Jimmie Akesson, leader dei Democratici Svedesi, ha saputo conquistarsi la scena nelle elezioni politiche svedesi grazie all’ampio consenso ottenuto per la prima volta dalla propria formazione elettorale.
Il 43enne è originario di Ivetofta, cittadina nel sud della Svezia, e dal 2005 guida il partito neonazista Democratici Svedesi che domenica 11 settembre ha ottenuto il 20.7% di preferenze, divenendo il secondo partito del Paese.
Jimmie Akesson nasce nella regione della Scania, territorio prevalentemente rurale nel sud della Svezia, non molto distante dalla città di Malmö, la terza più grande della nazione dopo la capitale Stoccolma e Göteborg.
La sua è una famiglia della classe media svedese: il padre è un imprenditore edile e la madre una assistente infermiera. Dopo gli studi all’università di Lund lavorerà per un periodo come web designer prima di dedicarsi totalmente all’attività politica.
Giovanissimo, inizialmente si approccia alla res publica all’interno delle fila del Partito Moderato (formazione di centrodestra liberale), ma già nel 1995, non ancora maggiorenne, decide di entrare nel gruppo post-fascista Democratici Svedesi.
Il partito di estrema destra è sempre stato particolarmente forte nelle zone rurali della Scania, la regione di provenienza di Akesson, nonostante a livello nazionale le preferenze raccolte non andassero mai oltre l’1%.
Akesson scala rapidamente le gerarchie interne al gruppo politico e nel 2005 ne diviene segretario, carica che appunto ricopre tuttora.
Al di là di quanto detto, che cosa ha permesso ad un partito all’estremità dello spettro ideologico e mai votato da più di uno svedese su cento, a divenire la seconda forza del Paese ottenendo le preferenze di un elettore su cinque?
La motivazione principale sta nel lavoro di depurazione delle parti più violentemente di destra e fascistoidi del partito operato dallo stesso Akesson, compresa ad esempio l’eliminazione dal simbolo della fiamma in favore di un fiore dai colori svedesi.
Oggi il partito si presenta come un difensore dello stato sociale, contro l’immigrazione e spesso polemico verso l’Unione Europea e le dinamiche proprie di un mondo globalizzato. Akesson ha fatto leva sui bisogni della popolazione autoctona, prevalentemente maschile e rurale, incentrando la sua campagna sui problemi di sicurezza sociale e di perdita di potere d’acquisto delle famiglie (l’inflazione in Svezia è all’8%).
La propaganda di partito è riuscita a presentare Akesson ed i Democratici Svedesi come delle persone “comuni”, non dei fanatici fascisti pronti a far divenire la Svezia una dittatura autoritaria.
In definitiva un percorso di moderazione che ha permesso al partito di raccogliere il voto di operai, conservatori e perfino di alcuni scontenti socialdemocratici.
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