AP/LaPresse
Italia e Grecia in crisi, ma quanto la nostra situazione si avvicina a quella di Atene? Vediamo il peso del debito pubblico per entrambi i Paesi, in modo da poter fare un ipotetico quadro della situazione. Rispetto al rapporto pubblicato nel 2014, il debito pubblico greco è peggiorato in modo significativo e serve un alleggerimento “sostanzioso” per poter garantire un futuro ad Atene. Il debito del Paese ammonta al 180% del Pil, vige un’economia in profonda depressione, le banche sono al collasso e la ricchezza privata è esigua.
La Grecia insomma si macchia della nomea di Paese più indebitato d’Europa, appena davanti a Italia (133% di debito) e Portogallo (124%). Le famiglie italiane, d’altro canto, sono tra le più ricche d’Europa, con una ricchezza finanziaria del 184,4% sul Pil. In aprile il nostro debito pubblico ha però fatto segnare un nuovo record: è aumentato di 10 miliardi, salendo a 2.194,5 miliardi di euro.
L’incremento è stato superiore al fabbisogno mensile (6,4 miliardi) per l’aumento di 4,2 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro, che a fine aprile ammontavano a 83,1 miliardi e poi sono scese a 77,4. Il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 9,9 miliardi e quello delle locali di 0,1 mentre quello degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.
(Confronto fra debito italiano e debito greco – Fondo Monetario Internazionale)
Il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha affermato, riguardo al rischio di contagio dalla Grecia: “La finanza pubblica italiana è in condizioni di sostenibilità. Il debito sta per voltare la collina e dall’anno prossimo comincerà a diminuire“.
Da quanto emerge dalla nota mensile diffusa da Istat i primi di luglio, il futuro dell’economia italiana rimane ancora molto incerto, perché nonostante la ripresa economica prosegua, le informazioni provenienti dai settori produttivi indicano un calo di intensità rispetto al primo trimestre del 2015. Inutile far finta di non vedere: i recenti sviluppi della crisi greca pesano sul quadro macroeconomico, come anche la perdita di slancio del mercato del lavoro Usa.
Il quadro però non è poi così apocalittico, in quanto c’è stata conerma della riduzione delle spinte deflative cui seguirebbe in autunno una moderata ripresa dei prezzi e l’incremento dell’indice che misura il clima di fiducia delle imprese italiane. Il mercato presenta i primi segnali positivi in termini di domanda e l’Istat rileva un miglioramento dell’evoluzione dell’occupazione nei prossimi mesi.
Il tasso dei posti di lavoro vacanti è cresciuto di un decimo di punto nel primo trimestre, per via dell’aumento di posti di lavoro richiesti dalle imprese e della stabilizzazione del tasso di occupazione, con relativa riduzione della tensione sul mercato del lavoro. Questo aumento, dopo la stasi del 2014, ha interessato il settore dei servizi come attività finanziarie, professionali schientifiche e tecniche, servizi di informazione e anche nelle costruzioni, ma non nell’industria in senso stretto in quanto la domanda per questo settore rimane ancora debole.
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