Procede il processo ad Alessia Pifferi, la donna imputata per aver lasciato morire di stenti la figlia di 16 mesi l’estate scorsa. Oggi la sua legale ha presentato i risultati di nuovi accertamenti fatti sulla sua assistita, da cui risulterebbe un grave ritardo mentale, con un quoziente d’intelligenza pari a quello di una bambina di 7 anni, secondo l’avvocato. Una settimana fa, il Tribunale di Milano aveva rigettato l’istanza di perizia psichiatrica richiesta dalla difesa, ritenendo la donna in grado di sostenere il processo.
Oggi al termine dell’udienza del processo che vede protagonista Alessia Pifferi, la donna accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia di pochi mesi, il suo legale a presentato i risultati degli ultimi accertamenti medici eseguiti nel carcere di San Vittore dove l’imputata è incarcerata. Stando alla perizia, la donna avrebbe un quoziente intellettivo pari a quello di una bambina di sette anni. L’avvocato ha quindi proseguito depositando documenti che lasciano supporre una perizia psichiatrica per valutare la sua capacità al momento dei fatti di intendere e di volere. La figlia Diana è morta a 16 mesi tra il 14 e il 20 luglio 2022 dopo essere stata lasciata a casa da sola dalla madre per 6 giorni, senza sufficiente acqua o cibo.
Alessia Pontenani, nuovo legale di Alessia Pifferi, ha presentato oggi durante un’udienza del processo alla sua assistita, degli accertamenti medici dai quali si mostrerebbe un ritardo mentale della donna. “I miei consulenti, il mio psichiatra hanno detto che la signora ha il quoziente intellettivo di una bambina di sette anni. Hanno lasciato in mano una bambina a un’altra bambina” ha dichiarato Pontenani.
“Ha un grave ritardo mentale, ha un quoziente intellettivo di quaranta. Era circondata da persone che non si sono rese conto di quello che stava accadendo e lei non è stata in grado di gestire sua figlia che ora le manca. È disperata perché lei non c’è” ha quindi concluso, depositando i documenti che vanno nella direzione della richiesta di perizia psichiatrica per valutare la presunta incapacità di intendere e di volere della sua cliente al momento dei fatti.
La Corte d’Assise di Milano deciderà al termine dell’istruttoria dibattimentale se concedere una perizia per valutarne le condizioni psichiche al momento del reato. L’8 maggio scorso, il Tribunale aveva rigettato proprio la richiesta della difesa in merito, ritenendo l’imputata in grado di sostenere il processo, come richiesto dall’accusa, ovvero i pm Rosaria Stagnaro e Francesco De Tommasi.
“Neanche se fosse accettato” – aveva spiegato De Tommasi riguardo un possibile deficit psichiatrico – “potrebbe costituire un elemento per escludere la capacità di partecipare al processo. Oggi per la prima volta viene chiesta una perizia di questo tipo, ma non esiste documentazione da cui desumere problematiche di carattere mentale. La struttura carceraria dice che ha acquisito consapevolezza dell’accaduto e viene descritta come una persona lucida, presente a se stessa”. La prossima udienza del processo ad Alessia Pifferi si terrà il 23 maggio.
Una morte che aveva sconvolto l’Italia intera, quella della piccola Diana, morta di stenti a soli 16 mesi dopo essere rimasta in casa da sola per 6 giorni. Ad ucciderla, la disidratazione e anche le alte temperature dell’appartamento in cui è stata lasciata.
La terribile scoperta il 20 luglio 2022, al rientro da sei giorni passati con il nuovo compagno dalla madre, la 37enne Alessia Pifferi. Accanto al cadavere della bambina, un biberon e una boccetta di En, uno psicofarmaco.
Stando alle prime ricostruzioni, Pifferi avrebbe dichiarato agli agenti della Squadra Mobile: “Sapevo che poteva andare così”. Inoltre, nei giorni precedenti, dopo essersi recata dal suo nuovo compagno in provincia di Bergamo, sarebbe ritornata a Milano, ma senza passare da casa per controllare le condizioni della figlia.
Stando all’autopsia effettuata dal medico legale, Diana sarebbe morta uno o due giorni prima del ritorno della madre a casa. Una tragedia che ha toccato profondamente l’Italia, inclusa la madre e la sorella dell’imputata, che si sono costituite parte civile contro di lei e chiedono che subisca una pena severa.
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