Kobe Bryant ha giocato, immensamente, la sua ultima partita nel basket NBA. Questa notte, o forse meglio dire questa mattina, all’alba (per noi erano le 4 del mattino), i Los Angeles Lakers di “The Black Mamba” hanno affrontato gli Utah Jazz nell’ultima partita della regular season e Kobe Bryant, uno dei giocatori più forti della storia, ha pensato bene di dire addio al suo amato basket con una partita da 60 punti.
Un giocatore fantastico che lascia la sua squadra del cuore, come spesso ha confermato. Da piccolo tifava Lakers e giocare per la squadra di cui sei sempre stato tifoso è tutta un’altra musica. Senti di più le vittorie, le sconfitte, gli anni buoni, gli anni bui, senti il calore dei tifosi ma anche le critiche. Tutto è accentuato perché è la tua squadra del cuore.
Non poteva essere una sera come le altre, ed è giusto che non lo sia stata. Uno dei più grandi giocatori della storia ha detto basta, stop. La pallacanestro è la sua passione ma bisogna saper smettere quando non si riesce a rimanere a certi livelli o non riesce a voler dare quanto si è dato negli anni precedenti.
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La partita
Kobe Bryant si ritira all’età di 37 anni, chiudendo la sua carriera con una partita esaltante alla Kobe. 60 punti e vittoria contro Utah Jazz per 101-96. Il numero 24 giallo-viola arriva per la 25° volta in carriera sopra i 50 punti in un incontro, ma non accadeva dall’ormai lontano 2009. Durante la partita, inutile per la corsa ai play off visto che entrambe le compagini sono fuori aritmeticamente dai giochi, Kobe Bryant dà spettacolo. Non ingrana subito, i primi tiri vanno a vuoto e la media finale al tiro è relativamente bassa per uno come lui ma sfodera alcune giocate di gran classe, quella c’è e ci sarà sempre, anche quando inizierà ad insegnare basket sui campi di cemento americani.
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Sugli spalti ci sono una moltitudine di volti noti, arrivati li solo per vedere l’ultimo “canto del cigno”. Da Bechkam a Del Piero, da Jack Nicholson a Jay Z e una schiera interminabile di star. Tutti per vedere l’ultima di Kobe. L’emozione è forte allo Staples Center di Los Angeles ma Kobe ci tiene a chiudere in bellezza e chiude con 60 punti (50 tiri dal campo, 22 dentro la retina bianca e 6/21 da tre in 42 minuti).
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Il popolo giallo-viola sugli spalti canta “We want Kobe”, certo hanno pagato, soprattutto questa volta, per vedere lui. Solo lui. Il resto è semplicemente contorno. Ed entra anche nel secondo quarto, anche se era partito fuori dal quintetto. Lo spettacolo continua e lui continua a macinare gioco, tiri e punti. Manca poco al termine della gara ma per rendere davvero omaggio ad una leggenda di questo sport ci vuole un tributo, ci vuole una, delle tante, ma l’ultima, standing ovation.
Al termine della gara c’è spazio per un ultimo saluto, quello di Bryant ai tifosi: “Sarete sempre nel mio cuore. Da piccolo ero tifoso Lakers, non avrei potuto chiedere di meglio. È un sogno diventato realtà. Sono tranquillissimo nel lasciare, quando andrò a letto stasera rinrgazierò Dio e spenderò più tempo con la mia famiglia”.
Le vittorie
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Kobe Bryant lascia l’NBA, il basket e una serie infinita di tifosi che lo hanno amato ma anche odiato ma tutti, sempre, rispettato. Il numero 24 ha vinto 5 anelli NBA, tutti con i Lakers, manco a dirlo, due ori Olimpici, due volte miglior giocatore della finali, una volta miglior giocatore per la stagione regolare, 18 volte All Star, quattro volte miglior giocatore dell’All Star Game, due volte miglior marcatore della Lega, vincitore della gara delle schiacciate e terzo miglior marcatore di sempre con 33643 punti realizzati. Più di Jordan e Chamberlain, meno di Jabbar e Malone.
La partita da 81 punti
E chiudiamo in bellezza, ricordando la sua stagione migliore, l’anno era il 2006, proprio 10 anni fa. Lui e la squadra non sembravano particolarmente in forma ma in quella stagione c’è la sua partita più devastante dal punto di vista statistico, il match da 81 punti contro i Toronto Raptors, il 22 gennaio 2006. Impensabile. Leggendario. Fenomenale. Un uomo, forse metà dio del basket, uno degli dei, e metà uomo. Da adesso si vedrà le partite seduto sul divano di casa, inseme alla famiglia, cercando di trovare all’NBA un degno sostituto perché Bryant inizia già a mancare.