Lunedì 30 marzo, dopo più di 20 anni, è tornato sui teleschermi italiani l’indimenticabile Karaoke. Era infatti il 1992 quando il programma fece il suo debutto su Italia Uno, con la conduzione di Rosario Fiorello. Oggi, a raccogliere con coraggio l’eredità dell’”ex codino” più famoso della tv, c’è un Angelo Pintus che sa muoversi con brio e disinvoltura tra un concorrente e l’altro contribuendo a dare un buon ritmo al programma.
In onda in fascia pre-serale, Karaoke costituisce un piacevole diversivo per attendere il prime time.
Una riflessione, tuttavia, sorge spontanea. Dal 1992 la tv è profondamente cambiata: sono arrivati nuovi generi, primi fra tutti reality e talent show; la convergenza ha favorito la nascita di narrazioni cross mediali, sono stati inaugurati nuovi mezzi di interazione quali i social network.
Perché dunque riproporre un programma degli anni Novanta, peraltro mantenendone inalterato il meccanismo con tanto di applausometro per decretare il vincitore? Che poi, a ben vedere, il “nuovo” Karaoke sembra voler essere in diversi momenti una sorta di omaggio a quell’epoca e alle proprie origini, basti pensare alla scelta delle canzoni, a tutte le volte in cui Pintus fa riferimento a Fiorello e ai mitici anni Novanta che egli stesso definisce come i più belli della propria vita.
E forse, al di là di un’allure nostalgica che può far breccia su chi, in quegli anni, viveva la propria giovinezza, è proprio questa semplicità che può conquistare: i concorrenti si esibiscono con una leggerezza (almeno apparente) e una rapidità di certo non più riscontrabile nei talent, dove la performance è contornata da tutta una serie di racconti e digressioni sulle loro vite private. C’è un conduttore che sa intrattenere con vivacità e simpatia, c’è una piazza che si diverte, che partecipa, che canta con i concorrenti e che alla fine, con un banalissimo applauso, decreta la vittoria. Nessun marchingegno per votare, nessuna lungaggine, nessun hashtag da dover per forza ricordare per commentare live. Il tutto ha un aspetto genuino, a tratti folkloristico. Verrebbe da dire che in un’epoca in cui tutto tende ad essere complesso, super tecnologico, cervellotico, un po’ di semplicità e forse anche un pizzico di sano folklore non guastano.