The Economist, il settimanale britannico di politica ed economia internazionale, propone un articolo nel quale snocciola le principali questioni e nodi della politica italiana, a cominciare dalla incerta situazione dell’M5S di Conte.
Si sa che la commedia dell’arte è nata in Italia ed ha conquistato presto i palchi europei, specie quelli assai frequentati inglesi. Non sorprende dunque che la sua versione contemporanea, spostatasi dai teatri alle aule del Parlamento, ammali ed interessi ancora il pubblico britannico.
Le diatribe M5S conquistano il mondo
Per riprendere la metafora di poc’anzi, ciò che ha reso innovativo e travolgente nel successo la commedia dell’arte fu il fatto che gli attori non seguivano pedissequamente un copione, bensì erano muniti di un canovaccio, una traccia di azioni ed eventi sui quali i teatranti improvvisavano una performance unica, estrosa e per questo affascinante.
La politica italiana sembra aver voluto mantenere quel fortunato approccio: osservando le movenze di esponenti e forze politiche si ha l’impressione che vi sia molta improvvisazione e una buona dose di inventiva, a volte talmente velleitaria che anche il condiviso canovaccio risulta difficile da definire (sempre che vi sia).
The Economist, uno dei più importanti settimanali londinesi di esteri, si è concentrato questa settimana sulle fibrillazioni del governo Draghi, con particolare riferimento alla situazione attualmente più critica e frastagliata: la condizione del Movimento 5 Stelle e del suo leader Giuseppe Conte dopo la scissione dell’ala sedicente governista di Di Maio.
I fatti dovrebbero essere ormai alquanto noti al pubblico nostrano: il partito fondato da Beppe Grillo ha perso circa un terzo dei propri effettivi per via dell’abbandono dell’odierno ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
A motivo della separazione, a detta dello stesso scissionista, vi sarebbe la posizione ondivaga e perturbante a livello internazionale che l’M5S starebbe tenendo sulla guerra in Ucraina e sulle forniture di armi a Kiev; atteggiamento che Di Maio non si sente più di rappresentare poiché metterebbe in difficoltà l’esecutivo italiano nei consessi internazionali e nelle opportune risposte da dare a Mosca.
L’analisi del The Economist
La rivista britannica sottolinea come le posizioni dei 5 Stelle sulla Russia siano in realtà da sempre distensive e concilianti. Fin dalla crisi della Crimea del 2014 quando, dopo quella che oggi possiamo definire la prima parte dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, il partito si oppose alle sanzioni occidentali rivolte al Cremlino.
Manifestando quindi una continuità di posizionamento, anche il neo leader Conte ha mostrato le medesime perplessità riguardo l’approccio oppositivo e sanzionatorio del mondo liberale. Il capo politico odierno d’altronde, ricorda l’Economist, ha avuto connessioni tuttora non chiare con Mosca nel periodo del suo primo mandato presidenziale, quello dove era spalleggiato dall’altra forza accomodante verso Putin, la Lega di Matteo Salvini, nonché nel primo periodo Covid, con la ormai famigerata missione russa in Italia teoricamente a supporto del sistema sanitario della Penisola.
Infine, per l’appunto, è giunta la scissione di Di Maio, ufficialmente motivata da questi proprio per le posizioni estemporanee su armi e sostegno a Zelensky dei vertici 5S, contraccambiate dalle accuse di questi ultimi di mero opportunismo politico dell’ormai ex membro.
Nel grande marasma a rimetterci, per il gruppo britannico, è la solidità di Roma in campo occidentale ed internazionale ed il sistema di alleanze imbastito dal PD per contrastare la vittoria delle destre nazionaliste e populiste, il cosiddetto “campo largo” (oramai più un campo santo), nato quest’ultimo proprio dalla relazione tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.
In definitiva la commedia dell’arte seduce e diverte ancora il mondo, c’è da rallegrarsene, tuttavia sarebbe forse opportuno cambiasse sede dove svolgere i suoi spettacoli.