggerci dall’interno, una volta per tutte. Siamo in uno dei momenti più difficili che lo stato di Israele abbia mai vissuto. L’attuale formulazione del piano di riforma mette in pericolo le radici democratiche di Israele, ma che la riforma era necessaria e discutere su come farlo era legittimo”.
L’opinione del capo di Stato israeliano riflette la necessità di porre fondamenta costituzionali storiche ed è fondamentale mantenere in essere democrazia, diritti umani e indipendenza del sistema giudiziario così come è necessario sostenere che: “lo stato di Israele è uno Stato ebraico e democratico basato sui principi della dichiarazione di indipendenza”.
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