L’esercizio fisico fa bene alla salute, si sa, e grazie ad alcune ricerche recenti siamo in grado di conoscere gli effetti di due proteine ritenute benefiche per contrastare l’invecchiamento non solo cellulare ma anche biologico. Si tratta di klotho e miochina, proteine studiate a fondo dai ricercatori di Upmc – Centro medico dell’Università di Pittsburgh (Usa) e Upmc Italy.
Come dare all’organismo una spinta per migliorare la qualità di vita? Facendo esercizio fisico regolare. L’argomento è stato al centro di un workshop internazionale dal titolo ‘Esercizio fisico come strumento di prevenzione e cura: oltre il concetto di riabilitazione’, tenutosi a Chianciano Terme (Siena).
Grazie alle proprietà benefiche di klotho e miochina, due proteine che si attivano con l’esercizio fisico, è possibile contrastare l’invecchiamento cellulare e biologico dell’organismo, sia nella vita quotidiana che in caso di riabilitazione, se necessaria.
Gli esperti hanno chiarito che le due proteine rallenterebbero gli esiti dell’invecchiamento soprattutto in pazienti anziani, contrastando la perdita di forza e massa muscolare, potenziando invece la funzionalità cardiovascolare, la resistenza delle cellule allo stress e la migliore preservazione delle facoltà cognitive.
Klotho – spiegano gli studiosi – è un ormone appartenente alla famiglia di proteine transmembrane, e ha un ruolo chiave nell’aumentare la sensibilità delle cellule all’insulina, ma anche nella regolazione del metabolismo e dei processi di invecchiamento, con benefici tanto migliori se la sua attività è stimolata dall’esercizio fisico.
Miochina è invece una sostanza prodotta e rilasciata dalle fibre muscolari quando vengono sottoposte a contrazione, come accade in ogni azione che prevede movimento, e che esercita i suoi effetti benefici su tutto l’organismo.
“L’attività contrattile muscolare indotta dall’esercizio fisico e dalla stimolazione elettrica neuromuscolare è in grado di fare aumentare i livelli di klotho e il potenziale rigenerativo dei muscoli nei pazienti anziani, con sensibili vantaggi sulla ridotta progressione delle patologie neurodegenerative”, spiega Fabrisia Ambrosio, Associate Professor del Dipartimento di Medicina fisica e riabilitazione dell’Università di Pittsburgh e direttore della Riabilitazione per Upmc International.
“Risultati – aggiunge l’esperta – che fanno ritenere come l’esercizio fisico, introdotto in programmi di riabilitazione personalizzati in base alle condizioni fisiche del paziente, possa contribuire a contrastare il declino di tessuti e fibre muscolari così come delle facoltà cognitive, preservando in particolare la memoria”.
“L’attività fisica – osserva Marco Chillemi, specialista in Ortopedia e traumatologia all’Università di Perugia – inserita in un programma di prevenzione primaria, con esercizi di rinforzo muscolare e fitness aerobico contribuisce all’attenuazione del dolore, ripristinando la funzione articolare, il generale miglioramento dello stato di salute e della qualità della vita”.
Grazie all’esercizio fisico arrivano buone notizie anche per il fegato grasso: “Esistono evidenze scientifiche – rileva Ferruccio Bonino di Upmc Institute for Health e Università di Pisa – che l’esercizio fisico di tipo aerobico, indipendentemente dalla frequenza e intensità, introdotto in programmi terapeutici riabilitativi dedicati, è in grado di migliorare la sintomatologia e le condizioni di pazienti affetti da fegato grasso, anche in condizione di sovrappeso e/o obesità”.
Da Upmc inoltre fanno sapere che è in corso uno studio condotto insieme a Ismett, e finanziato dal ministero dello Sviluppo Economico, per valutare la potenzialità della stimolazione elettrica neuromuscolare nel prevenire declini cognitivi anche in pazienti lungodegenti in terapia intensiva.
In collaborazione con AdnKronos
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