A rivelare il possibile rapporto commerciale tra Russia e Corea del Nord è l’intelligence U.S.A. la quale però non fornisce, al momento, ulteriori specifiche su natura e quantità degli ordini.
La notizia si inserirebbe nel filone dei segnali che indicano quanto le sanzioni occidentali stiano compromettendo alcuni settori dell’economia moscovita e come questa risulti essere sempre più isolata.
Kim Jong-un e Vladimir Putin, tra dittatori la realpolitik non manca. Questo assioma si presenta varie volte nella storia e mette a nudo una caratteristica fondamentale di ogni uomo che è riuscito a racchiudere in sé il potere di un intero stato: la spregiudicatezza.
Potrebbe dunque avare fondamento il report dei servizi segreti statunitensi secondo i quali Putin avrebbe effettuato ordinativi bellici alla Corea del Nord dell’autocrate Kim Jong-un.
Secondo alcune fonti interne all’agenzia spionistica, nel documento emesso dall’intelligence non vi sono per ora informazioni dettagliate in merito, la Federazione Russa avrebbe ottenuto l’invio di razzi a corto raggio nordcoreani e munizioni per l’artiglieria; inoltre nuovi scambi commerciali di natura bellica sono attesi per le prossime settimane.
Indubbiamente la notizia palesa le difficoltà di Putin nel procacciarsi il necessario per proseguire la “operazione militare speciale” in Ucraina avviata ormai più di sei mesi fa. L’isolamento internazionale del Cremlino sta rendendo evidenti i limiti dell’industria russa, anche del famigerato settore militare.
La Federazione ha costruito il proprio blasone bellico sulle vestigia del riarmo brezneviano, un’epoca di forte aumento della produzione militare che ha riempito i magazzini di armamenti ormai vetusti e poco affidabili contro le assai più avanzate tecnologie occidentali attualmente a disposizione di Kiev.
Non solo, le grandi disponibilità di ricambi ha bloccato quel ramo produttivo per decenni: i nuovi modelli di mezzi bellici ed armi sono stati pochi e in numero ridotto.
La lunghezza della guerra ucraina e l’ostinazione del popolo di Kiev ha colto impreparata la nomenklatura moscovita, la quale è forse rimasta oggetto della propria propaganda di Russia grande potenza bellica.
Ora si corre ai ripari chiedendo il soccorso delle armi coreane, certamente non l’avanguardia del settore militare planetario, eppure le alternative per Putin faticano a trovarsi.
Tutto ciò si collega al tema delle sanzioni e della loro effettiva efficacia sull’economia russa e sull’inibire Mosca dal proseguire l’invasione dell’Ucraina. Sempre più voci, anche e soprattutto nostrane, ne criticano i risvolti, affermando che i danni riguardino più l’Occidente emissario che la Russia destinataria.
Ora, indubbiamente le speculazioni ed i giochi al rialzo sui prezzi degli idrocarburi attuati da Putin hanno permesso alle entità parastatali dell’energia russa di ottenere ricavi molto più alti della media, di fatto attenuando enormemente il crollo di entrate dovuto all’interruzione dei rapporti commerciali e finanziari moscoviti con Nord America ed Europa.
Eppure la stessa resilienza non si avrebbe sul comparto militare: le sanzioni stanno funzionando in tutti quei settori che richiedono forti conoscenze ed investimenti tecnologici. La Russia si è difatti sempre appoggiata in questi ambiti alle strumentazioni occidentali o cinesi e ora si trova impossibilitata ad accedere ad entrambe queste fonti proprio per la congiuntura internazionale (la Cina non sanziona la Russia in quanto sua “alleata”, tuttavia si guarda bene dal supportarla per non indispettire i ricchi mercati occidentali).
Quindi la rosa dei Paesi a cui chiedere aiuto si assottiglia ed emergono rapporti, come quello qui discusso, che testimoniano scambi con le nazioni, al pari della Russia, più isolate ed ostili all’ordine mondiale americano: prima l’acquisto di droni dall’Iran, ora le forniture di missili e munizioni dalla Corea del Nord.
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