[didascalia fornitore=”altro”]L’albicocca è uno dei frutti simbolo dell’Armenia[/didascalia]
Il frutto simbolo dell’Armenia sono le albicocche, insieme al melograno. In questo momento difficile per l’Italia, in cui il ministro dell’Interno Salvini lancia la campagna #chiudiamoiporti alzando di molto i toni e l’odio razziale, c’è chi decide di non arrendersi. La cena dei rifugiati è un appuntamento mensile dell’associazione milanese Food and Colors che ha lo scopo di aiutare i ragazzi migranti a imparare un mestiere e a trovare lavoro, integrandosi nella nostra società. E se l’Italia decide di avere paura e si rinchiude nel qualunquismo più becero c’è chi sceglie di credere ancora di più nei propri valori e di non abbandonarli.
“Food and Colors nasce dalla mia esperienza di volontariato iniziata nel 2014 per caso al mezzanino della stazione centrale di Milano, luogo in cui arrivavano a centinaia i profughi siriani” mi dice Susy Iovieno, ideatrice e fondatrice del progetto che nel 2017 prenderà questo nome, spinta dalla curiosità di conoscere il cibo dei luoghi di provenienza dei migranti che l’ha portata inizialmente a organizzare aperitivi tra volontarie e poi a proporre chef mediorientali a domicilio. L’obiettivo dell’associazione è infatti quella di insegnare a questi ragazzi come destreggiarsi in una cucina professionale e a servire i commensali, in modo da dar loro modo di imparare una professione e integrarsi con le persone che partecipano alle cene.
[didascalia fornitore=”altro”]L’interno del ristorante Qking di Dergano dove si svolgono le cene di Food and Colors[/didascalia]
Le cene mediorientali si svolgono all’interno del Qking Restaurant a Dergano. Appena fuori dalla metropolitana già si respira il clima suburbano di una periferia, quella di Milano Nord, crogiolo di culture ed etnie differenti che non sempre però riescono a convivere. La cena armena è ricca di colori e profumi: una cucina che mixa le tradizioni culinarie di paesi come la Persia, la Turchia, la Georgia. I kinkali, fagottini ripieni di pasta di origine georgiana appunto, sono stati preparati a mano da un cuoco giovanissimo, Gabriel, che è richiedente asilo armeno. Durante la cena del 13 giugno mi vengono offerti anche i dolma, involtini di cavolo ripieni di carne, riso e spezie e l’Iman Bailachi, una squisita crema di melanze, pomodori, coriandolo e altre spezie, oltre ad un immancabile antipasto con hummus e babagannusc e al Gatha, dolce tipico di questo paese.
[didascalia fornitore=”altro”]I kinkali georgiani[/didascalia]
Il feedback degli ospiti alle cene mediorientali organizzate da Food and Colors è sempre positivo. “La sala che utilizziamo contiene al max 48 posti e mediamente raggiungiamo il numero massimo, in genere i partecipanti ritornano, alcuni sono ormai fissi e i giudizi sempre positivi nel complesso, piace l’idea di una serata diversa, ascoltare i racconti e le ricette dei ragazzi migranti” dice ancora Susy Iovieno, sottolineando bene quanto quella proposta dall’associazione sia una cena esperenziale, che al di là di assaggiare sapori e gusti di una cucina lontana a una cifra popolare (22 euro) riesce a mettere in contatto vite e realtà completamente diverse e a far capire quanto sia importante l’empatia, la condivisione e le storie di queste persone che scappano dalla miseria e dalla guerra nella speranza di un futuro migliore per se stessi e per i propri figli. I ragazzi migranti sono tutti molto felici di esser parte integrante di questo progetto e vedono questa esperienza come positiva e costruttiva per il loro futuro. L’episodio più simpatico, racconta Susy, riguarda un ragazzo sudanese che aveva cucinato solo nel suo villaggio con la legna e non avendo mai visto i fuochi a induzione pensava che ogni attrezzo fosse fragile e che si potesse rompere in qualsiasi momento.
In questo momento dell’Italia in cui molti sembrano aver dimenticato quello che hanno sopportato i nostri padri e i nostri nonni che sono andati via dalle proprie terre per cercare lavoro, l’invito dell’associazione Food and Colors è quello di conoscere direttamente i ragazzi migranti, vederli all’opera e sentire le loro storie. In questo momento in cui abbiamo assistito al caso Aquarius e la deriva xenofoba e qualunquista dell’Italia sta sempre più prendendo piede, mettiamoci in discussione, continuiamo a farci delle domande e ascoltiamo le risposte che ci vengono date. In questo momento sociale difficile per il nostro Paese non dimentichiamo mai quali sono i valori importanti in cui continuare a credere. E restiamo umani. Sempre.
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