[didascalia fornitore=”altro”]Foto Pixabay[/didascalia]
Da diverso tempo ormai si parla dell’alta concentrazione di cocaina nelle acque. Secondo un recente studio coordinato da Anna Capaldo dell’Università Federico II di Napoli, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, nei fiumi soprattutto in quelli che scorrono nei pressi delle grandi città i livelli di cocaina sono così alti che i pesci presenti risultato ‘drogati’. E’ a rischio la loro sopravvivenza, in particolare quella dell’anguilla europea, per via soprattutto della sua carne grassa, che secondo gli scienziati favorisce l’accumulo di sostanze stupefacenti.
Nel corso dello studio alcune anguille europee sono state inserite in vasche ad alta concentrazione di cocaina pari a quella presente nel Tamigi. Dopo alcuni giorni sono state esaminate le loro carni ed è emerso che la sostanza stupefacente si era concentrata in elevate quantità nel cervello, nei muscoli, nella pelle e in altri tessuti. Non solo, dopo aver trasferito le medesime anguille in vasche di ‘purificazione’, prive di cocaina, dopo dieci giorni, ancora presentavano alte concentrazioni di cocaina nell’organismo.
‘Questi animali affrontano migrazioni anche di 6mila chilometri, che richiedono riserve di energia e muscoli in perfetta salute per essere completate. Ma la cocaina rischia di impedirlo, perché dalle analisi i muscoli sono risultati danneggiati e con cambiamenti negli ormoni presenti’, ha spiegato all’Ansa Capaldo sottolineando inoltre che ‘l’anguilla non è l’unica specie ad essere esposta: anche i pesci stanziali potrebbero avere conseguenze dalla presenza di cocaina nell’acqua a queste concentrazioni. Inoltre bisogna pensare che sono presenti anche molte altre sostanze pericolose, da altri stupefacenti a farmaci a metalli e l’effetto combinato è da valutare, cosa che vorremmo fare in uno studio successivo’.
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A questo punto una domanda sorge spontanea: le alte concentrazioni di cocaina nelle acque quanto incidono sulla salute dell’uomo? A tal proposito la scienziata ha dato una spiegazione moderata, priva di allarmismi: ‘Abbiamo visto che c’è una certa bioaccumulazione nel muscolo, che è la parte che mangiamo. Non sappiamo però cosa succede quando l’animale muore e l’effetto che ha la cottura. Anche qui servono altre ricerche’.
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