Romina e Albano, ovvero la favola infinita dell’immaginario collettivo, la rappresentazione popolare di una storia che va oltre l’amore, la musica, la passionalità, la distinta personalità, la diversa cultura, la diversa estrazione sociale. Aveva scelto un ragazzo qualunque, somaticamente difforme dal prototipo del maschio italiano, ma con una strabiliante vocalità, dai forti principi e una decisa caratterialità, doti che gli hanno permesso di farsi largo e prendere spazio in un mondo difficile, diffondendo e imponendo imperativamente il suo Io, spaziando dall’evasione all’impegnato.
Le stesse doti che Lui offre a Lei, avvolgendola e proteggendola. L’anomalia che si fa regola. Una favola che vive e si sviluppa su di Lei, la protagonista assoluta, ieri, oggi e sempre, l’americana d’Italia, che prende per mano un ragazzo sconosciuto al resto del mondo e lo tramuta da cantore operaio in star.
Negli occhi del Popolo sovrano, l’ immaginifico inscindibile di questa unione, si rafforza nella tragedia e non viene scalfita da nessuna ombra o intervenuta apparizione, figure evanescenti che Lei oscura, inarrivabile nella realtà ancora più nel virtuale. Lei è quello che il popolo vuole vedere. La contrapposizione dei ruoli che si fondono: lo stile alla spontaneità, l’eleganza alla semplicità, la perplessità alle flessioni, il ragionamento alla battuta, lo sguardo all’ammiccamento, la dolcezza alla ruvidità.
E nel scrivere questo pensiero, non posso non riandare con la mente a un personale trascorso di fine anni ottanta. Un intervento notturno in una grande casa nei pressi della stazione centrale di Milano, dove una dorata giovinetta voleva solo farsi rassicurare. Un ricordo struggente di un passato che è sempre così presente.