Ieri pomeriggio la nave umanitaria Geo Barents, di Medici Senza Frontiere, ha soccorso 599 migranti a largo della Sicilia.
Queste persone si trovavano su un’imbarcazione precaria e sovraffollata, caratteristica che in realtà accomuna questo caso a tutti i precedenti, tanto che questi viaggi a volte finiscono con un epilogo tragico. In questo caso però i volontari sono riusciti a intervenire e ora si stanno muovendo verso il porto assegnato dalle autorità italiane, ovvero quello di Bari.
Il salvataggio della Geo Barents
Nel panorama dei salvataggi in mare praticati dalle Ong, la nave geo Barents è una di quelle più attive e ieri pomeriggio Medici Senza Frontiere ha portato a termine un intervento durato 3 ore per salvare 599 migranti in difficoltà a largo della Sicilia.
Queste persone si trovavano a bordo di un’imbarcazione precaria che di lì a poco avrebbe ceduto. Non è una novità che le condizioni meteorologiche estreme agitino il mare a tal punto che le onde distruggano i barchini che già di per sé sono in pessime condizioni. Una tragedia che si compone sempre di nuovi arrivi che mettono periodicamente a dura prova i centri di prima accoglienza, costantemente al collasso.
Si cerca di dare una mano a queste persone che affrontano un viaggio terribile alla ricerca di condizioni di vita migliori e in questo le Ong svolgono un ruolo importante perché i volontari sono i primi che vorrebbero concedere tranquillità ai migranti.
Le storie che raccontano ogni giorno parlano di sofferenza e soprusi subiti nei Paesi da cui scappano, ma anche di speranza nel trovare finalmente un luogo amico che li accolga.
La Geo Barents di Medici Senza Frontiere è un’ex nave da ricerca sismica norvegese che dal 2021 è utilizzata dall’associazione per operazioni di soccorso in mare nel Mediterraneo centrale. Ieri pomeriggio l’equipaggio ha prestato soccorso a 599 persone e l’operazione, affatto semplice, è durata circa 3 ore.
Poi dall’Italia è arrivata l’assegnazione di un porto dove sbarcare, ovvero quello di Bari, a circa 40 ore di navigazione dal punto a largo della Sicilia dove sono stati effettuati i soccorsi.
Fra i migranti donne e bambini
Comincia così quella che potremmo definire la seconda odissea dei migranti e il punto di dibattito attuale, cioè la distanza del porto assegnato. Dopo il decreto legge del governo Meloni infatti, è indifferente la distanza del porto sicuro e potrebbe esserne assegnato uno che dista anche giorni di navigazione.
Questa è la legge e i volontari che giornalmente hanno a che fare con i salvataggi, sono stati i primi a contestare questo punto perché in tal modo i migranti vengono ulteriormente messi a rischio, affrontando un secondo estenuante viaggio verso al terraferma, spesso in condizioni meteorologiche avverse.
Del vasto gruppo di persone tratte in salvo, ci sono tante donne e bambini. Da un primissimo controllo sembrano tutti in condizioni di salute abbastanza buone, sebbene siano molto stanchi e spaventati. Il viaggio verso la salvezza costituisce sempre un grande trauma, specialmente per i minori, molti spesso non sono neppure accompagnati.
Mentre il team di Msf svolgeva attività di addestramento, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ha contattato la Geo Barents per assistere questa imbarcazione sovraffollata. Una volta in salvo, l’equipe medica ha effettuato dei controlli di routine per controllare se ci fossero casi particolarmente gravi.
L’intervento è avvenuto in acque italiane e tutta l’operazione è stata quindi coordinata dal nostro Paese.
Il potenziamento degli hotspot
Come dicevamo, sbarchi imponenti come quello di ieri mettono a dura prova i centri di primissima accoglienza che ultimamente sono sempre sovraffollati, pensiamo ad esempio a quello ormai famoso di Lampedusa, in contrada Imbriacola. Per questo motivo è in corso un’attività di potenziamento che consiste nel dotare queste strutture di maggiore personale ma anche crearne di nuove.
La visita di Piantedosi in Calabria prevista per martedì 30 maggio ha proprio lo scopo di valutare il tema migranti da questo punto di vista. Il ministro incontrerà i sindaci di diverse frazioni e visiterà il centro di prima accoglienza di Roccella Jonica.
La Calabria è salita tristemente alla cronaca per quanto riguarda i migranti, 3 mesi fa, quando a Cutro vennero trovati 30 corpi senza vita in spiaggia. Il mare restituì poi altri migranti senza vita, vittime di un viaggio su un barchino in pessime condizioni che a poche centinaia di metri dalla riva andò distrutto contro uno scoglio.
Il ministro dell’Interno visiterà come prima tappa l’hotspot di Roccella, poi discuterà con i sindaci impegnati a fronteggiare l’emergenza migranti. Successivamente si recherà ad Africo Nuovo, dove prenderà parte alla cerimonia di inaugurazione di una stazione dei Carabinieri realizzata in un immobile confiscato alla criminalità organizzata.
Poi nel pomeriggio presenzierà in Prefettura al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, a Reggio Calabria.
Già un mese fa il Viminale ha chiarito alcuni punti in merito ai prossimi passi da seguire, sottolineando che l’intenzione non è quella di far sorgere grandi strutture di accoglienza ma piccoli centri sparsi un po’ ovunque, nonché potenziare quelli già esistenti partendo appunto proprio dalla Calabria e dalla Sicilia, le regioni più soggette allo sbarco di migranti.
A fine aprile c’è stato un incontro importante con i governatori di Regione, il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci e il commissario per l’emergenza immigrazione Valerio Valenti, al margine del quale Piantedosi ha riferito che l’obiettivo dell’Italia è quello di favorire l’accoglienza diffusa.
A marzo lui stesso ha rilasciato dichiarazioni che hanno fanno molto discutere, dicendo che il boom di sbarchi sono dovuti anche al fattore attrattivo di un’opinione pubblica che tollera questo fenomeno.
“altri paesi sono intransigenti in maniera trasversale fra posizioni politiche diverse”.
Queste parole sono arrivate dopo l’arrivo di 2.000 migranti a Lampedusa in poche ore, situazione che ha portato il centro ad essere di nuovo al collasso con circa 3.000 persone. E anche se poi sono stati organizzati trasferimenti in altri hotspot per alleggerirlo, il problema rimane comunque e quindi c’è bisogno di una migliore organizzazione per gestire i flussi.