La Cina, in concomitanza della visita di Nancy Pelosi, ha deciso di tagliare l’export da Taiwan per contaminazione di alcuni prodotti di Covid-19.
In risposta alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan, la Cina ha deciso di chiudere alcune esportazioni con l’isola. Secondo Pechino infatti, sarebbero stati trovati diversi alimenti contaminati, tra agrumi con pesticidi e prodotti ittici, pesci con tracce di Covid-19. Intanto la Russia commenta la provocazione statunitense con il ministro degli Esteri Lavrov: “Stesso approccio dell’Ucraina”.
Un clima di tensione assolutamente evitabile. L’America colpisce, la Cina risponde. Era dal 1997 che un portavoce statunitense non approdava a Taiwan. Nelle ultime ore, a ristabilire l’immancabile clima di nervosismo, la speaker della Camera Nancy Pelosi è stata accolta dal vicepresidente Tsai Chi-Chang.
Una mossa che ha scatenato l‘ira di Pechino, che nelle ultime ore ha posizionato carri armati sulle spiagge cinesi e ha ipotizzato “distruzione” qualora il presidente di Taiwan dovesse continuare rapporti con gli americani.
Lo speaker cinese degli affari di Taiwan ha commentato parlando di “abisso” per Taiwan, accusando il presidente di voler condurre operazioni separatiste.
Una mossa, a detta del governo cinese, mirata a minare lo sviluppo dell’alleanza del pacifico, che recherà gravi danni alla Cina.
Inoltre sempre la Cina ha fatto sapere, come reazione a questo ennesimo patatrac diplomatico statunitense, di aver tagliato l’esportazione di alcuni prodotti alimentari dall’isola. Sostenendo di aver trovato agrumi contaminati da pesticidi, batteri nei prodotti ittici e pesci contaminati da Covid-19.
Un blocco che sa tanto di risposta alla mossa degli States di mostrare i muscoli durante un periodo non certo disteso, considerando gli attuali rapporti tra le super potenze mondiali d’altronde già minati dalla guerra in Ucraina.
In questo contesto, la Russia ha subito appoggiato Pechino, commentando le manovre americane come provocatorie.
Anche il ministro degli Esteri russo ha commentato la risposta della Cina appoggiando la tesi della provocazione statunitense. Per Sergei Lavrov si tratta di una dimostrazione del medesimo comportamento che gli Usa starebbero portando avanti con l’Ucraina.
Un modo di provare al mondo, continua nel suo intervento, di dimostrare che agli States tutto è concesso. E questo nonostante sia ben noto cosa rappresenti per la Cina l’Isola di Taiwan. Pechino, durante l’attacco negli scorsi anni della Crimea, aveva infatti riconosciuto l’appartenenza russa, paragonando proprio quella situazione a sviluppi legati al futuro, e a un eventuale riconquista, di Taiwan.
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