L’oblast russo incuneato tra Lituania e Polonia e affacciato sul Mar Baltico è oggetto in questi giorni di un blocco delle merci provenienti dalla Lituania.
Applicando le sanzioni volute dall’Unione Europea la Lituania si è attirata le ire di Mosca, che minaccia serie conseguenze per il paese membro.
Kaliningrad è un oblast russo, ossia una delle regioni che compongono la Federazione guidata da Vladimir Putin. Questo costituisce la rappresentazione plastica, immediatamente visibile, dell’imperialismo russo.
Quest’ultimo si caratterizza difatti per un espansionismo prettamente territoriale e limitrofo. A differenza delle potenze coloniali europee del 1800 e 1900, o dello stesso impero americano odierno, le quali si espandevano in luoghi non contigui col proprio territorio metropolitano, controllando primariamente porti, coste e luoghi ricchi di materie prime; quello russo è un espansionismo di prossimità, che ingloba un territorio al fine di farne un cuscinetto protettivo da attacchi ed invasione esterne. Con il tempo la presa sulla nuova “colonia” si fortifica e l’avanzata dei confini imperiali crea nuove zone di interposizione che tramutano l’ex regione di confine in parte del territorio russo vero e proprio. Ciò che è avvenuto con lo spazio siberiano o europeo post 1945 ne sono un classico archetipo.
Ora, l’Oblast di Kaliningrad è figlio di questa dinamica strutturatasi durante la respinta sovietica dei nazisti sul finire della II Guerra Mondiale: l’omonima capitale non ha infatti avuto sempre questo nome. Originariamente chiamata Königsberg (patria del filosofo Immanuel Kant), la città fu la capitale della Prussia, lo stato germanico autore dell’unificazione tedesca di fine ‘800 e cuore della Germania Imperiale.
A differenza degli altri territori facenti parti del Patto di Varsavia (per semplificare, la versione sovietica della NATO), la zona prussiana venne direttamente inglobata nell’Unione Sovietica di allora, la Russia di oggi.
Tra i vari motivi, due in particolare: innanzitutto la regione era troppo minuta per costituire una repubblica a se stante, inoltre la sua cultura teutonica la differenziava dalle popolazioni limitrofe polacche e baltiche; in secondo luogo costituiva un fondamentale sbocco sul Mar Baltico, vista l’ancestrale ricerca russa di uno approdo su di un mare caldo e maggiormente navigabile.
Quindi, immediatamente dopo la guerra mondiale, i tedeschi ivi residenti furono cacciati ed il territorio fu russificato.
Dopo la fine dell’URSS, l’oblast è stato pesantemente armato come forma di deterrenza da aggressioni revansciste di nazioni europee. Oggi si stima detenga circa il 20% dei più moderni armamenti moscoviti.
Non essendo collegata direttamente alla Russia, i rifornimenti di ogni tipo che irrorano la regione, permettendone la sopravvivenza, sono obbligati a transitare sulle ferrovie lituane.
Tuttavia il governo della repubblica baltica ha deciso la scorsa settimana, in ottemperanza alle sanzioni UE (la Lituania è uno stato membro), di impedire il passaggio dei prodotti oggetto di sanzione, quindi naturalmente non beni di prima necessità a scopo civile.
L’ira della nomenklatura cremlinese non si è fatta attendere ed ha minacciato sfracelli. Di che tipo, come sempre, non è dato sapere, ma soprattutto in che modo.
Visto l’utilizzo di truppe e mezzi nell’annosa questione ucraina, i pochi effettivi nell’oblast occidentale non sarebbero sufficienti per aprire un corridoio, sconfinando in territorio NATO, verso la Bielorussia (il “suolo amico” più vicino), senza oltretutto tenere conto delle probabili ritrosie del premier di Minsk Lukashenko, che si è infatti tenuto finora disimpegnato nella guerra a Kiev.
Insomma un altro tassello dell’impero dello zar Putin sembra poter andare perduto, un pezzo che poteva essere il simbolo di un diverso approccio di Mosca ai rapporti internazionali: dopo la conquista della regione, la sua de-tedeschizzazione, il suo divenire deposito di armamenti perfino nucleari per la minaccia esterna, nessun paese europeo è intervenuto per reclamare la zona; piuttosto si è collaborato per garantire i collegamenti ed i rifornimenti con la madrepatria. Eppure l’Ucraina, che secondo Putin avrebbe subito le medesime aberrazioni dalla NATO, è stata ferocemente invasa.
Forse Kaliningrad è davvero l’esempio plastico dell’impossibilità di continuare ad interpretare la politica internazionale come dominio di potenza.
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