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Anche Jane Birkin si schiera contro Hermès: la celebre attrice francese, musa e compagna di Serge Gainsbourg, minaccia di abbandonare il suo ruolo di ‘testimonial ispiratrice’ del celebre marchio di moda dopo lo scandalo dei coccodrilli maltrattati e uccisi in alcuni stabilimenti affiliati alla maison, venuto alla luce grazie ad un’inchiesta della Peta. L’attrice chiede che il suo nome venga tolto da una borsa che Hermès le ha dedicato negli anni Ottanta. Una borsa, ça va sans dire, di coccodrillo.
‘Togliete il mio nome da quella borsa!‘, ha dichiarato la pasionaria Jane una volta venuta a conoscenza dei metodi crudeli con cui vengono trattati i coccodrilli: insopportabile associare ancora quel nome a quella borsetta tanto elegante quanto costosa, marchio di fascino e stile per decenni, oggetto del desideiro anelato da milioni di donne in tutto il mondo. La replica di Hermès non si è fatta attendere, promettendo all’attrice delle sanzioni in caso di ‘manifeste infrazioni‘ negli allevamenti di coccodrilli di cui è partner. Lo scandalo che ha travolto la casa transalpina nelle ultime settimane sta creando non pochi danni di immagine, e un eventuale divorzio da Jane Birkin sarebbe un altro duro colpo, difficile da assimilare.
L’inchiesta Peta
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[Credit Photo:Peta]
Peta contro Hermès: tutto è iniziato quando l’associazione animalista, da sempre in prima linea per i diritti degli animali, ha diffuso un video sul web dove si mostrano le condizioni in cui vivono i coccodrilli prima di essere uccisi presso alcuni fornitori del celebre marchio di moda negli Stati Uniti e in Africa. I rettili, prima ancora di raggiungere la maggiore età, sono costretti a vivere in fosse di cemento e in vasche colme di escrementi, per poi essere brutalmente ammazzati. Gli animalisti avevano annunciato per giovedì 16 luglio una protesta davanti i negozi Hermès, spostata a data da destinarsi perché, come spiegano gli organizzatori: “sono stati smarriti in aeroporto, provenienti da Londra sede di PETA UK, costumi, materiale e cartellonistica per tutte le comparse”. L’appuntamento era previsto a Milano in via Montenapoleone, e vedeva uniti nella protesta Peta e il movimento Cani Sciolti.
La Peta denuncia presunte infrazioni di leggi statali e federali degli Stati Uniti: in Texas, nel Lone Star Alligator Farms di Winnie, i rettili, in base a quanto si vede nelle immagini diffuse dall’investigazione effettuata da Peta Us, oltre a vivere in pozze inadeguate e sovraffollate, subirebbero maltrattamenti con pistole pneumatiche a bulloni, e poi sgozzati con dei taglierini. Dal video si evince che quando la pistola si guasta, per non rallentare il lavoro, il responsabile dell’allevamento incita gli operai a incidere centinaia di alligatori spingendo a forza un’asta di metallo nelle loro colonne vertebrali, per dislocare le vertebre e tentare di raggiungere il cervello. Una morte atroce.
Le cose non andrebbero molto meglio nell’allevamento africano Padenga Holdings Crocodile Farms di Kariba, Zimbabwe, che da solo fornisce l’85 per cento di pelli di coccodrillo del Nilo per le griffe del lusso: qui i coccodrilli sarebbero stipati in luridi e piccoli pozzi fino ad oltre due centinaia di esemplari. ‘I consumatori spendono migliaia di dollari per questi accessori, ma sono gli animali a pagare il vero costo di questi disgustosi, crudeli allevamenti. PETA chiede alla moda di eliminare la produzione e la vendita di prodotti di pelli esotiche‘, dichiara il direttore dell’associazione Mimi Bekhechi. Le immagini sono indubbiamente forti, e non sembrano lasciare adito a dubbi circa i maltrattamenti che subiscono i rettili negli stabilimenti dei succitati fornitori: a questo punto attendiamo la replica di Hermès, a cui certamente non farà piacere veder associato il proprio nome a tali barbare crudeltà.
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