La guerra in Ucraina, tra le altre cose, ha dato vita a un problema gravissimo, che attanaglia ormai gran parte della popolazione. Si stanno diffondendo infatti dei batteri resistenti agli antibiotici, che quindi possono condurre alla morte.
Ci aveva pensato già il conflitto a causare non pochi danni alla popolazione ma come se non bastasse già questo, si stanno aggiungendo anche le sue conseguenze (dirette e indirette), che stanno mettendo a rischio seriamente la salute della popolazione. Tra queste la più pericolosa in assoluto è la proliferazione di germi e batteri resistenti agli antibiotici.
Le infezioni resistenti agli antibiotici causate dalla guerra
Non bastava la guerra a minare la tranquillità della popolazione ucraina. Adesso sono anche i superbatteri che minacciano la loro salute e, soprattutto, rendono assai difficoltoso curare i feriti derivanti dai bombardamenti. Sia chiaro: questa è solo la punta di un iceberg grande quanto l’intero Paese, che oggi è letteralmente attaccato da tutti i fronti.
Sì, perché ci aveva pensato anche il Covid a mettere in ginocchio l’Ucraina. Questo accadeva solo pochi anni fa, quando nel Paese si era registrato il più alto numero di casi dallo scoppio della pandemia ad oggi, con una media giornaliere di 250 casi. E attenzione: il conflitto complica il quadro anche in questo senso, considerando che attualmente è difficile comprendere esattamente quante persone decedute avessero contratto il virus e quante di loro siano morte a causa sua.
Quello che invece sappiamo per certo è che gli effetti della guerra si stanno ripercuotendo sulla salute del cittadini: si stanno sviluppando infatti in tutto il Paese germi resistenti ai farmaci, che proliferano, si diffondono e rendono impossibile ogni cura. Lo dice Mihir Melwani, un giornalista freelance di Hong Kong su British Medical Journal e lo confermano le informazioni che giungono dall’Ucraina, in particolare dal Pulitzer Center on Crisis Reporting.
Ecco cosa sta accadendo in Ucraina e nel mondo
Mihir Melwani su British Medical Journal – che, per inciso, è un’accreditata rivista scientifica – per scrivere il suo spaventoso articolo, come abbiamo anticipato, ha chiesto il supporto del Pulitzer Center on Crisis Reporting. Il dato che è emerso è questo: esistono microrganismi, tra cui funghi e soprattutto superbatteri resistenti agli antibiotici e quindi difficilissimi da curare, che si stanno diffondendo in Ucraina. A poco sono servite le raccomandazioni della Commissione europea, che sta invitando tutti a ricorrere ai farmaci solo quando è strettamente necessario: ormai nel Paese il danno è fatto.
Per comprendere meglio, basti considerare l’esempio riportato dal succitato giornalista, che ha parlato di una 15enne sopravvissuta ad un terribile bombardamento che ha ucciso tutta la sua famiglia, ma è morta a causa di un’infezione derivante dalle ferite riportate non trattabile con i farmaci. Si trattava in sostanza di un ceppo di Klebsiella pneumoniae e nessun antibiotico era riuscito a sconfiggerla. A curarla erano stati i medici dell’ospedale di Leopoli e loro stessi poi hanno confermato che due terzi circa dei pazienti pediatrici avevano sviluppato batteri dello stesso tipo. E, com’è facilmente deducibile, il tasso di mortalità per questa causa è altissimo.
E qui si apre un’altra parentesi triste: in tempo di guerra, i feriti sono tantissimi e l’igiene non è propriamente il primo fattore a cui prestano attenzione i soccorritori, data la mole di lavoro che svolgono ogni giorno. Questo comporta che le infezioni diventano sempre più frequenti. Ma non solo, perché anche gli ospedali sono ormai saturi e ciò significa che ogni persona che arriva con delle ferite potrà attendere anche ore prima di poter conoscere l’esito del prelievo che gli dirà se ha contratto un’infezione e quale, cosa che eventualmente la porterà a svilupparsi velocemente e diventare più difficile ancora da curare. Per questo motivo – per evitare cioè che le infezioni possano creare danni irreversibili – i medici sono soliti somministrare a tutti i pazienti antibiotici a largo spettro, che agiscono cioè contro molti tipi di batteri.
Questo è l’approccio prescritto dalle linee guida per la medicina di guerra (Tactical Combat Casualty Care Guidelines), eppure presenta delle evidenti falle: prescrivere lo stesso farmaco a tutti i pazienti indistintamente potrebbe far proliferare eventuali ceppi di batteri resistenti di cui il singolo è portatore e che poi potrà quindi trasmettere ad altri pazienti, fermo restando che spesso sono gli ambienti stessi – non gli ospedali, ma le ambulanze su cui i pazienti vengono trasportati ad esempio – a non essere perfettamente igienizzati e a dare vita quindi a un gran numero di infezioni. Ecco perché oggi si parla insomma di “epidemia da traumi di guerra”.
Oggi c’è anche un ulteriore rischio: dal momento che è prassi che alcuni pazienti vengano trasportati negli ospedali situati nella parte occidentale dell’Ucraina su degli appositi treni, il rischio è che questi possano trasportare insieme a loro anche superbatteri che nascono nelle zone del Paese più colpite dalla guerra. A questo si aggiunge che i germi si possono diffondere anche semplicemente attraverso acqua, cibo e animali e quindi questo ci fa comprendere quanto la situazione sia delicata.
Inoltre dobbiamo specificare che il problema dell’Ucraina è anche che fino ad agosto di quest’anno chiunque poteva acquistare antibiotici senza ricetta, cosa che spingeva la popolazione a usarli per ogni tipo di malanno e, di conseguenza, a dare vita a ceppi resistenti alla loro azione.
Ma siamo sicuri che solo in Ucraina succeda ciò? Negli Stati Uniti solo un paio di anni fa, in concomitanza con lo scoppio della pandemia più o meno, si era registrato un aumento del 15% di morti per infezioni da germi resistenti. In Italia del 2015 ad oggi i decessi sono aumentati aumentati, passando da 11mila a 15mila. Stando a un’analisi pubblicata di recente su Lancet, solo nel 2019 quasi 5 milioni di persone sono morte a causa dell’antibiotico-resistenza e di questi circa 1,27 milioni di decessi sono attribuibili direttamente a ceppi batterici resistenti. Un altro rapporto, invece, ha stimato che nel 2050 potremmo arrivare anche a superare i 10 milioni all’anno.
E non solo, perché un altro reso pubblico dall’ECDC (il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ha evidenziato che le infezioni resistenti durante la pandemia sono aumentate. Il più resistente in assoluto è Acinetobacter bacteria, che dallo scorso anno è aumentato a dismisura rispetto al 2019, seguito dalla klebsiella, aumentata del 50% in tutto nel 2021. Il motivo potrebbe essere riscontrato nella frequente prescrizione di antibiotici contro il Covid, rivelatisi poi in molti casi del tutto inutili tra l’altro.
Il Rapporto annuale di AIFA sul consumo di antibiotici in Italia a questo proposito ha reso noto che soprattutto nel Nord Italia negli ospedali negli ultimi tre anni quasi l’uso di questi farmaci è aumentato tantissimo. Il caso emblematico è quello dell’azitromicina, utilizzato spessissimo all’inizio della pandemia, salvo poi scoprire che non serviva a combatterla in alcun modo.
Questa comunque è l’ennesima dimostrazione che gli antibiotici spesso non solo non servono a nulla, ma possono anzi essere anche nocivi se usati senza un senso logico.