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Prima di essere una delle canzoni più belle di Sanremo 2018, La leggenda di Cristalda e Pizzomunno è una storia antica il cui significato è legato a Vieste, la città pugliese ‘perla del Gargano’. Il testo, che Max Gazzè ha concepito come fosse una sorta di composizione sinfonica, raffinata e metricamente perfetta, si ispira alla storia romantica e drammatica di due giovani del posto, il pescatore Pizzomunno e la dolce Cristalda che, per gelosia delle sirene, videro il loro amore finire tragicamente.
Il brano portato al 68° Festival della Canzone Italiana dal cantautore romano si ispira, dunque, ad una leggenda pugliese molto suggestiva, leggenda in cui non mancano amore, dramma e sortilegi, e che vale la pena raccontare brevemente.
Tu che ora / Non temi, / Il canto… / Quel coro ammaliante / Che irrompe alla mente / E per quanto / Mulini / Le braccia / oramai / Non potrai / Far più niente.
Questo l’incipit del testo di Max Gazzè, che introduce la storia dei due giovani innamorati che, come spesso accade per le leggende popolari, ha due versioni: quella più accreditata ha come portagonisti il pescatore più bello del borgo, Pizzomunno, la giovane Cristalda e le (temibili) sirene.
Pizzomunno era una giovane pescatore bello e corteggiato da tutte le donne del borgo ma lui, dpo aver conosciuto la dolce Cristalda, la giovane più bella del villaggio, aveva occhi solo per lei. I due si erano innamorati in riva al mare e proprio lì s’incontravano per amoreggiare.
Le sirene, innamorate a loro volta del bel pescatore, cercavano di attirarlo con le loro lusinghe ogni volta che il giovane usciva per pescare; ma Pizzomunno non cedeva mai, neppure di fronte alla proposta di diventare il re del mare e loro – le sirene – sue schiave: lui no, perché il suo amore era solo per lei, per Cristalda.
Quel rifiuto causò l’ira tremenda delle sirene le quali, mentre una sera i due erano in spiaggia, emersero dagli abissi per rapire la giovane, trascinandola in catene in mare con loro. E così Pizzomunno si pietrificò per il dolore, trasformandosi in un enorme e bianchissimo faraglione che, ancora oggi, domina la spiaggia di Vieste. Il suo nome è Pizzomunno, in ricordo del giovane, e sfortunato, pescatore.
La storia è molto triste, ma come ogni leggenda che si rispetti anche quella di Cristalda e Pizzomunno (per il cui testo Max Gazzè ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Vieste) ha un epilogo romantico e assai suggestivo: ogni cento anni, esattamente il 15 di agosto, il maleficio si spezza e i due, solo per una notte, tornano a rinnovare il loro amore: Cristalda emerge dalle acque e Pizzomunno riprende le sembianze umane.
Come detto poc’anzi, La leggenda di Cristalda e Pizzomunno ha anche un’altra versione, simile, per significato, a quella principale. Secondo questa versione la giovane era un sirena che, innamorata (ricambiata) di Pizzomunno, suscitò la gelosia della sorelle le quali, indispettite per questo amore, trasformarono il giovane in una roccia. Il finale, anche in questo caso, è lo stesso: Si dice che adesso, / E non sia leggenda, / In un’alba / D’agosto / La bella Cristalda / Risalga / Dall’onda / A vivere / ancora / Una storia / Stupenda.
[didascalia fornitore=”altro”]Il ‘Pizzomunno’ sulla spiaggia di Vieste[/didascalia]
Di questa storia popolare, dunque, la leggenda di Cristalda e Pizzomunno, rimane un enorme monolite, una roccia alta 25 metri diventata per la gente del posto, e per le migliaia di turisti che, ogni anno affollano le spiagge di Vieste, il simbolo dell’amore assoluto. Al di là di tutte le leggende (e quella cantata da Gazzè a Sanremo ne è – forse – l’esempio più poetico e raffinato), il faraglione del Pizzomunno continua a suscitare fascino e romanticismo, tanto da diventare luogo prediletto degli innamorati che, proprio qui, scelgono di trascorrere le loro serate più tenere.
Il brano che Max Gazzè ha portato sul palco dell’Ariston per il 68° Festival di Sanremo è di Francesco Gazzé, Max Gazzé e Francesco De Beneditti. E’ stato concepito, come ha spiegato lo stesso cantautore, come una poesia, come un testo poetico dal forte impatto emotivo grazie ad una magnifica orchestrazione sinfonica. Ecco, qui di seguito, il testo per intero:
Tu che ora
Non temi,
Il canto…
Quel coro ammaliante
Che irrompe alla mente
E per quanto
Mulini
Le braccia oramai
Non potrai
Far più niente.
Ma se ti rilassi
E abbandoni
Il tuo viso
A un lunghissimo
Sonno,
O mio Pizzomunno,
Tu guarda
Quell’onda
Beffarda
Che affonda
Il tuo amore indifeso.
Io ti resterò
Per la vita fedele
E se fossero
Pochi, anche altri cent’anni!
Così addolcirai gli inganni
Delle tue sirene…
Cristalda era bella
E lui da lontano
Poteva vederla
Ancora così
Con la mano
Protesa
E forse una lacrima scesa
Nel vento.
Fu solo un momento,
Poi lui sparì
Al largo
E lei in casa cantando…
Neppure il sospetto
Che intanto
Da sotto
La loro vendetta
Ed il loro lamento!
Perché poveretta
Già avevano in cuore
I muscoli tesi
Del bel pescatore,
E all’ennesimo
Suo rifiuto
Un giorno fu punito!
Ma io ti aspetterò…
Io ti aspetterò,
Fosse anche per cent’anni aspetterò…
Fosse anche per cent’anni!
E allora dal mare
Salirono insieme
Alle spiagge
Di Vieste
Malvage
Sirene…
Qualcuno le ha viste
Portare
Nel fondo
Cristalda in catene.
E quando
Le urla
Raggiunsero il cielo,
Lui impazzì davvero
Provando
A salvarla,
Perché più non c’era…
E quell’ira
Accecante
Lo fermò per sempre.
E così la gente
Lo ammira
Da allora,
Gigante
Di bianco calcare
Che aspetta tuttora
Il suo amore
Rapito
E mai più tornato!
Ma io ti aspetterò…
Fosse anche per cent’anni aspetterò…
Fosse anche per cent’anni aspetterò…
Fosse anche per cent’anni!
Io ti aspetterò
Fosse anche per cent’anni!
Si dice che adesso,
E non sia leggenda,
In un’alba
D’agosto
La bella Cristalda
Risalga
Dall’onda
A vivere ancora
Una storia
Stupenda.
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