Non è necessario un capolavoro per trascorrere qualche ora spensierata guardando un film. A volte bastano pochi dettagli, formule classiche che funzionano perfettamente fin dai tempi del cinema muto e continuano a funzionare anche oggi, nonostante l’invasione di effetti speciali fini a se stessi. Ad esempio, gli inseguimenti spettacolari. Come quelli di “Poliziotto sprint“, dove la protagonista femminile, più che l’ornamentale Lilli Carati, è la Ferrari 250 GTE.
Poliziotto Sprint è una pellicola italiana del 1977, diretta da Stelvio Massi ed interpretata da Maurizio Merli. Fa parte del genere “poliziottesco“, cioè quei film tutti sparatorie ed inseguimenti nelle città italiane, in cui generalmente il protagonista è un poliziotto dai metodi duri e spicci, che cerca giustizia anche a costo di andare contro il sistema, spesso troppo generoso con i delinquenti. Parliamo del decennio dei Settanta, che si chiamavano anni di piombo non per gioco.
Franco Nero fu il capostipite fra gli attori che diedero un volto a questi commissari (sono quasi sempre commissari) che sono un misto fra Callaghan, Bullitt e Serpico. Ma la popolarità maggiore, l’apice se vogliamo, fu raggiunta da Maurizio Merli con la sua “trilogia del commissario Betti”: Roma violenta, Napoli violenta e Italia a mano armata. Gli elementi sono sempre gli stessi: proiettili, sganassoni e inseguimenti a rotta di collo con le auto popolari di quegli anni, prima su tutte l’Alfa Romeo Giulia. Perché, essendo la migliore, la usavano sia le forze dell’ordine che i delinquenti.
Poliziotto Sprint arriva dopo questa trilogia. Merli intepreta Marco Palma, un agente della Polizia di Roma, abbastanza giovane, eccellente pilota al limite dello spericolato (e oltre). E’ alle prese con un criminale francese soprannominato “Nizzardo”, anch’egli un asso del volante, il quale fugge dopo le rapine a bordo di una Citroën DS, altro pezzo di storia. Palma praticamente lo insegue per tutto il film, prima sulla Giulia, poi sulla Ferrari 250 GTE.
Nonostante spesso la logica delle sceneggiature lasci a desiderare, questa volta c’è un solido appiglio con la realtà. Il superiore di Palma è il maresciallo Tagliaferri (l’attore Giancarlo Sbragia). Egli rispolvera dal garage della Squadra mobile la Ferrari 250 GTE nera che lui stesso guidò negli anni ’60 in servizio, e decide di affidarla a Palma per prendere il Nizzardo.
Questo è un preciso riferimento alla figura storica del maresciallo Armando Spatafora, il quale negli anni Sessanta effettivamente guidò quella Ferrari, al servizio della Squadra mobile di Roma. Le imprese di questo poliziotto sono ammantate di leggenda. Egli venne inviato insieme ad altri tre colleghi a Maranello per fare un corso di perfezionamento nella guida della 250 GTE. Spatafora tuttavia era talmente bravo che, pare, Enzo Ferrari gli chiese più volte di diventare pilota per il Cavallino. Ma il maresciallo (che allora era brigadiere) gli rispose: “Grazie commendatore, ma quel mestiere è troppo pericoloso per me. Preferisco fare il poliziotto“. Non sappiamo se questo episodio sia vero; di certo è suggestivo.
Nel film c’è anche una sequenza in flashback di un altro episodio attribuito a Spatafora, di cui non si è mai riusciti ad accertare la reale esistenza: un inseguimento giù dalla scalinata di Trinità dei Monti. Per maggiori dettagli sulla figura di Spatafora e le Volanti della Polizia, vi invitiamo a leggere questo link.
La Ferrari 250 GTE era una coupé 2+2 della serie 250, prodotta dal 1952 al 1962, uno dei modelli di maggior successo della casa di Maranello. Carrozzata da Pininfarina, aveva il motore anteriore. L’epoca del “carro davanti ai buoi”, come Enzo Ferrari definì le auto a motore posteriore, doveva ancora arrivare. Il propulsore V12 3.0 aveva 240 cavalli e la spingeva fino a 280 Km/h. Nera come una pantera. Cioè, una Pantera. Col lampeggiante blu e la sirena.
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