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Rimbalza frenetica sui social la vicenda di Max Schrems, l’attivista austriaco che sta combattendo in sede lagale contro Facebook avendo ottime chance di portarsi a casa un successo clamoroso dopo anni di battaglia. Ora trentenne, è dal 2011 che mette tutto se stesso per sensibilizzare l’attenzione globale sulla violazione dei diritti e al tempo stesso sulla protezione dei dati degli utenti. Gli ultimi scandali che hanno investito il social network più famoso al mondo non fanno altro che portare acqua al suo mulino, ma facciamo un po’ di ordine per comprendere meglio di cosa stiamo parlando.
Se le prime notizie sulla sfida frontale tra Schrems e Facebook arrivano dal 2011, è dal 2014 che il tutto è diventato di dimensioni maggiori quando – il 1 agosto 2014 – 25.000 utenti si erano rivolti a questo neolaureato in legge per una class action. Lui che aveva concentrato la propria tesi proprio su come il gigante dei social network aveva organizzato il rispetto della privacy dei dati personali. Per farlo, aveva completato un semestre di studi presso la quasi adiacente università di Santa Clara, a poca distanza dalla casa madre del colosso di Mark Zuckerberg. Lì, aveva richiesto al sito una copia delle informazioni personali raccolte scoprendo ben 1200 pagine oltre che ogni chat inviata. Aveva così presentato 22 denunce e aveva sollevato la questione che Facebook stesse assumendo una posizione di monopolio incontrollato.
Schrems era tornato in Europa e aveva iniziato il confronto impari solo sulla carta. Aveva puntato il dito contro Facebook Irlanda ossia verso il paese dove il SN ha i suoi quartieri generali nel Vecchio Continente (naturalmente per il regime fiscale conveniente). L’accusa era quella di violazione della protezione dei dati e del la privacy con gli utenti che vedevano vanificate le loro richieste di “oblio” dopo la cancellazione dal sito dato che le informazioni rimanevano salde in mano al portale anche dopo aver abbandonato il proprio profilo. E molte informazioni erano assai private e, dunque, preziose. Per dare ancora più voce alla sua battaglia, aveva creato il gruppo «Europe versus Facebook».
Aveva, però, subito una battuta di arresto dato che la Corte di Giustizia Europea aveva risposto affermando che avrebbe potuto rivolgersi a un tribunale austriaco solamente a titolo personale e non alla guida di una class action. E Facebook? Aveva risposto affermando che lo stesso Schrems non si poteva considerare più un utente dato che utilizzava il social network solamente per quel che era diventata la propria professione, ossia questa causa legale. Ma i giudici avevano dato ragione a lui controbattendo che sì, era un utente dal 2010 con il suo nome scritto però in cirillico, i circa 250 amici e un’attività abbastanza tradizionale di aggiornamenti di status, foto e video. In seguito ha aperto anche una pagina Facebook pubblica con tutte le ultime informazioni sulla battaglia e con il link per le donazioni.
Schrems ha dunque fondato l’organizzazione non-profit Non of Your Business che si rivolge non soltanto contro Facebook ma più in generale contro tutte le aziende del web che non rispettano la riservatezza dei dati degli utenti. E sarà sempre più confortato anche dalle nuove norme che l’Unione Europea introdurrà il prossimo maggio e che puniranno più severamente gli sgarri in questo settore con multe fino al 4% del fatturato (che per FB significherebbe qualcosa come 1,6 miliardi di euro). A proposito dello scandalo Cambridge Analytica ha affermato che nel 2011 gli si era risposto che fosse una caratteristica mentre ora si dà la colpa a un hacker. Sarà molto interessante seguire gli sviluppi, gli analisti lo danno per possibile vincente in quello che sembra – a tutti gli effetti – un Davide vs Golia 2.0. Nell’attesa di sapere che succederà, proteggi il tuo account Facebook così.
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