La Juventus non ce l’ha fatta. I bianconeri, dopo la disfatta in trasferta contro il Maccabi Haifa, hanno perso anche contro il Benfica allo stadio Da Luz e sono stati eliminati dalla Champions League. Per Massimiliano Allegri è la prima esclusione dalla fase a gironi da quando allena. Ripercorriamo gli eventi principali dei novanta minuti andati in scena in Portogallo.
Serviva un miracolo alla Juventus e non è arrivato. I torinesi sono fuori dalla Champions League nella maniera più cruda possibile, con un 4-3 rimediato dal Benfica, arrivato dopo la clamorosa sconfitta contro il Maccabi Haifa in Israele. I bianconeri, a un turno dal termine, hanno solo tre punti in classifica e non hanno più possibilità di recuperare. A questo punto, bisognerà solo capire se la Vecchia Signora riuscirà a strappare il pass per l’Europa League o se si piazzerà all’ultimo posto nel girone. Riviviamo gli eventi principali e la cronaca della partita che ha segnato il destino del club di Torino.
Se ti chiami Juventus e senti la musichetta della Champions League, l’imperativo è quello di non mollare mai, di sperare fino alla fine nella rimonta e nella qualificazione al turno successivo. Di credere nella propria forza e nelle proprie possibilità che, chiunque ci sia di fronte, possono superare quelle dell’avversario.
I ragazzi di Allegri si presentano all’appuntamento di stasera con una sola possibilità, quella che è ben radicata nel DNA bianconero: vincere a tutti i costi. Il Benfica, però, non è affatto avversario da sottovalutare, e l’ha già dimostrato a Torino e a Parigi, e la cornice del Da Luz è quella delle grandi occasioni per qualificarsi agli ottavi di finale di Champions League.
Un fischio stridulo dell’arbitro e la partita inizia. Il copione è chiaro: i lusitani gestiscono con grande sicurezza il possesso palla, allargando il gioco da una parte di campo all’altra, dando grande ritmo alla manovra e cercando di accerchiare gli italiani. La Juventus, invece, affronta l’appuntamento con diligenza e senza fretta, aspettando gli avversari e cercando di non stare troppo bassi, ma accettando la manovra avvolgente di Joao Mario e compagni.
Pronti, via e l’atteggiamento non paga per gli uomini di Allegri. Già al 17esimo, Enzo Fernandez sfrutta un bello schema da calcio piazzato dei suoi compagni e mette al centro un cross insidioso. Il primo ad arrivare è il giovanissimo Antonio Silva che di testa batte senza troppi problemi Wojciech Szczesny. In realtà, sono evidenti le colpe di Federico Gatti che non marca mai l’uomo e non chiude in extremis, lasciando tutta la libertà possibile al difensore diciannovenne.
La Juventus, però, non demorde, forse per orgoglio, forse per disperazione. Su calcio piazzato spunta la testa di Danilo che spedisce il pallone sul secondo palo: Dusan Vlahovic ci mette il mancino e in due tempi la sfera arriva dalle parti di Moise Kean che a porta spalancata, da due passi, firma l’1-1. Inizialmente, l’arbitro annulla per fuorigioco, ma dopo un lungo controllo Var viene appurata la posizione regolare di entrambi i componenti della coppia d’attacco bianconeri. E il gol alla fine viene inizialmente assegnato a Vlahovic, ma poi a Kean, dato che la palla non aveva interamente superato la linea di porta. Srdjan Jovanović, il direttore di gara, indica il centro del campo e sembra un nuovo inizio per la Vecchia Signora.
Il Benfica, in realtà, non si fa affatto scalfire dagli eventi in campo. Ricomincia la tela tattica dei lusitani che porta subito i suoi frutti. Un braccio largo di Juan Cuadrado, nonostante l’involontarietà, permette ai padroni di casa di beneficiare di un calcio di rigore. Dal dischetto si presenta Joao Mario e non sbaglia, spiazzando Szczesny con un destro incrociato sotto l’incrocio.
Da qui la partita prende una pessima piega per la Juventus. Il Benfica, sulle ali dell’entusiasmo, gioca un calcio identitario e spumeggiante, mentre i ragazzi di Allegri sembrano un pugile all’angolo ormai incapace di reagire. Ne approfitta Rafa Silva che, con tutta la sua qualità, porta i lusitani sul 3-1 già al 35esimo. Sembra una sentenza sulle residue speranze di qualificazione della Vecchia Signora e probabilmente lo è. A fine primo tempo, la sensazione è che il Benfica abbia uno stile di gioco molto più chiaro e preciso, mentre i bianconeri sono confusi e smarriti, sicuramente frustrati. Pensate che i bianconeri non subivano tre gol in un primo tempo di una partita della massima competizione europea dal 31 gennaio 1968, si trattava di Eintracht Braunschweig-Juventus, poi terminata con il risultato di 3-2.
Il secondo tempo, vede subito un barlume di reazione da parte della Juventus, con l’ingresso di Arkadiusz Milik per Kean e con il solito Filip Kostic, ma il cross dell’esterno serbo viene facilmente controllato dalla difesa portoghese. Poi la partita è un film a senso unico, tutto lusitano – o almeno così pare -. Rabiot e Vlahovic pasticciano, lanciando il contropiede dei padroni di casa: Rafa Silva, imbeccato da Grimaldo, si presenta tutto solo davanti al Szczesny e lo batte con uno scavetto al bacio. Un 4-1 che suona come uno schiaffo dritto in faccia per gli uomini di Allegri e un’umiliazione pesante per una squadra che sembrava uscita dalla crisi dopo le vittorie contro Torino ed Empoli.
Lo psicodramma sportivo bianconero continua, tanto che, a cavallo del 60esimo, Ramos ha ben due occasioni per firmare il 5-1, ma la difesa si salva in extremis. Allegri tenta di svegliare i suoi con due sostituzioni: Alex Sandro e Miretti prendono il posto di Bonucci e Cuadrado. La partita, però, non ha nessuna svolta, almeno per il momento: il Benfica continua a macinare gioco, quasi a fare accademia, mentre la Juventus è rinchiusa nella sua metà campo. Il pressing dei padroni di casa, infatti, non si attenua e mette alle strette i bianconeri, stretti nella loro area, senza riuscire a uscire.
Al 70esimo arriva una doppia sostituzione che sa di bandiera bianca alzata: Soule prende il posto di Vlahovic, Iling-Junior subentra a Kostic. Praticamente due degli uomini più importanti in campo per la Vecchia Signora, richiamati in panchina a venti minuti dal termine, ma in realtà è la mossa che cambia la partita. I ritmi si abbassano, ma le folate del Benfica non mancano: Joao Mario serve un cross al bacio a uno scatenato Rafa Silva, ma il fantasista non riesce a segnare il match point a porta vuota.
Al 77esimo la Juventus prova a rientrare in partita con il più classico mantra del calcio: gol sbagliato, gol segnato. Milik realizza un gran gol in girata su assist di Iling-Junior, all’esordio in Champions League. Al 79esimo succede l’incredibile: Weston McKennie sfrutta un’altra grande discesa di Iling-Junior e dalla mischia esce lo statunitense che gira il pallone in rete. È 4-3 all’improvviso e nel momento in cui nessuno se l’aspettava. E anche l’account ufficiale su Twitter dei bianconeri si lascia andare a uno slancio finale di speranza.
L’inerzia della partita sembra totalmente cambiata con la Juventus che, con i suoi giovani, si proietta nella metà campo del Benfica con tutti gli effettivi, alla ricerca di una rimonta che avrebbe del clamoroso. All’86esimo, però, i lusitani hanno la grande occasione per chiudere del tutto i giochi ma la volata a campo aperto di Rafa Silva termina con il palo pieno. Il fantasista del Benfica viene sostituito tra l’ovazione dei suoi tifosi. La Juventus ha ancora speranze. Siamo già dall’altra parte, infatti, e Iling-Junior mette al centro un altro pallone interessante che Soule non riesce a girare verso la porta. Il Benfica controlla il risultato e gli ospiti devono arrendersi all’evidenza: la Juventus è matematicamente fuori dalla Champions League, già alla fase a gironi.
Le uniche note positive sono rappresentate dal grande ingresso di Iling-Junior in campo, che praticamente da solo ha riaperto la partita, e dalla differenza reti ottenuta rispetto al Maccabi Haifa, in ottica qualificazione all’Europa League e quindi terzo posto. Con il 7-2 del PSG, gli israeliani hanno il valore di -9, mentre i bianconeri sono a -3. Un vantaggio netto che potrebbe fare la differenza, vista la parità negli scontri diretti, che potrebbe contare per il terzo posto. Certo, prima c’è l’ultimo match da affrontare e non è detto che, per forza, Juventus e Maccabi terminino il girone a pari punti. I bianconeri, inoltre, dovranno affrontare un PSG a caccia del primo posto.
Davanti a una sentenza tanto forte, non è possibile evitare di spingersi in un’analisi più approfondita della stagione della Juventus. Di fronte a squadre che giocano un calcio moderno, dai ritmi alti, con un possesso palla cosciente e preciso, forse semplicemente allenato e con un progetto tattico ben preciso, è impossibile non puntare il dito sul lavoro di Allegri.
Il tecnico livornese è un pragmatico, uno che bada al risultato, molto più che alla forma. Di corto muso o no, per lui conta vincere, fare un gol in più dell’avversario. Il problema è che anche i principi tattici che il livornese aveva impresso nel Milan e nella sua prima esperienza a Torino sembrano svaniti.
La difesa è in grande difficoltà, di fronte ad avversari di una certa caratura, per errori dei singoli e di gruppo. E poi sono veramente tanti gli errori in costruzione, anche da parte degli uomini migliori, come Vlahovic o Rabiot, che sembrava in netta crescita nelle ultime uscite. Il tutto si traduce nel malcontento dei tifosi che anche questa sera hanno chiesto a gran voce l’esonero del tecnico bianconero con l’ormai solito #AllegriOut ben lanciato tra i primi risultati in tendenza su Twitter.
Le cinque partite in Champions League giocate dalla Juventus danno una certa sensazione di desolazione, un club che non riconosce più neanche se stesso. Gli attacchi non hanno continuità, sono il risultato di giocate estemporanee dei singoli o di cross laterali che una difesa attenta legge senza patemi. E la spinta dalle fasce sembra mancare o non essere abbinabile a una fase difensiva attenta, sicuramente anche per la carta d’identità dei terzini.
L’unica affermazione bianconera è arrivata in casa contro il Maccabi Haifa contro un club che ha una storia o una rosa di livello decisamente inferiore rispetto ai torinesi. E, in ogni caso, anche in quell’occasione la Vecchia Signora ha sofferto non poco nel finale, prima di chiudere il match. Contro il PSG non è arrivata una brutta figura, ma il livello tecnico dei francesi è parso comunque di tanto superiore.
Un inizio di stagione sportivamente drammatico ha evidenziato tutti i difetti di una Juventus che recupererà Paul Pogba e Federico Chiesa, ma deve farsi delle domande sulla qualità del suo centrocampo e sull’efficacia di alcuni singoli nel gruppo di Allegri. Ma anche sul calciomercato effettuato in estate che non ha portato i cambiamenti sperati. Per fortuna dei bianconeri, c’è la Serie A, dove sono già due le partite vinte di fila, per tentare la rimonta e svoltare la stagione. La Champions League, però, è andata male, senza attenuanti e non è il primo dato da tenere in considerazione per valutare l’operato di Allegri, visto un gioco che non entusiasma proprio nessuno e non dà i suoi frutti. E comunque c’è ancora l’Europa League da conquistare e non è un fattore da sottovalutare.
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