Una donna ha denunciato un fatto gravissimo circa una vacanza in Trentino, in un hotel dove il figlio disabile è stato discriminato.
Mentre stavano mangiando al ristorante della struttura, il proprietario si è avvicinato al tavolo della sua famiglia chiedendosi se potevano spostarsi a causa della disabilità del figlio. “Mi sono sentita umiliata e offesa”. Sentiamo il racconto dei fatti direttamente da lei.
Quante volte diciamo che la disabilità non deve essere un ostacolo? Purtroppo tutti i discorsi inclusivi del caso naufragano di fronte a storie come quella di Tommaso, alla cui famiglia è stato chiesto all’interno di un ristorante, di spostarsi per la sindrome di Norrie da cui è affetto e che avrebbe infastidito gli altri commensali.
La famiglia si trovava in vacanza nelle montagne del Trentino, uno scenario splendido che fa da cornice a un episodio molto spiacevole che difficilmente verrà dimenticato da Cecilia, al contrario di suo figlio che forse non ha realizzato la discriminazione di cui è stato vittima.
Sì perché lui è ingenuo e non sa quando gli viene fatto un torto, abituato ad approcciarsi a tutti con un grande sorriso e assoluta fiducia.
“un hotel in trentino voleva farci spostare di tavolo perché mio figlio è disabile. non siamo mai stati trattati così in un albergo, questa mancanza di tatto mi ha stretto il cuore”
queste la parole della donna che insieme al marito Remo Pimpinelli ha denunciato il fatto ai giornalisti di Repubblica.
Tommaso è il terzogenito della coppia romana e ama la montagna, così appena si presenta la possibilità la sua famiglia lo porta nei bellissimi luoghi italiani e anche esteri che lui tanto ama. In particolare è abitudine che ogni anno i Pimpinelli vadano a San Martino di Castrozza, fin da quando era bambino.
Quest’anno però la struttura di fiducia era al completo e così ne hanno scelta un’altra, a 4 stelle, specificando prima di prenotare che il figlio 24enne era affetto da disabilità.
Questo non è bastato a evitare sorprese non tanto nella gestione e organizzazione della struttura ricettiva per situazioni di questo tipo, quanto per la mancanza di sensibilità.
L’episodio è stato così spiacevole che Cecilia e Remo si sono alzati dal tavolo e hanno terminato la vacanza in anticipo, rientrando a Roma con Tommaso. Poi hanno ricevuto una email di scuse dall’hotel per il disagio arrecato ma Cecilia categorica ha risposto “Non le accetto mi dispiace”.
Parliamo tanto di società inclusiva ma poi nella fattispecie leggiamo, per fortuna non troppo spesso, di vicende come questa che ci riportano indietro nel tempo quando ancora c’era la paura di chi è diverso da noi.
Cecilia Bonaccorsi è la prima lottatrice nella vita di Tommaso, 24enne affetto dalla rara sindrome di Norrie, malattia genetica che causa cecità e ritardo mentale.
Alla richiesta di spostarsi in un luogo appartato perché la presenza del ragazzo avrebbe potuto infastidire gli altri clienti della struttura alberghiera, non si è lasciata scoraggiare né abbattere nella sua dignità, andandosene per proteggere ancora una volta il suo terzogenito da una società ottusa.
La donna ha deciso di metterci la faccia e di raccontare tutto pubblicamente, pur non facendo il nome dell’hotel in questione. Da anni è presidente dell’associazione “Con i miei occhi”, che segue i disabili che hanno un deficit nella vista come suo figlio.
“Tommaso non ha mai dato problemi, con lui abbiamo viaggiato ovunque nonostante la sindrome che non gli consente di vedere e gli causa una disabilità cognitiva importante, ovvero un ritardo mentale”.
Nonostante non possa vedere con gli occhi e non possa capire alcune cose, Tommaso è un ragazzo con un grande sorriso e riesce a cogliere l’amore della sua famiglia, infatti in tante foto nelle diverse vacanze è gioioso in mezzo alle sue amate montagne insieme ai genitori che sempre lo hanno difeso e ogni giorno sono fieri dei suoi piccoli passi avanti.
Cosa che non si può dire di tante persone che ancora guardano a lui e a queste persone con paura e preoccupazione.
“aiuto spesso tommaso a mangiare, forse per alcuni clienti quella che per me è un gesto di normalità può essere percepito diversamente, ma non stavamo infastidendo nessuno e non ho trovato corretto il comportamento del personale”.
La storia di Cecilia e Remo accomuna tante famiglie che cercano di dare normalità ai figli disabili ma spesso si trovano incontro a tanti ostacoli, alcuni più marcati, altri sottili ma comunque lesivi della dignità. Ci vorrebbe solo un po’ più di umanità, vicende come queste sono inconcepibili in una società che si dice moderna e inclusiva.
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