Se Fratelli d’Italia, il partito della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, continua a vele spiegate il suo percorso di crescita, c’è una Lega che è sempre più scontenta, la base come anche i piani alti. Tutto è cambiato da quando Matteo Salvini, il segretario federale da ormai nove anni, ha deciso di fare la sua mossa del cavallo, che gli si è ritorta contro, e con gli interessi.
Numeri crollati a picco, passo ceduto, appunto, a Meloni, superata da MoVimento 5 stelle e, ora, anche dal terzo polo, in una parola: crisi. Crisi di leadership, soprattutto. E quindi un Congresso e un cambio alla guida del Carroccio non sono poi così remoti, lontani. Anche l’ex ministro degli Interni Roberto Maroni, morto qualche giorno fa, aveva messo in dubbio Salvini all’indomani delle elezioni politiche. L’ombra che incombe più delle altre è sicuramente quella di Luca Zaia, il governatore del Veneto, uno dei personaggi politici più amati, ma non è l’unico.
Pare che esistano due versioni di Matteo Salvini, quella pre Papeete e quella post. La prima è sicura di sé, vola nei sondaggi, giorno dopo giorno aumenta la leadership all’interno della Lega e fuori, al governo, la seconda è sì, sempre sicura di sé ma deve fare i conti con il resto: con il fatto che non si è più il primo partito in Italia, con il fatto che mano a mano che si va avanti si perdono posizioni, con Giorgia Meloni, con Mario Draghi, e con un appoggio, da parte dei dirigenti del Carroccio, che non è più così scontato.
Il vaso di Pandora si è aperto del tutto all’indomani delle elezioni politiche del 25 settembre quando, contestualmente, si sono aperte le urne e sono arrivati i primi risultati. Il gradino più basso del podio, seppur minato continuamente dai vecchi alleati del MoVimento 5 stelle anche nel periodo precedente, non è arrivato, ma a preoccupare sono state soprattutto le percentuali ottenute, e il crollo al Nord, il terreno in cui prima non c’erano rivali – e lo dimostrano i governatori in quota Lega che hanno vinto nel corso degli anni.
Ecco, proprio da loro, e in particolare da Luca Zaia, numero uno del Veneto, il Capitano dovrebbe iniziare, per davvero, a guardarsi le spalle. Tra i due non c’è mai stato chissà quale grande rapporto, ma gli ultimi avvenimenti potrebbero aver cambiato le cose quasi irreparabilmente. Del Congresso che si profila all’orizzonte, e di chi potrebbe scendere in campo per provare a prendere il posto del segretario federale, ormai da nove anni, ne parleremo dopo.
Perché se la situazione all’interno del partito non è delle migliori, la causa è da ritrovare anche in quello che succede al di fuori. Dicevamo di Meloni, la prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana. La leader di Fratelli d’Italia ha fatto razzia nel Carroccio, non tanto di uomini, quanto di consensi, e anche nella formazione del suo governo ha rimesso a posto Salvini mettendo il suo ex capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, al Viminale, che è sempre stato la mira principale del leghista. Poi sì, lo ha comunque nominato vicepremier, ma quel ruolo sembra più di facciata che altro.
Nell’esecutivo, ancora, la premier ha voluto Giancarlo Giorgetti, vice del segretario con cui – anche qua – il rapporto non è dei migliori, e lo ha piazzato nella casella più importante (dopo la sua): il ministero dell’Economia e delle Finanze. Anche al G20, per dire, Meloni è andata con il titolare del Mef e non con Salvini (o Antonio Tajani, ma quella è un’altra storia). Insomma, è con le spalle al muro e i sondaggi non aiutano di certo a vedere il bicchiere mezzo pieno.
Se prima delle elezioni, si pensava a un testa a testa con i Cinque stelle, ora il confronto è da fare con il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, e si perde pure su questo fronte.
Alla luce di tutto questo, come abbiamo accennato, non è difficile credere che i vertici della Lega stiano pensando a un rinnovamento della segreteria. Già a livello locale, nelle regioni, nelle province e nei comuni qualche movimento si è iniziato a intravedere, e a Bergamo, per esempio, Salvini ha perso.
L’ombra di Zaia incombe. E il Capitano lo sa. Tanto che, mentre il governatore del Veneto era ospite di Che tempo che fa di Fabio Fazio, il leader del Carroccio ha twittato il suo leit motiv contro il canone Rai e contro il conduttore del programma di Rai 3. Un caso? È possibile. Così come il tweet fosse un segnale tangibile del malcontento del vicepremier, anche perché, di fatto, il futuribile segretario stava esprimendo concetti che non si sposano poi così tanto bene con il credo del Capitano.
Pare, comunque, che Zaia non abbia alcuna intenzione di fare le scarpe a Salvini, piuttosto si candiderebbe per la segreteria spinto solo da quello che vuole il suo partito. Se, poi, non dovesse cedere, in lizza ci sono anche il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e Riccardo Molinari, il capogruppo alla Camera della Lega che proprio il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha voluto alla guida di Montecitorio, preferendogli Lorenzo Fontana. Difficilmente, invece, scenderebbe in campo il suo vice Giorgetti.
Venerdì ci sarà un passaggio chiave con il Consiglio federale convocato proprio da Salvini in cui si discuterà di assise e tesseramento, un modo come un altro, forse, per ragionare del futuro. Intanto lui caccia via tutti i segnali di crisi e ai suoi parlamentari, proprio ieri, ha detto che “c’è entusiasmo, i militanti sono contenti e la Lega è in crescita“. Parole che, però, non corrispondono ai fatti e queste sì, suonano un po’ bugiarde.
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