È uno degli argomenti che sta animando il dibattito politico e non solo. Stiamo parlando dello Ius Scholae e che ha tirato in ballo anche la Chiesa. Varie sono state le dichiarazioni, sia nel mondo politico che in quello ecclesiastico.
C’è chi lo condivide e chi no. Ma esiste una scelta giusta per tutti e che salvaguardi, soprattutto, la dignità delle persone?
Un momento difficile, quello che stiamo vivendo per un argomento altrettanto complesso. La cittadinanza italiana ai figli dei cittadini stranieri arrivati, o nati, in Italia. Concederla sì o no?
È un dibattito lungo, che si trascina da anni e che, ogni volta che risale a galla, porta con sé una scia interminabile di polemiche, ma non sempre dei risultati concreti.
L’ultimo capitolo riguardante la concessione, o meno, della cittadinanza ai figli dei cittadini stranieri, cresciuti o nati direttamente in Italia, è quello dello Ius Scholae.
Un termine apparentemente complesso, ma che in realtà può esser semplificato così: acquisto della cittadinanza legata al percorso scolastico.
In sostanza, se un minore straniero nato in Italia, o se è arrivato nel nostro Paese entro il compimento dei 12 anni di età, ha risieduto regolarmente e ha frequentato un regolare percorso di studi per almeno 5 anni, ha concluso uno o più cicli scolastici, ha ottenuto anche un diploma o una qualifica professionale, può acquisire la cittadinanza italiana o farne richiesta?
Tutto questo andrebbe ad integrare una legge già presente, la numero 91 del 1992.
Da qui, il dibattito, come dicevamo, politico sì, ma che ha anche visto alcune dichiarazioni dal mondo della Chiesa.
Monsignor Giancarlo Perego si è dichiarato favorevole nel sostenere lo Ius Scholae, poiché è un passo avanti per l’intera politica italiana, ma è anche uno strumento di giustizia e di dignità per la singola persona.
Ma la risposta immediata alle parole del Monsignore è arrivata direttamente dal sottosegretario all’Istruzione, Sasso, il quale ha dichiarato che dare l’ok ed il via libera allo Ius Scholae potrebbe “portare più sicurezza sociale”.
Secondo il sottosegretario, anche rispondendo alle parole del Monsignore, non si tratta di una maggiore partecipazione, ma solo un dare la cittadinanza senza poter effettuare né esami né controlli.
Un riferimento che riguarda, in particolare, le tante baby gang, ma anche agli adulti che, legati ai minori che avrebbero questo tipo di cittadinanza, non potrebbero più esser espulsi dal nostro Paese, nel caso abbiano commesso qualche reato.
Sasso dichiara, anche, nelle scuole italiane, gli stessi diritti di uno studente italiano sono anche garantiti ad uno straniero.
Secondo il sottosegretario, il provvedimento proposto dal Partito Democratico espelle quasi il minore, perché non tende mai ad interpellarlo e, per lui, decidono le persone adulte che, molto spesso, non sono neanche i genitori del minore stesso. Ciò, per Sasso, non rende la persona più partecipe ad un provvedimento che la riguarda.
Dall’altro lato arriva anche la risposta del segretario del Partito Democratico, Letta, il quale afferma con certezza e convinzione che l’approvazione dello Ius Scholae sarà fatta prima della fine della legislatura.
Una scelta che va in linea con gli impegni presi ad inizio mandato e che non può esser messa da parte ancora una volta.
Sempre come ha dichiarato Letta, fino a qualche mese fa si parlava, anche dello Ius Soli, ma “la destra ha detto: mai”. Così ci si è spostati sullo Ius Scholae. Ma anche qui, l’intoppo con l’altra parte del Parlamento si è trovato. Ma la linea da percorrere, per il PD, è quella di portare alla sua approvazione entro la fine della legislatura.
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