E’ già passato mezzo secolo dalla morte di Jimi Hendrix, avvenuta il 18 settembre 1970. Il ricordo e la musica del leggendario chitarrista sono ancora vivi e contemporanei. Così come i misteri intorno alla sua figura e alla sua morte.
Jimi Hendrix venne trovato senza vita in un hotel di Londra, asfissiato dal proprio vomito durante il sonno, ma l’autopsia non ha mai chiarito completamente le cause del decesso. Le analisi hanno stabilito che Hendrix è soffocato a causa di una dose eccessiva di barbiturici. Monika Danneman, la donna con cui ha passato l’ultima notte, ha dichiarato che il chitarrista aveva preso nove pasticche di Vesparax, una dose 18 volte superiore a quella consigliata.
Il racconto pieno di mistero della Danneman, le incertezze nel chiamare i soccorsi, il tutto sommato ai documenti dell’FBI – che lo teneva d’occhio per il suo impegno con le Pantere Nere – e al verdetto aperto dell’autopsia, hanno fatto sospettare fin da subito i fan sull’ipotesi di un complotto.
La passione per la chitarra era cominciata presto per il giovane Jimi, che già alla metà degli anni Cinquanta, quando frequentava la Horace Mann Elementary School di Seattle, non si separava mai da una scopa con cui faceva finta di suonare. All’età di 15 anni, nel 1958, Hendrix acquistò per 5 dollari la sua prima vera chitarra acustica e passava le giornate ad ascoltare musicisti come Muddy Waters, B.B. King e Howlin’ Wolf, che stavano portando a un pubblico più ampio il genere blues.
Il resto è storia. Aveva solo 27 anni Hendrix quando è mancato: abbastanza per cambiare il mondo della musica. Universalmente è riconosciuto come il più grande chitarrista di tutti i tempi. Nel 1966 venne mandato a Londra da Chas Chandler, suo produttore e mentore. Erano gli anni in cui la scena musicale pullulava di artisti del calibro di Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, Pete Townshend, oltre a band come i Beatles e i Rolling Stones.
Tutti rimasero folgorati dal suo modo di suonare la chitarra, capace di trascinare il blues delle origini verso orizzonti mai visti primi, colorati e carichi di creatività, elementi nuovi per la musica di quegli anni. La particolarità di Jimi Hendrix era di trasformare in musica effetti sonori che prima erano considerati rumore e amplificare le potenzialità espressive della chitarra.
I primi tre album sono considerati dei veri e propri capolavori da collezione. Con gli Experience incise nel 1967 Are You Experienced e Axis: Bold As Love. Nel 1968 ha registrato il suo ultimo album in studio e il suo più grande successo commerciale: “Electric Ladyland“, con Voodoo Chile, cover di “All Along The Watchtower” di Bob Dylan. Nel 1967, raccomandato da Paul McCartney, ha partecipato al Festival di Monterey e da qui, la sua vita, divenne un tour de force tra concerti e sedute di registrazione, fino a quando, nell’agosto del 1969 sul palco di Woodstock, ha portato una versione distorta dell’inno americano, sconvolgendo il pubblico e facendo la storia.
Nell’anno della sua morte, il 1970, ha aperto a New York gli Electric Lady Studios i suoi studi registrazione, dove ha registrato una jam session prima di partire per il tour europeo, l’ultimo della sua vita e della sua carriera.
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