Con i sei gol segnati ieri alla Johan Crujiff Arena di Amsterdam all’Ajax, il Napoli di Luciano Spalletti ha praticamente un piede dentro gli ottavi di finale di Champions League. In tre partite, i partenopei hanno segnato 13 gol, quattro dei quali ai vicecampioni d’Europa del Liverpool. Ma anche in Italia, la “Grande Bellezza” degli azzurri ha dato i suoi frutti.
La squadra del tecnico toscano è prima in Serie A, a pari punti con l’Atalanta, e ha messo a segno 18 reti subendone solo sei. Non sono solo i numeri, però, che contano, pur riuscendo a fotografare nel migliore dei modi la situazione, e oggi vi diamo cinque buone ragioni per dimostrarvi che sì, lo spettacolo sono davvero loro.
Trentatré gol fatti dal 15 agosto, una media di tre a partita, solo otto subiti (0,72 a gara). Ancora: otto match vinti su undici, neanche uno perso, al massimo pareggiati contro Fiorentina e Lecce. In Champions League come in Serie A, il Napoli è uno spettacolo, e se lo dicono anche da soli.
Una grande bellezza che si sposta da sud per regalare calcio ovunque vada, una grande bellezza che non può passare inosservata, e infatti i giornali esteri, sportivi e non, la omaggiano per quella che è. Anche loro incantanti da quello che ieri è successo ad Amsterdam, alla Johan Crujiff Arena, contro un Ajax che non è quello dell’anno scorso, ma porta comunque il blasone di quattro coppe dalle grandi orecchie conquistate.
Neanche un minimo di riverenza, di paura, neppure quando si è passati in svantaggio al nono minuto. Perché c’è una macchina da gol, studiata ad arte da Luciano Spalletti e dalla dirigenza, che non te lo permette. Giacomo Raspadori, Giovanni Di Lorenzo, Piotr Zielinski, di nuovo l’attaccante azzurro, Khvicha Kvaratskhelia e anche Giovanni Simeone regalano un sogno, una notte stellare, l’ennesima, a una squadra che ora può tutto.
Può sicuramente già pensarsi agli ottavi di finale – manca solo un piccolo sforzo, e due partite saranno al Diego Armando Maradona, che è un fortino. Può credere che quella parola che aleggia negli spogliatoi dai tempi di Maurizio Sarri, scudetto, possa diventare realtà.
Certo, di tempo, fino al 4 giugno, ce ne è ancora tanto. Ma sarà galantuomo come lo è stato in questi due mesi e mezzo, quando è stato il campo a parlare e non più i commentatori e i tifosi scontenti di un calciomercato in cui avevano perso i “senatori“.
Ha avuto ragione Cristiano Giuntoli, il direttore sportivo che ora è corteggiato anche dalla Juventus. Ha avuto ragione perché Alex Meret si sta dimostrando più affidabile di David Ospina, Kim Min-Jae non sta facendo rimpiangere Kalidou Koulibaly, l’esterno georgiano ha fatto molti più gol di Lorenzo Insigne, e davanti ci sono due alternative giovani a un Dries Mertens che al Galatasaray è ancora a secco di reti. Pure su Fabian Ruiz ci ha visto lungo il ds, perché è riuscito a fare cassa su un calciatore in scadenza che l’allenatore toscano ha rimpiazzato con due prodotti che al Napoli già c’erano dallo scorso anno.
Gran parte dei meriti, quindi, vanno anche a Spalletti. Bistrattato, tacciato di non essere proprio simpatico, reo di essersi messo contro Francesco Totti, il tecnico di Certaldo si sta prendendo le sue rivincite, anche lui sul campo. Dopo una prima stagione sulla panchina del Napoli fatta di tanti alti e bassi, in cui ha mostrato solo a sprazzi le vette del suo calcio, l’ex Roma e Inter ha mostrato quanto possa fare la differenza un allenatore.
Spalletti è il vero leader di un gruppo unito e che viaggia sulle ali dell’entusiasmo, che si fida ciecamente del suo tecnico e che ama riportare sul campo quanto testato in allenamento. Il grande merito del classe 1959, dalle interviste filosofiche e dalle facce virali sui social, è soprattutto quello di essersi dedicato fin dalla preparazione precampionato alla crescita dei giovani che la società gli ha messo a disposizione.
Non è un caso se calciatori come Kvaratskhelia, Raspadori e Kim stanno avendo un rendimento così soddisfacente, ma anche un calciatore come Zambo Anguissa, che è probabilmente il centrocampista più in forma di tutta la Serie A.
E qui ci ricolleghiamo al lato tattico. Sì, perché il camerunense, pescato un anno fa da un Fulham che non era neanche in Premier League, sta diventando un calciatore immarcabile, capace di squarciare le difese avversarie con inserimenti letali e avendo anche la lucidità di firmare assist e gol con grande continuità. La genialata dell’allenatore degli azzurri è stata spostarlo più in avanti, coprendolo alle spalle con Stanislav Lobotka e creando una mediana a due livelli e dando un ulteriore sfogo alla fase offensiva partenopea.
Il 4-2-3-1 è un mantra e una certezza per questo Napoli che vola sugli esterni, liberandoli di continuo nell’uno contro uno e intanto sovrappone anche con i terzini, avendo nel cuore dell’area calciatori come Victor Osimhen e Simeone, capaci poi di bruciare i difensori centrali. La squadra è corta e compatta, per questo la difesa subisce poco, ma poi sa anche crearsi gli spazi in contropiede per far male in avanti: un cocktail avvelenato a cui le difese italiane ed europee non sono ancora riuscite a porre rimedio.
E poi c’è un motivo più economico per considerare il Napoli un’opera compiuta. La filosofia del presidente, Aurelio De Laurentiis, è sempre stata quella di avere i conti a posto, operazione sempre riuscita. Nel 2020, la società partenopea era l’unica in Serie A ad avere un patrimonio netto positivo, vale a dire che il valore delle sue attività era maggiore rispetto a quello delle passività per cui non solo non si avevano debiti, ma ci si poteva anche autofinanziare.
Con la pandemia a pesare sul groppone di tutti, arabi inclusi, la situazione è un po’ cambiata lo scorso anno, ma si è subito posto rimedio. Il diktat era quello di abbassare il monte ingaggi sotto i cento milioni di euro per riuscire anche a ripianare un buco di 58 milioni nel bilancio. Anche qua, tra le cessioni e i contratti in scadenza che non sono stati rinnovati – anche perché le offerte fatte erano sempre al ribasso – e l’acquisto di giocatori meno costosi sia come cartellino, sia come stipendio, il Napoli è tornato (quasi) alla normalità.
La serata vissuta ieri, così come quella contro il Liverpool, non sono un caso isolato, insomma, non sono un Davide contro Golia che soccombe e si rialza una volta su cento, sono il prodotto di un progetto che può e deve essere usato come esempio. Perché sì, sono davvero uno spettacolo.
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