Italiani rapiti in Libia insieme a un canadese: rapitori noti alle autorità

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L’agenzia di stampa turca Anatolia, facendo riferimento a una fonte delle autorità della città di Ghat, nel sud della Libia, ha dichiarato lunedì che nella mattinata, due italiani sono stati rapiti in Libia da alcuni criminali locali armati, noti nella zona, dunque non terroristi di matrice jihadista: sono Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno di Sedico (Belluno), che lavorava in Libia dal ’79. Insieme a loro ci sarebbe anche un terzo lavoratore italo-canadese. Attualmente si ritiene siano ancora nell’area di Ghat, per questo sono in corso controlli e blocchi nelle possibili vie di fuga, così da poter impedire qualsiasi trasferimento.

Danilo Calonego

Nella foto, Danilo Calonego

Dal giorno del rapimento dei tre tecnici della Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì, una società italiana di manutenzione dell’aeroporto di Ghat, un’oasi desertica della provincia di Fezzan, situata nel sud del Paese, non risultano ancora contatti diretti con il gruppo di rapitori, e nemmeno rivendicazioni.

A proposito della vicenda, il premier Matteo Renzi, che sta seguendo passo dopo passo la situazione, al fianco del sottosegretario all’Intelligence, Marco Minniti, ha dichiarato: ‘Su queste cose, lavoro, silenzio e prudenza’.

Al momento, il principale riferimento nella zona del sequestro è il sindaco della cittadina libica, Komani Mohamed Saleh, personaggio molto influente nella zona, il primo a diffondere la notizia lunedì mattina e a confermarla alla Farnesina: ‘Stiamo effettuando ogni sforzo per conoscere il gruppo dei sequestratori e il luogo dove sono tenuti i rapiti’, aveva dichiarato.

Nelle stesse ore, Jamal Suleiman, uno dei componenti del consiglio municipale di Ghat, aveva raccontato al sito arabo Masrawy.com: ‘Sono stati attaccati e rapiti da un gruppo di uomini che erano a bordo di due auto. Il commando ha aperto il fuoco contro di loro e poi li ha presi’ e aveva poi aggiunto: ‘L’autista che li accompagnava è stato trovato con le mani legate in una zona desertica’.

LA DINAMICA DEL RAPIMENTO 

Secodo quanto si apprende da alcune fonti delle autorità locali, i tre tecnici ieri viaggiavano su un auto con autista, senza scorta, sulla strada che attraversa il deserto tra Ghat e Ubari. I tre non erano certo inesperti, conoscevano perfettamente la zona e dunque la consideravano sicura.

Danilo Calonego, musulmano convertito, sembra sia sfuggito a un altro tentativo di sequestro nel 2014, sempre nel deserto libico. La loro presenza non era stata comunicata alla Farnesina: ‘Quando una società italiana opera in Libia, la esortiamo a dotarsi di un sistema di sicurezza. Per noi è un paese a rischio, ma capisco le imprese che hanno interesse sul posto e dunque sono invitate a dotarsi di sistemi sicurezza’ ha spiegato il capo dell’Unità di crisi, Claudio Taffuri.

Secondo le attuali ricostruzioni, l’auto su cui viaggiavano i tre lavoratori è stata bloccata da un mezzo con uomini armati a bordo, i quali hanno legato l’autista e rapito i tre tecnici.

Qualcuno ipotizza che l’operazione fosse nata come rapimento lampo, per ottenere un risarcimento dall’azienda di Mondovì, che da molti anni opera in Libia, senza che il fatto finisse nelle mani della stampa. Tuttavia, per il momento non si dispone di elementi sufficienti per poter validare questa o un’altra ipotesi.

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