Il paradosso italiano. In Europa primi per tasso di riciclo ma esportiamo ancora troppi rifiuti. Insufficienti gli impianti esistenti.
Presentato lo studio annuale di Assoambiente.
In Europa nessuno meglio dell’Italia quando si tratta del tasso di riciclo. Bene anche il tasso di circolarità – la quota di materiale scartato che viene riciclato e poi immesso di nuovo nell’economia – perché solo un Paese è più efficiente di noi, la Francia.
Eppure ancora troppi rifiuti vengono esportati fuori dai confini nazionali. Il motivo risiede anche nel fatto che mancano gli impianti soprattutto nel Centro-Sud.
“Per cogliere le sfide poste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dagli obiettivi fissati a livello europeo, serve puntare su strumenti (come gli acquisti verdi della pubblica amministrazione e incentivi fiscali sui prodotti riciclati) in grado di far compiere il definitivo salto di qualità all’industria nazionale del riciclo.”
“Più luci che ombre” nello studio annuale “L’Italia che Ricicla” presentato oggi a Roma da Assoambiente, l’associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare, smaltimento di rifiuti e bonifiche.
Sfogliando il rapporto si trova che l’Italia si piazza al primo posto in Europa per quanto concerne il tasso di avvio al riciclo dei rifiuti sia urbani sia speciali. 83,2% riferito al 2020 in base agli ultimi dati disponibili, a fronte della media europea del 39,2%. Bene la Spagna al 60,5%, poi Francia al 54,4% e male la Germania al 44%.
Per quanto riguarda il tasso di circolarità dei materiali, l’Italia è al 21,6% dietro la Francia al 22,2%. Germania e Spagna rispettivamente al 13,4% e 11,2%. Media Ue al 12.8%.
Passando all’analisi degli impianti troviamo la Germania in testa con ben 10.497 infrastrutture. A seguire l’Italia con 6.456 impianti per il recupero di materiali medio-piccoli, poi la Spagna con 4.007.
Nel 2020 l’Italia ha esportato 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti che sono stati inviati oltre confine (non gratis, ndr) dove vengono per lo più recuperati.
Assoambiente rileva come questo si tratti di un paradosso. Nel medio e lungo periodo dovrà essere colmato attivando incentivi e investimenti per impianti, con l’obiettivo di recuperare in Italia maggiori volumi di rifiuti riciclabili. L’associazione sottolinea come l’obiettivo consentirebbe di “ovviare alla cronica mancanza di materie prime, così come a creare sbocchi occupazionali verso la transizione ecologica.”
Secondo il rapporto l’industria del riciclo deve essere “il fulcro di una nuova strategia di sviluppo del Paese, basata sull’economia circolare.”
Dal dossier emergono poi anche le differenze tra le regioni. In Lombardia c’è il 22% degli impianti nazionali dedicati al recupero del materiale. Si tratta anche della regione che ricicla di più, con oltre 31 milioni di tonnellate avviate al recupero. Seguono Veneto con 12 milioni di tonnellate e Emilia Romagna con 10 milioni di tonnellate. Dunque centro nord in testa.
La mancanza di un numero sufficiente di impianti riguarda il riciclo ma anche la gestione dei rifiuti non riciclabili. Nel rapporto sono segnalati “nodi strutturali” come “la lunghezza delle procedure autorizzative, la complessità del panorama normativo-regolatorio e la farraginosità del sistema dei controlli.” Per ultimo si è aggiunta anche la questione dell’incremento dei costi dell’energia “che le aziende del riciclo si trovano a fronteggiare.”
“Il riciclo dei rifiuti risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese – commenta Paolo Barberi, vice presidente di Assoambiente – tradizionalmente povero di materie prime.” “Il salto di qualità per il settore e per il buon esito della parte di Pnrr relativa alla gestione rifiuti, potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme“, ha concluso Barberi.
Per l’associazione è fondamentale introdurre certificati del riciclo e incentivi fiscali (iva agevolata), come prevede la strategia nazionale per l’economia circolare, per rendere competitivi i materiali riciclati rispetto alle materie prime vergini.
Infine serve l’adozione delle norme tecniche che dovrebbero regolamentare il settore favorendo la creazione di un mercato stabile e trasparente, siano essere relative all’End of Waste, ai prodotti o ai criteri ambientali minimi per le gare pubbliche. Da rafforzare la domanda pubblica di prodotti riciclati.
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