Torniamo a parlare di Diabolik, dopo aver ricordato la sua celebre Jaguar E-Type nell’articolo a questo link. Questa volta ci occupiamo del secondo protagonista di questo caposaldo della letteratura a fumetti italiana: l’ispettore Ginko e la sua altrettanto leggendaria Citroën DS.
Definendo Ginko il secondo protagonista non intendiamo sminuire l’importanza di Eva Kant. Il fatto è che Ginko è l’elemento senza il quale l’intera impalcatura diventerebbe terribilmente noiosa; perché se è vero che il protagonista deve vincere sempre, è altrettanto vero che prima di farlo deve superare delle difficoltà all’altezza della sua fama. Il “maledetto ispettore”, come lo chiama lo stesso Diabolik quando gli inveisce contro perché gli ha rovinato uno dei suoi perfetti piani, è la nemesi dell’eroe (negativo); il suo nemico giurato, l’unico dall’intelligenza e il coraggio all’altezza del terribile criminale, l’unico capace di intuire e a volte anche sventare le complicatissime trame dell’uomo dai mille volti. L’unico dotato di una tenacia tale da perseverare nella sua lotta, nonostante alla fine Diabolik esca sempre vincitore. L’unico in grado di fermarlo; proprio per questo è anche l’unico uomo che Diabolik rispetti veramente. L’unico uomo pericoloso per lui che non abbia ucciso, nonostante le mille occasioni avute. Anzi, in alcuni episodi gli ha pure salvato la vita. Proprio perché senza Ginko Diabolik non avrebbe più alcuna sfida da vincere. E per Diabolik le sfide sono la sua stessa vita.
Ogni autentico eroe, buono o cattivo, deve avere un destriero. Così alla Jaguar dell’arcicriminale le sorelle Giussani hanno contrapposto la Citroën DS dell’integerrimo poliziotto. Anche qui il contrasto è perfetto. Nera la vettura del cattivo, bianca quella del buono. Sportiva e cattiva quella del criminale, elegante e rispettabile quella del poliziotto. Sorvoliamo sul fatto curioso di come facesse una berlinona di 83 cavalli (nella versione del 1962) a tallonare un’agile coupé da 265 cavalli. Ma forse in realtà Ginko guida meglio di Diabolik; però lui è sleale e ricorre sempre ai suoi ingegnosi trucchi per seminarlo.
La Citroën DS è un’altra fra le auto su cui sono stati versati i cosiddetti fiumi di inchiostro. E’ impossibile riassumere qui la sua storia. Ci limitiamo a ricordarne i tratti salienti. Il modello venne presentato nel 1955 ma la sua origine parte da lontano, da ben prima della guerra. Infatti fin dal 1938 i vertici della Citroën cominciarono a pensare ad una sostituta della Traction Avant, l’ammiraglia della casa fino a quel momento. Ma il conflitto sospese tutto. Al termine della guerra gli sforzi della Citroën furono rivolti soprattutto verso la produzione della 2 CV. Poi toccò al modello grande.
Le direttive del presidente Pierre Boulanger erano chiare: la nuova ammiraglia avrebbe dovuto presentare soluzioni tecniche d’avanguardia e possedere un design aerodinamico ed accattivante. Furono tre, oltre a Boulanger, gli uomini chiave: André Lefèbvre il progettista principale; Flaminio Bertoni il disegnatore della carrozzeria; Paul Magès l’ingegnere che creò le celebri sospensioni idropneumatiche.
Fu proprio questo il cavallo di battaglia della DS. Queste sospensioni permettevano alla macchina di assorbire perfettamente le asperità del terreno e di mantenere un’altezza da terra costante, grazie all’uso di un gas che agiva sugli ammortizzatori. Quindi comfort e tenuta di strada erano inarrivabili. L’italiano Bertoni le diede poi quella forma che ancora oggi, se ne capita una passare, fa girare la testa.
Soprannominata “lo squalo“, per il suo muso affusolato che ricorda appunto quello del grande predatore marino (soprattutto nella seconda serie, la DS 21, con i gruppi ottici ovali). Ma all’inizio, quando aveva fari normali e si spalancava l’enorme cofano, qualcuno la chiamò anche “ippopotamo”, però simpaticamente.
Forse l’unico punto debole di questa auto fu il motore, che non raggiunse mai potenze entusiasmanti, considerando la categoria a cui apparteneva. Si partì da un 1.9 di soli 75 cavalli, quando le rivali contemporanee, Alfa 1900 e Lancia Flaminia, avevano 100 cavalli.
Nelle versioni successive le potenze salirono fino ad arrivare all’ultima serie, la 23 ad iniezione, a 141 cavalli con cilindrata 2.4. Ma non si vive di soli cavalli. Fu tutto l’assieme a regalare alla Citroën DS un successo invidiabile per un’ammiraglia: ben 20 anni di produzione e circa mezzo milione di esemplari venduti. Soprattutto, un posto di rilievo nella storia.
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