L’intelligenza artificiale aiuta i medici nella lotta ai tumori

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Con l’intelligenza artificiale i medici hanno uno strumento in più per combattere i tumori. Grazie alla simulazione del ragionamento umano attraverso le nuove tecnologie cognitive, il futuro della lotta al cancro è destinato a mutare. Lo dimostra l’esperienza di Watson, sistema di intelligenza artificiale sviluppato da Ibm, in grado di elaborare i dati dei pazienti, rispondere a domande, facilitare le diagnosi di tumore ma anche utile a suggerire dei metodi per combattere i tumori, in un certo senso ad ‘assistere’ oncologi e malati.

Sono risultati incoraggianti, quelli ottenuti da Watson for Oncology, l’utilità clinica rivolta ai medici oncologi, che è stata presentata all’Asco 2017. I dati parlano chiaro, dalle analisi sui report scientifici che incrociavano dati presi dalle cartelle cliniche dei pazienti, le relazioni tra i suggerimenti dell’utilità clinica e le decisioni dei medici, è emerso che i risultati erano concordanti all’80/90%.

Questo vuol dire che il cervellone ha dato risposte coerenti con i protocolli tipicamente adottati, e i casi di discordanza specifica – spiega Daniela Scaramuccia, Director Health&Life Science di Ibm Italia – possono essere dovute a due cause: o a un’adozione di protocolli locali, oppure dall’utilizzo di terapie cliniche più innovative, ancora non prese in considerazione dagli studi retrospettivi. Ma è tutto in evoluzione, dato che oggi il sistema viene utilizzato da più di 50 strutture in tutto il mondo, e ciò consente di avere a disposizione una letteratura in materia sempre aggiornata.

Il sistema è dunque in grado di supportare il medico nello sviluppo della diagnosi, nell’anamnesi delle informazioni del paziente, nel confronto con la letteratura clinica oncologica. Ma il lavoro sulla sperimentazione non si ferma. Spiega ancora Scaramuccia: “Sono diversi gli ambiti in oncologia nei quali Ibm sta investendo, c’è tutta una parte di ‘image recognition’, la lettura delle radiografie e dei vetrini, per riuscire a identificare quali sono le aree più critiche, e suggerire al medico dove focalizzare la propria attenzione. E poi, quella che ritengo essere la punta di diamante: il ‘Watson for Genomics‘. Si tratta di un sistema che è in grado, da un sequenziamento del genoma, di andare a riconoscere le alterazioni e confrontarle con la letteratura clinica più recente e suggerire correlazioni” con patologie ma anche “terapie sulla base delle ultime ricerche scientifiche”.

In Italia, questo sistema sviluppato insieme ai professionisti del Memorial Sloan Kettering è utilizzato alla Humanitas University come tutor cognitivo, un impiego che permette di valorizzare la sua capacità di comprendere il linguaggio naturale, di istruirsi attraverso le cartelle cliniche, e quindi di interagire con gli studenti in un modo diverso e innovativo. E’ un aiutante, come un tutor per gli studenti: li aiuta a prepararsi, propone loro dei casi clinici, risponde alle domande che gli studenti gli pongono e consente anche ai professori di seguire meglio i proprio studenti.

In collaborazione con AdnKronos

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