La vicenda della bambina cristiana affidata a famiglie musulmane praticanti è molto diversa da come l’abbiamo conosciuta raccontata dal Times, visto che la nonna materna, a cui l’ha affidata il tribunale, è musulmana. A dare i dettagli della vicenda è la stessa Corte che ha pubblicato la sentenza (qui in versione integrale) con cui il giudice Khatun Sapnara ha deciso l’affidamento della piccola alla donna, poi ripresa dal Telegraph. La realtà dunque è molto diversa da come l’aveva raccontata l’autorevole quotidiano e soprattutto molto più complessa.
Il primo a darne notizia era stato proprio il Times. Citando un rapporto confidenziale dei servizi sociali di Tower Hamlets, il quotidiano aveva raccontato della bambina di 5 anni affidata in sei mesi a due famiglie musulmane di stretta osservanza che le avrebbero negato il crocifisso, costretta a imparare l’arabo e vietato di mangiare il maiale.
Il giorno successivo arriva la notizia della decisione del giudice Sapnara, musulmana praticante, di darla in affidamento alla nonna materna. Per come era stata narrata la vicenda, la sentenza sembrava stabilire un ritorno a casa per la piccola, in un ambiente bianco, cristiano e inglese. Quello che invece emerge dalle carte è una realtà totalmente diversa.
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La nonna della bambina è musulmana
I nonni della piccola “sono di fede musulmana anche se non praticanti“: sono queste le parole riportate nella sentenza della Corte e riprese dal Telegraph. La situazione familiare della mamma della bambina inizia a delinearsi con un po’ più di chiarezza: nata e cresciuta in una famiglia di fede islamica ma non praticante, è stata lei a dire che la figlia era battezzata e di fede cristiana, lamentandosi che i servizi sociali l’avessero affidata a famiglie musulmane.
Come invece ha chiarito la Corte nella sentenza, la verità era diversa. “I documenti che includono la valutazione dei nonni materni affermano che sono di fede musulmana, ma non sono praticanti. La madre ha invece dichiarato che le origini culturali della bambina sono cristiane“, si legge nella sentenza. Le famiglie affidatarie, che già le autorità di Tower Hamlets avevano chiarito essere “miste” e dove si parlava inglese, erano così compatibili perché lei stessa proveniente da una realtà simile.
Perché la bambina è stata tolta alla madre
Un altro punto su cui il Times aveva taciuto era perché la bambina era stata tolta alla madre. Come spiega il Telegraph basandosi sui dati emersi dalla sentenza, la donna ha problemi di alcolismo e forse di droga (cocaina) ed è stata arrestata per prostituzione: da qui l’intervento dei servizi sociali a cui la bambina è stata affidata il 10 marzo.
Perché è stata data a due famiglie in sei mesi
Qui la vicenda si complica. La piccola ha avuto due diverse famiglie affidatarie in sei mesi perché l’arresto ha reso l’affidamento della bambina urgente: si era così deciso di dare una sistemazione temporanea alla bambina, “in attesa di una definitiva“, scrive Debbie Jones, direttrice dei servizi sociali del borgo di Londra. Gli uffici hanno quindi fatto quanto in loro potere per trovarle delle famiglie il prima possibile. “Una volta presa la decisione di affidare la bambina temporaneamente, abbiamo dovuto trovare la miglior soluzione disponibile a quel tempo“, continua la nota.
“Se il background culturale è sempre un fattore significativo nel prendere la decisione, lo sono anche altri fattori, tra cui rimanere nella stessa zona per mantenere i rapporti con la famiglia d’origine e per il bambino andare nella stessa scuola, per dare loro la stessa stabilità il più possibile“, chiarisce Jones.
Da quanto emerge leggendo la sentenza, la bambina non avrebbe lamentato particolari problemi con le famiglie affidatarie: aveva contatti con la madre tre volte la settimana, si è sentita molto spesso anche con la nonna ed è stata la mamma, in data 27 giugno, a lamentarsi della sistemazione. I servizi sono così intervenuti per controllare quanto denunciato dalla madre, ma negli incontri – privati e in sede sicura – con la responsabile del suo caso (Guardian in inglese) la bambina non si è mai lamentata, riscontrando anzi che “era ben curata“.
Perché non è stata affidata prima alla nonna
Dalle carte emerge che la bambina aveva contatti con la nonna: perché quindi non affidarla subito a lei? Nella sentenza, il giudice scrive che, nel lamentarsi delle famiglie affidatarie, la madre chiese di dare la figlia alla nonna ma che la Corte rifiutò perché non c’era ancora “la valutazione completa della donna“, non c’era altra sistemazione consona e non c’erano altri parenti, anche perché “non era stato ritrovato il padre naturale“.
Anche i servizi sociali avevano ritenuto “prematuro” affidare la bambina alla nonna, ma era solo una questione di tempo. Ad agosto la valutazione della nonna è stata completata ed è stata positiva e i servizi sociali hanno chiesto l’affidamento della bambina a lei, cosa che il tribunale ha accettato il 29 agosto.
La madre si è opposta a questa decisione, il tribunale ha stabilito che la bambina venga affidata temporaneamente alla nonna e che continuerà comunque a vedere la madre. Il giudice ha anche chiarito che dovrà ancora decidere in merito alla richiesta della nonna di portare la bambina all’estero.
“Per evitare dubbi, la Corte chiarisce la decisione e le nuove disposizioni circa l’affidamento alla nonna sono dovute solo all’applicazione della legge e le prove portate e non sotto l’influenza per la pubblicazione di articoli sui media britannici“, conclude il giudice.
Come ha fatto il Times a sbagliare così tanto?
Il quotidiano, uno dei più autorevoli, ha dato la notizia dicendo di aver letto un rapporto confidenziale in cui la bambina si lamentava che le famiglie affidatarie non parlassero inglese, le avessero tolto i crocifissi e non le facessero mangiare il suo piatto preferito, la pasta alla carbonara, perché c’era il maiale.
A parlare con il quotidiano sarebbe stata la madre della bambina, di cui sono stati riportati anche dei virgolettati dove si lamentava della sistemazione e affermava che la figlia era “battezzata e cristiana”. Non c’erano altri dettagli sulla storia, anche perché, con un minore di mezzo, la privacy è fondamentale proprio a tutela della piccola, ma il Times non ha comunque indagato a sufficienza. È bastata la versione della madre per costruire un caso mediatico che facesse discutere e soffiasse sull’islamofobia.
La madre, scrive il giudice nella sentenza, dice di non aver dato documenti o foto alla stampa, eppure una foto della bambina di spalle è stata pubblicata, tanto che nel concludere la sentenza, ha stigmatizzato la pubblicazione e ricordato di aver dato i dettagli della situazione per smontare la versione del Times.
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