Barbie Savior è una volontaria in Africa, ha il suo profilo Instagram e posta foto e selfie per raccontare quanto sia bella la sua esperienza africana e quanto sia fortunata. Ovviamente, si tratta di un finto profilo, creato e gestito da due ragazze che hanno usato il volto della bambola più famosa del mondo per svelare l’ipocrisia del volontariato da buonismo. L’intento delle due creatrici è quello di prendere in giro i volontari che si recano nei diversi paesi del Continente nero perché spinti dal “complesso dell’uomo bianco”, senza avere davvero idea di cosa significhi vivere in un cultura diversa e facendo volontariato solo per fare pace con la propria coscienza. La Barbie diventa così il ritratto della tipica ragazza americana, ricca e di buona famiglia, che va in Africa per fare del bene e perché va di moda.
Dietro al profilo, che vanta 93mila followers, ci sarebbero due ragazze, bianche e, secondo i media americani, volontarie o esperte di cooperazione nei paesi africani. La Barbie diventa così l’emblema del buonismo da volontariato: amante di Gesù e dell’Africa (come se fosse un paese unico e non un intero continente), la bambola diventa il mezzo per esprimere quanto di sbagliato spesso si cela dietro il volontariato.
“Chi ha bisogno di un’educazione formale per insegnare in Africa? Non io. Tutto quello che serve è un po’ di gesso e di ottimismo. E’ così triste che non abbiano insegnanti formati qui. Io non sono ancora formata ma sono occidentale e questo basta!“, si legge in un post.
Selfie in mezzo ai rifiuti, culture diverse appiattite i vestiti dai colori sgargianti o ai riferimenti musicali ad artisti afroamericani, le foto con l’orfana di colore che è “davvero carina” o con i guerrieri Masai: il profilo prende di mira quegli atteggiamenti molto superficiali che chi fa cooperazione ha visto nei volontari dell’ultima ora o in chi, dall’Europa e dall’America, guarda ai paesi africani con una sorta di superiorità morale sempre e comunque.