Dal punto di vista dei singoli attori politici, tutto ciò che sta accadendo in Italia è comprensibile; i partiti populisti fanno ciò che la loro natura impone, come nella favola classica.
Per limitare l’instabilità politica e far fronte alla pandemia e alla crisi economica, ma anche per cogliere l’opportunità del massiccio fondo di ripresa Next Generation EU, nel febbraio 2021 il Presidente della Repubblica italiana ha chiesto a Mario Draghi di guidare un governo di unità nazionale , che è stato evitato solo dal gruppo di estrema destra di Giorgia Meloni.
Tuttavia, le elezioni amministrative di maggio hanno segnato una forte battuta d’arresto elettorale sia per la Lega che per il Movimento 5 Stelle. I due partiti, cresciuti su un messaggio populista e antisistema, hanno risentito del sostegno dato all’ex presidente della Banca centrale europea, considerato fino a poco tempo fa l’origine di ogni male.
La Lega ha perso consensi a favore di Fratelli d’Italia, che ai sondaggi è diventato il primo partito italiano; il Movimento 5 Stelle, invece, li ha ceduti all’astensione. A pochi mesi dalla fine naturale della legislatura —marzo 2023—, entrambi i partiti hanno cominciato a prendere le distanze dall’abbraccio del governo Draghi, che ha offuscato la loro identità e offuscato il loro messaggio di protesta.
Il Movimento 5 Stelle ha pagato un prezzo, perché c’era una spaccatura tra l’ala filogovernativa del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’ala dell’opposizione guidata da Giuseppe Conte.
Infatti il Movimento 5 Stelle ha aperto la crisi e la Lega l’ha chiusa, approfittando dell’occasione per tornare alle elezioni. Il 14 luglio, infatti, il Movimento 5 Stelle non ha votato sull’approvazione richiesta dal Governo di un decreto che, oltre a importanti misure a sostegno delle famiglie e delle imprese, conteneva anche un provvedimento molto criticato: la realizzazione di un impianto di trasformazione di spazzatura a Roma, città da anni sovraccarica di rifiuti.
Il Presidente del Consiglio ha subito compreso le conseguenze e ha rassegnato le dimissioni al Presidente della Repubblica. Lo ha respinto, chiedendogli di tornare in Parlamento per vedere se fosse possibile una maggioranza. Ed è quello che è successo mercoledì 20. Draghi ha pronunciato un discorso decisivo, rivendicando i suoi successi, ma anche rilevando il clima di divisione tra le forze politiche e gli obiettivi ancora da raggiungere.
Ha poi richiamato l’attenzione sulla forte richiesta di continuità e coesione politica proveniente dal Paese. In un recente sondaggio, due terzi degli italiani si sono espressi contro le elezioni anticipate. Inoltre, più di 2.000 sindaci e numerosi rappresentanti di enti e organizzazioni rappresentative hanno inviato al Governo una richiesta urgente di continuità per completare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Alla fine del suo intervento, Draghi ha consegnato un messaggio forte e chiaro. Il Paese non ha bisogno di una “fiducia di facciata”, ha detto, ma piuttosto del rilancio di “un nuovo, sincero e concreto patto di fiducia”. In un momento di grande intensità, ha chiesto quattro volte ai maggiori partiti: “Siete pronti a ricostruire questo patto?” Non lo erano. Quindi Draghi si è dimesso.
L’Italia terrà le elezioni in autunno. Perché questa crisi? Le cause più remote sono legate alla presenza di una maggioranza di forze politiche populiste, a causa del declino economico e dell’aumento delle disuguaglianze che dura da più di 20 anni. Le cause più vicine, invece, sono legate all’opportunità percepita dalla coalizione di centrodestra (tra cui Meloni) di vincere agevolmente alle elezioni anticipate, contro una coalizione di centrosinistra (PD+M5E e altre formazioni) dilaniata dalla crisi.
Il Pd, infatti, ha sostenuto con forza il governo Draghi e gli ha dato la sua fiducia. Il Movimento 5 Stelle, invece, si è reso conto che, presentandosi come parte del governo di unità nazionale, a marzo si troverebbe ad affrontare una certa debacle elettorale. Non è chiaro se questa sconfitta non avverrà comunque, ma chissà se, tornando allo stile di protesta, il Movimento 5 Stelle riuscirà a recuperare qualche appoggio.
Dal punto di vista dei singoli attori politici, quindi, tutto ciò che sta accadendo è comprensibile. Tuttavia, dal punto di vista collettivo, queste “razionalità individuali” producono effetti indesiderati. Si riapre un’era in cui l’interesse partigiano prevarrà sulla responsabilità nazionale. Resta da dimostrare se da ciò derivi un bene per l’Italia. I partiti populisti hanno ripreso il loro lavoro. È nella loro natura. Come nella favola di Esopo, dove lo scorpione punge la rana che lo aiuta ad attraversare il fiume, condannandosi ad annegare.
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