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La mafia più potente, ricca e pericolosa: la classifica italiana

Qual è la mafia più pericolosa in Italia? La più forte, la più ricca, quella con maggiori ramificazioni nella politica e nella pubblica amministrazione? Per scoprirlo dobbiamo incrociare i dati diffusi dalle autorità, tenendo presente che si tratta di stime spesso ottenute per difetto dalle dichiarazioni dei pentiti e da proiezioni probabilistiche.
Testi a cura di Lorena Cacace, Francesco Minardi e Mauro Di Gregorio

Parlando di mafia, anzi di mafie, dobbiamo poi tenere a mente almeno due punti fermi.
La mafia non esiste più perché le stragi sono finite: nulla di più falso. La potenza e la sicurezza di un’organizzazione criminale di stampo mafioso è inversamente proporzionale alla sua propensione all’utilizzo della violenza. Per dirla in parole semplici, più una mafia spara e meno si sente forte. Al contrario, omicidi e intimidazioni sono un modo per riaffermare una potenza messa in discussione. Quando invece gli affari vanno a gonfie vele, le mafie si insabbiano e le pistole tacciono.
La mafia è nemica dello Stato: no, affatto. La mafia non è l’antistato, come viene spesso definita. La mafia è un potere che storicamente ha sempre cercato alleanze con altri poteri: Stato, Governo, Magistratura, Chiesa, Informazione, Finanza, Massoneria e chi più ne ha più ne metta. La mafia non si è mai posta in antitesi allo Stato, come hanno fatto per esempio le Brigate Rosse, altrimenti sarebbe stata spazzata via da mere operazioni di polizia. I padrini piuttosto hanno preferito corrompere, comprare, ammorbidire, avvicinare, blandire, sedurre il Potere, per piegarlo ai propri fini. Le stragi eccellenti che hanno sconvolto l’opinione pubblica negli anni passati sono state eccezioni dirompenti di un potere che si è sentito aggredito dallo Stato. Ricordiamo poi che occasionalmente lo Stato favorisce la mafia, più o meno consapevolmente, con leggi scellerate o a causa della sua inerzia nel contrastare drammi sociali come la disoccupazione.
Di seguito un approfondito confronto fra le principali organizzazioni mafiose italiane, con ricchezza di dati e attenzione ad alcuni parametri fondamentali: potere economico e militare, ramificazione sul territorio nazionale, presenza all’estero e rapporti con le altre mafie italiane e straniere.
 
‘NDRANGHETA

Con il termine ‘ndrangheta si indica la criminalità organizzata originaria della Calabria. Inserita dal 2009 nella black list del Dipartimento di Stato Americano come una delle più pericolose organizzazioni criminali al mondo, la ‘ndrangheta è forse la meno conosciuta delle mafie italiane, di certo la meno mediatica. È proprio questa la sua forza, il silenzio. Non è solo l’omertà ma il sapere agire senza mai dare troppo nell’occhio, strisciando nel sottobosco della criminalità.

POTERE ECONOMICO
Il potere economico della ‘ndrangheta è enorme. Stiamo parlando di un vero e proprio impero che ha solide basi nelle terre calabrese e si espande in tutti i continenti. Lo studio più approfondito sulla ricchezza delle ‘ndrine è quello dell’Eurispes del 2008 che stimò un giro d’affari di 44 miliardi di euro annui con un fatturato pari al 2,9 percento del PIl nazionale, più dell’economia dell’Estonia (13,2 miliardi di euro) e della Slovenia (30,4 miliardi di euro).
Il cuore del potere economico della ‘ndrangheta è lo spaccio di droga, in particolare di cocaina, di cui detiene una sorta di primato mondiale, condiviso con i maggiori cartelli colombiani e messicani. A seguire, troviamo gli appalti pubblici, la prostituzione, l’usura e l’estorsione e infine il traffico d’armi.
Altro tassello su cui la ‘ndrangheta ha costruito il suo impero economico criminale è il riciclaggio di denaro sporco, attività che pratica anche per altre associazioni criminali.
In forte crescita è anche la presenza nel mondo del gioco d’azzardo, compreso l’online (l’operazione Gambling disposta dalla procura di Reggio Calabria nel luglio 2015 ha portato al sequestro 11 società estere, 45 su tutto il territorio nazionale, oltre1500 punti commerciali per la raccolta di giocate, 88 siti nazionali e internazionali di “gambling on line”, nonché di innumerevoli immobili, il tutto per un valore stimato pari a circa 2 miliardi di euro – dati rapporto 1° semestre 2015 D.I.A.).
Altro settore in cui la ‘ndrangheta è molto presente è il contrabbando di gasolio e di merce contraffatta che proviene per lo più dalla Cina e che porta al reato di frodi fiscali, attraverso l’uso e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Come scrivono gli inquirenti, la forza delle ‘ndrine è la “capacità di cogliere le opportunità dei mercati stranieri, leciti, in chiave di riciclaggio, e illeciti“. La loro presenza è rilevabile in tutti gli ambiti, “sia quelli più specificamente criminali – dal traffico internazionale di stupefacenti e delle armi all’attività estorsiva, praticata con modalità diverse e sempre più sofisticate – che quelli apparentemente relativi all’economia legale, dagli appalti pubblici alle attività imprenditoriali, nel settori del commercio, dei trasporti, dell’edilizia ed in quello di giochi e scommesse, soprattutto on line“.
Un vero e proprio impero che continua a prosperare, nonostante l’incessante attività degli inquirenti e delle forze dell’ordine che, solo nel 2015, hanno sequestrato e confiscato alla ‘ndrangheta beni per un valore complessivo di 49,7 milioni di euro (dati rapporto 1° semestre 2015 D.I.A.).

POTERE MILITARE
La ‘ndrangheta dispone di un “apparato militare con uomini e armi di ogni tipologia“, si legge nel rapporto della D.I.A. Il potere militare delle ‘ndrine è garantito dalla struttura piramidale che garantisce un controllo assoluto del territorio anche se lontano dalla zona d’origine.
In Calabria esiste il vertice di tutto, la “Provincia” o “Crimine” che suddivide il potere su base territoriale tramite le “Locali” e su base familiare tramite le “‘ndrine“. Ciò comporta per esempio che la zona di Reggio ha una sua “Crimine” che riunisce le tre macro aeree in cui è divisa (città di Reggio e zone limitrofe, il versante tirrenico – detto “la Piana” – e la fascia ionica – detta “la Montagna”) che a sua volta comanda sul territorio dividendosi per zone di competenza e famiglie.
La forza della ‘ndrangheta sta anche nella capacità di replicare il modello al di fuori della zona d’origine, persino all’estero, come una vera e propria colonizzazione, come la definisce il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.
A questo si aggiunge una disponibilità quasi illimitata di armi di ogni genere, dalla pistola ai fucili, passando per gli ordigni e le armi automatiche da guerra. Questo perché uno dei settori forti della ‘ndrangheta è proprio il traffico d’armi che usa la rotta dei Balcani (la stessa usata per il traffico di migranti e di marijuana): il rapporto Eurispes indica in circa 3 miliardi il giro d’affari delle armi ‘ndranghetiste.

NUMERO DI OMICIDI
Gli omicidi firmati dalla ‘ndrangheta sono in netto calo, come si vede dagli ultimi numeri: 13 gli omicidi e 28 i tentati omicidi nel primo semestre 2015 (dati D.C.P.C. – Ministero dell’Interno).
Questo non significa che la ‘ndrangheta sia meno pericolosa, tutt’altro. Pur continuando a perseguire i suoi obiettivi criminali anche con l’uso della violenza, la criminalità calabrese preferisce agire in silenzio, puntando al vero potere, quello economico e politico.
Sono così aumentati rispetto all’anno precedente i delitti legati al riciclaggio e quelli del traffico di stupefacenti; in leggera diminuzione le estorsioni e le rapine. La ‘ndrangheta agisce senza clamore, usa la violenza solo se necessario perché quello che più conta è continuare a fare affari.

RAMIFICAZIONI SUL TERRITORIO NAZIONALE
La ‘ndrangheta è presente quasi ovunque in Italia, dove le cosche hanno ramificazioni su tutto il territorio nazionale. Si sbaglia a pensare alla ‘ndrangheta come un fenomeno relegato alla Calabria: grazie a quella capacità di “colonizzazione”, di cui abbiamo già parlato, è in grado di infilarsi ovunque a livello geografico e a livello sociale con un processo che gli inquirenti definiscono “infiltrazione silenziosa“.
Nella relazione della DIA si legge che la ‘ndrangheta ha una presenza “sempre più massiccia ed incisiva, sia quantitativamente che qualitativamente, in praticamente tutte le regioni del Centro-Nord“. Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio sono regioni tradizionalmente soggette al fenomeno ‘ndraghetista; a loro si aggiungono “cellule solidamente impiantate” in Liguria, Umbria, Veneto e Marche.
Particolare è il caso della Lombardia dove gli inquirenti parlano di radicamento e non di semplice infiltrazione, grazie alla presenza di una “borghesia mafiosa” che comprende tutte le categorie professionali, compresi avvocati, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine. Questa capacità pervasiva della ‘ndrangheta è particolarmente evidente nel condizionamento della politica locale con cui ha contatti quotidiani perché “mantiene il controllo del consenso” tramite la presenza nella realtà economica sia con “uomini di fiducia” sia con veri affiliati che gestiscono gli appalti pubblici.
È un circolo vizioso difficile da spezzare. Per capire il grado di penetrazione in lombardia, ricordiamo che nella ricca Brianza, precisamente a Castello di Brianza, in provincia di Lecco, il 12 aprile 2014 per la prima volta è stato documentata un’affiliazione, con tanto di dote della “santa”, alla presenza del capo locale di Giffone, in provincia di Reggio.

PRESENZA ALL’ESTERO
La ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale italiana più internazionalizzata e non solo per i rapporti con gli omologhi esteri. La ramificazione si estende ben al di dà del territorio italiano grazie al ruolo centrale nel traffico internazionale di stupefacenti che ha portato a un rapporto quasi esclusivo con i cartelli colombiani e messicani. I narcos continuano a lavorare con gli ‘ndraghetisti perché sono affidabili e pagano con regolarità. Sono la porta d’ingresso della cocaina in Europa dal Sudamerica, grazie al controllo e alla presenza nei porti di Gioia Tauro in Italia e in quelli di Valencia in Spagna e Rotterdam in Olanda.
In Europa è la Germania il paese a più alto tasso di infiltrazione, seguito da Olanda e Spagna; confermata la presenza di cellule anche in Austria e in Svizzera. In aumento anche la presenza in Europa dell’Est, specie lungo la rotta dei Balcani.
L’America è l’altro punto di snodo della presenza della ‘ndrangheta: Canada, Stati Uniti (le indagini dimostrano che, oltre ai collegamenti tra criminalità newyorchese e mafia – Old Bridge – si sono affiancati quelli con la cosche calabresi – New Bridge), Brasile, Colombia, quasi tutto il Centro America fino alle Antille francesi e ai paradisi fiscali (dove il riciclaggio è all’ordine del giorno). Accertata la presenza anche in Australia, nelle zone ad alta immigrazione italiana.

RAPPORTI CON LE ALTRE MAFIE ITALIANE
La ‘ndrangheta ha buoni rapporti con le altre mafie italiane. Storicamente, le associazioni criminali nostrane tendono a non sovrapporsi e si dividono i territori e gli ambiti di attività. Il ruolo centrale delle cosche calabresi nel mercato della droga ha creato una sorta di rapporto persino con camorra e mafia che spesso si riforniscono da loro, in particolare per la cocaina. La ‘ndrangheta, scrivono gli inquirenti, “ha assunto il ruolo di grande fornitore – sia a livello italiano che europeo – di tale prodotto“. A riprova di ciò, solo nel porto di Gioia Tauro negli ultimi 3 anni sono state sequestrate 3 tonnellate di cocaina purissima.
Per il resto, la solidità dei rapporti interni alle ‘ndrine è granitica. La migliore definizione arriva dalle motivazioni della sentenza del processo “Meta” del 9 dicembre 2014: “È emersa l’unitarietà della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso. Non più dunque un insieme di cosche, famiglie o ‘ndrine, tra loro scoordinate e scollegate […] La ‘ndrangheta si presenta come un’organizzazione di tipo mafioso segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, con una formazione, in definitiva e come detto in precedenza, definibile a grappolo“.

RAPPORTI CON LE ORGANIZZAZIONI MAFIOSE ESTERE
Ottimi anche i rapporti della ‘ndrangheta con le altre organizzazioni mafiose estere. In particolare, le cosche fanno da tempo ottimi affari con i cartelli della droga colombiani e messicani che si rivolgono a loro per fare entrare la droga in Europa perché li ritengono affidabili, sicuri e buoni pagatori. Buoni anche i rapporti con le mafie dell’Europa dell’Est, con cui trattano per lo spaccio delle droghe leggere (la marijuana arriva dalla rotta dei Balcani), per la tratta di migranti (in cui le cosche hanno un ruolo sempre più forte) e per il traffico d’armi e la prostituzione. I rapporti delle ‘ndrine sono estesi anche all’Estremo Oriente, in particolare con la Cina: tramite la mafia cinese, si occupano delle merci contraffatte e del traffico di gasolio illegale.

I PENTITI
Ciò che rende così difficile la lotta alla ‘ndrangheta è la solidità dei legami interni al clan, basati su rapporti di famiglia e culturalmente difficilissimi da spezzare. A differenza delle altre mafie italiane, le ‘ndrine contano pochi collaboratori di giustizia, anche se qualcosa sta cambiando. Gli ultimi dati della relazione del Servizio Centrale indicano su un totale di 1140 in 126 i collaboratori di giustizia della ‘ndrangheta e 25 i testimoni di giustizia, numeri che però sono in aumento negli ultimi anni, segno che qualcosa si sta muovendo anche all’interno delle famiglie criminali calabresi. In particolare, sottolinea la relazione della DIA, aumenta il numero delle donne che decidono di collaborare con la giustizia: è il caso di Giuseppina Pesce, figlia del boss di Rosarno Salvatore Pesce, che con le sue rivelazioni ha colpito una delle cosche storiche.
 
COSA NOSTRA

La parola “mafia”, oltre a identificare genericamente la criminalità organizzata di stampo mafioso, nel linguaggio comune viene spesso utilizzata per indicare Cosa Nostra. Cosa Nostra è la mafia di origine siciliana, l’organizzazione presente e attiva soprattutto nella Sicilia occidentale, che nel corso degli anni si è diffusa in Italia e nel mondo. In particolare negli Stati Uniti, dove Cosa Nostra americana è nata dopo l’immigrazione di mafiosi siciliani nella seconda metà dell’Ottocento. Cosa Nostra è la mafia dei Totò Riina, dei Provenzano, del super latitante Messina Denaro. La mafia del film Il padrino. Nell’immaginario collettivo, complici letteratura e film, Cosa Nostra è la mafia per antonomasia. Nella realtà dei fatti negli ultimi anni ha perso terreno. La stratega del terrore innescata dai corleonesi a partire dagli Anni ’80 e culminata col massacro dei giudici Falcone e Borsellino ha innescato una reazione violentissima da parte dello Stato, che ha tagliato la testa alla dirigenza corleonese. Altre mafie, soprattutto la ‘Ndrangheta se ne sono avvantaggiate. Cosa Nostra tuttavia fa ancora paura ed è capace di architettare piani mortiferi destinati a colpire magistrati e alti funzionari dello stato.

POTERE ECONOMICO
Quantificare esattamente il fatturato di Cosa Nostra, così come per tutte le mafie, è difficile. Secondo lo studio Transcrime, finanziato dal Pon (Programma Operativo Nazionale Sicurezza), nel 2013 Cosa Nostra ha prodotto una ricchezza di 1,8 miliardi, frutto di attività illecite come estorsione (44,6% dei profitti) e droga (23,4%). Secondo la Relazione 2015 della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, tra le attività economiche predilette dall’organizzazione ci sono il traffico di stupefacenti, la gestione dei giochi, sia di natura legale che illegale. Ancora estremamente diffusa è l’imposizione del “pizzo” alle attività commerciali e alle imprese. Molto significativa è l’infiltrazione degli affiliati in ogni settore dell’attività economica e finanziaria, che consente il riciclaggio di denaro sporco, e nella Pubblica Amministrazione, in particolare nell’ambito degli Enti Locali. Cosa Nostra esercita inoltre in molte attività economiche in apparenza lecite, attraverso l’uso di prestanome, escludendo di fatto dal mercato le aziende oneste.

POTERE MILITARE
Cosa Nostra, secondo dati del 2013, ha un esercito di più di 2mila persone solo a Palermo, da sempre la “capitale” mafiosa. Palermo rimane il luogo in cui l’organizzazione esprime al massimo la propria vitalità sia sul piano decisionale che operativo. L’esercito nel capoluogo siciliano è composto da 2366 persone, articolate in 15 mandamenti: otto in città e sette in provincia. Il clan più numeroso è quello di San Lorenzo (322 affiliati), seguito da Brancaccio (313) e Porta Nuova (245). Cosa Nostra è ovviamente diffusa nel resto delle province siciliane con varie cosche. Tra esse vige generalmente uno stato di non belligeranza, che permette di gestire in tranquillità gli affari senza attirare l’attenzione.
Secondo la Relazione 2015 l’organizzazione versa in una situazione di crisi a causa di arresti e dell’attività investigativa. Dalla cattura di Provenzano in poi la mafia vive una fase di transizione in attesa della scelta di una nuova leadership, di nuovi schemi organizzativi e di nuove strategie operative. Il potere militare di Cosa Nostra resta tuttavia forte grazie alle tradizionali gerarchie (con a capo la “famiglia”) e al ricorso delle tradizionali regole che si tramandano dagli anziani ai “picciotti”. “Sulla scorta di questo meccanismo – sottolinea la Relazione 2015 – si può valutare la capacità di Cosa Nostra di ristrutturarsi e di riorganizzarsi, mantenendo intatte la sua vitalità e la sua estrema pericolosità ed in tal senso non ci si può illudere sul fatto che lo Stato, approfittando della sua momentanea debolezza, possa più agevolmente e definitivamente sconfiggerla”.

NUMERO DI OMICIDI
Nel primo semestre 2015 (dati Ministero dell’Interno) gli omicidi di Cosa Nostra sono stati 24. I tentati omicidi sono stati invece 63. In diminuzione rispetto al semestre precedente, quando erano stati rispettivamente 27 e 80. Il numero degli omicidi ovviamente non rappresenta il reale grado di spietatezza di una mafia: meno persone vengono uccise, meno attenzione mediatica e istituzionale si attira, più possono essere coltivati in pace gli affari. Nel semestre in questione sono ad esempio aumentati usura, estorsioni e traffico di droga.

RAMIFICAZIONI SUL TERRITORIO NAZIONALE
La mafia siciliana è ramificata in tutta Italia, in particolare nel Centro-Nord dove si infiltra nelle attività economiche per riciclare i proventi illeciti. Secondo la relazione del ministro dell’Interno sull’attività della Direzione Investigativa Antimafia nel 2015, Cosa Nostra è molto attiva in Lombardia (infiltrazione nelle imprese economiche ai fini del riciclaggio, specie quelle edilizie; appalti; corruzione; infiltrazione nel settore delle energie rinnovabili, sia per riciclare che per avere finanziamenti pubblici); Piemonte e Valle d’Aosta (molto diffuso il fenomeno dei mafiosi siciliani in trasferta per rapine); Liguria (narcotraffico internazionale grazie ai porti); Lazio (spartizione del territorio con la criminalità locale; estorsione in particolare alle attività turistiche del litorale romano e del Basso Lazio); Emilia Romagna (infiltrate nell’economia in particolare le famiglie palermitane, nissene e catanesi); Toscana (infiltrazioni nei vari settori dell’imprenditoria locale).

PRESENZA ALL’ESTERO
La stessa relazione del ministro dell’Interno mette in luce la connotazione transazionale di Cosa Nostra, che si manifesta nell’infiltrazione dei mafiosi in attività economiche apparentemente lecite. Attività proficua e redditizia è il traffico di droga internazionale, con la complicità di altre mafie italiane e straniere. Cosa Nostra, inoltre, negli ultimi anni tende a investire nei Paesi in via di sviluppo o in fase di ristrutturazione post bellica, in quelli dalla legislazione meno rigorosa per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata o con regimi fiscali più favorevoli.

RAPPORTI CON LE ALTRE MAFIE ITALIANE
L’attività investigativa ha confermato come, negli affari che le legano alla mafia americana come il traffico di droga, le famiglie di Cosa Nostra siano affiancate dalle principali cosche calabresi (in particolare del mandamento ionico reggino). Il clan Santapaola collabora con la criminalità organizzata pugliese nel narcotraffico proveniente da Est. Generalmente i casi in cui le cosche siciliane collaborano con i gruppi calabresi, campani e pugliesi sono tanti. Alle mafie, infatti, non conviene farsi la guerra ma stringere buoni rapporti negli affari.

RAPPORTI CON LE ORGANIZZAZIONI MAFIOSE ESTERE
Cosa Nostra collabora con diverse mafie straniere soprattutto per la gestione del narcotraffico internazionale. Ad esempio con quelle dell’Est (per le partite di droga che arrivano in Puglia) e con quelle sudamericane (per le tratte atlantiche). Resta ovviamente stretto il legame alla mafia italo-americana. Negli ultimi anni si è rafforzato il legame tra mafia palermitana e mafia nigeriana nel controllo della droga.

I PENTITI
La Relazione 2015 ha confermato il grande contributo offerto dai collaboratori di giustizia, nell’ultimo anno cresciuti per numero e rilevanza. I pentiti hanno consentito di far luce su tante vicende e “tagliare” tante teste. I “traditori”, insieme ai magistrati, restano sempre nel mirino delle cosche. Dopo un periodo a inizio millennio in cui queste cercavano di “recuperare il figliol prodigo” senza ricorrere all’uso delle armi, negli ultimi anni le cose sono cambiate a favore della strategia della vendetta. Tra i nemici principali di Cosa Nostra due tra i più importanti pentiti, Gaspare Spatuzza (che ha fatto riaprire le indagini sulle stagioni delle stragi) e Nino Giuffrè (che mise nei guai i corleonesi). Nonostante l’affidabilità degli affiliati di Cosa Nostra non sia altissima (pensiamo al numero dei pentiti), la Relazione 2015 sottolinea che resta “un’organizzazione solida, fortemente strutturata nel territorio, riconosciuta per autorevolezza da vasti strati della popolazione, dotata ancora di risorse economiche sconfinate ed intatte e dunque più che mai in grado di esercitare un forte controllo sociale ed una presenza diffusa e pervasiva”.
 
SACRA CORONA UNITA

Con la Sacra Corona Unita si indica generalmente la mafia di origine pugliese. Eppure, secondo la Relazione 2015 della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, i clan pugliesi sono talmente variegati, che risulta “del tutto inappropriata l’identificazione dell’associazione mafiosa comunemente nota come Sacra Corona Unita con tutta la criminalità di tipo mafioso operante sul territorio della regione”. La criminalità pugliese si divide tra le varie province dove spiccano la Camorra Barese, la Società Foggiana (in forte espansione, come spieghiamo in seguito) e la mafia salentina (secondo i magistrati la tradizionale Sacra Corona Unita). Ma non bisogna dimenticare la Basilicata: i gruppi mafiosi, grazie alla vicinanza della regione a Campania, Calabria e Puglia, hanno infestato le province lucane di Matera e Potenza.

POTERE ECONOMICO
Secondo i dati forniti dall’Eurispes, la “quarta mafia” ha avuto un giro d’affari di circa 2 miliardi e mezzo di euro nel 2012. 878 milioni di euro sono arrivati dal traffico di stupefacenti, 775 milioni dalla prostituzione, 516 milioni dal traffico di armi e 351 milioni dall’estorsione e dall’usura. Le attività principali restano l’infiltrazione in imprese economiche, l’usura, il traffico di droga (in particolare eroina e marijuana) e merci contraffatte dai paesi balcanici (porti di Bari e Brindisi) e dal sud-est asiatico (porto di Taranto). Il rapporto della DIA sottolinea inoltre la capacità dell’organizzazione di avviare, in Italia e all’estero, “fiorenti attività di raccolta, anche online, di scommesse abusive, distribuzione e imposizione di appalti e apparecchiature da intrattenimento”.

POTERE MILITARE
La Sacra Corona Unita (secondo un’inchiesta del Corriere della sera) è divisa in 47 clan e composta da circa 1.500 affiliati. L’organizzazione è orizzontale, con tanti gruppi legati alla provincia e al territorio di origine. Tra essi vige una sorta di pax armata. Quasi sempre spiega la Relazione 2015, i conflitti vengono infatti risolti “in modo incruento, sia per effetto della consapevolezza che le manifestazioni eclatanti di contrasti sul territorio possono produrre l’effetto di far risvegliare la collettività sociale da quella sorta di oblio o sottovalutazione della pericolosità delle organizzazioni criminali”, sia “per l’inesistenza, nell’attuale situazione, di gruppi talmente forti ed organizzati che possano aspirare, ove anche lo volessero, all’egemonia sugli altri”.
Menzione particolare merita la mafia foggiana, molto forte e radicata nel territorio. Seconda la Relazione 2015, la sua forza sta nell’impenetrabilità, che rende il lavoro degli investigatori arduo. Dimostrazione è l’alto numero di omicidi e “lupare” bianche ancora irrisolti. Le motivazioni stanno nella morfologia del territorio, impervio e impossibile da controllare attraverso uomini e tecnologia; la spietatezza dei mafiosi che ha messo la “popolazione in una condizione di totale assoggettamento e un conseguente atteggiamento di omertà, persino da parte delle stesse vittime”; la quasi totale mancanza di collaboratori (ci torneremo tra poco). Non bisogna però pensare a una mafia arcaica e rozza: la mafia foggiana è l’organizzazione criminale pugliese più vicina alla cosiddetta “Mafia degli affari”.
Forte e ben visibile alla popolazione (rispetto agli altri gruppi che preferiscono agire nel silenzio) è la Camorra Barese, l’organizzazione operante a Bari e provincia, da non confondere con la camorra napoletana. Questi clan, strutturati in confederazioni, si manifestano nel territorio con episodi eclatanti, con agguati e omicidi in città in luoghi e orari di affollamento. Insomma, una dimostrazione di forza che risulta meno evidente (si fa per dire) nelle province di Brindisi, Taranto e Lecce. Qua restano frequenti gli episodi di danneggiamento, intimidazione e violenza, attentati a persone, esercizi commerciali, auto e macchine industriali. Senza tralasciare il “pizzo”.

NUMERO DI OMICIDI
Nel primo semestre 2015 (dati Ministero dell’Interno) gli omicidi della Sacra Corona Unita hanno registrato un lieve incremento rispetto al semestre precedente: da 15 sono passati a 17. In aumento anche i tentati omicidi: da 55 a 60. Tra gli altri reati in aumento traffico di droga, rapine e riciclaggio. Un po’ di numeri dalla Relazione 2015. A Lecce e in provincia gli episodi più eclatanti di violenza o intimidazione alle persone sono stati 92; i danneggiamenti a cose e imprese 154; i danneggiamenti di auto sono aumentati del 45% rispetto al 2014. A Brindisi e provincia si sono registrati 137 episodi di danneggiamento, violenza e intimidazione, in aumento del 35% rispetto ai 102 dell’anno precedente.

RAMIFICAZIONI SUL TERRITORIO NAZIONALE
Secondo la relazione del ministro dell’Interno sull’attività della Dia del 2015, i gruppi mafiosi pugliesi, sebbene in forma minore rispetto agli altri, stanno stabilendo sempre più contatti nelle altre regioni italiane. In particolare quelle della dorsale adriatica, dove sono stati avviati legami con Camorra e ‘Ndrangheta. Si tratta di legami mirati allo smistamento di traffici illeciti, soprattutto di droga, destinati ad alimentare i mercati del Centro e del Nord Italia. Si colgono, avverte il documento, segnali di espansione economica verso Lombardia ed Emilia Romagna.

PRESENZA ALL’ESTERO
I gruppi pugliesi hanno delle cellule nei paesi dell’ex Jugoslavia dove collaborano con le realtà locali per gli affari con la droga, merce contraffatta, contrabbando di sigarette, armi, rifiuti e, solo potenzialmente, migranti. La relazione della DIA precisa infatti come non siano ancora emersi fatti oggettivi che dimostrino il coinvolgimento della criminalità pugliese nella tratta di esseri umani. L’aria mitteleuropea è inoltre terra di rifugio per i latitanti, soprattutto leccesi.

RAPPORTI CON LE ALTRE MAFIE ITALIANE
Si segnalano i rapporti tra la Società Foggiana con Cosa Nostra, la Camorra e la ‘Ndrangheta. In particolare i foggiani, grazie alla vicinanza geografica, hanno risentito dell’influenza della camorra e della defunta Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Ultimamente i gruppi foggiani hanno tessuto rapporti con i clan casertani. Anche gli altri gruppi pugliesi fanno affari con le mafie nazionali.

RAPPORTI CON LE ORGANIZZAZIONI MAFIOSE ESTERE
Forti e redditizi sono i rapporti con le mafie estere, in particolare quelle dell’Est. La posizione geografica della Puglia permette ai clan di fare grossi affari con i paesi balcanici, in primo luogo l’Albania. Con la criminalità dell’Est gli affari riguardano traffico di droga, merce contraffatta, rifiuti, tabacchi lavorati esteri, scommesse clandestine. L’importanza commerciale strategica dei porti pugliesi ha consentito inoltre di rafforzare i rapporti illeciti con gruppi criminali dell’Est e dell’aria sud-asiatica.

I PENTITI
L’affidabilità degli affiliati è molto alta nella Società Foggiana. La caratteristica di questa mafia, come detto prima, è l’impenetrabilità. Come spiega la Relazione 2015 “la solidità dei legami tra i sodali, spesso legati da vincoli di sangue, e la adesione profonda alla cultura mafiosa nel senso più tradizionale del termine, inibisce iniziative di collaborazione con la giustizia”. Un po’ come succede per la ‘Ndrangheta.
 
CAMORRA

Il termine camorra è riferito alle organizzazioni criminali originarie della Campania. Da sempre una della mafie più ricche e pericolose al mondo (nel 2011 è inserita nella black list del Dipartimento di Stato americano), ha insanguinato le strade di Napoli e provincia per anni, in una guerra tra clan stroncata da un duro e proficuo intervento dello Stato. Nel Casertano l’operato dei Casalesi non solo ha seminato violenza e morte ma ha distrutto un territorio: “inventori” dell’ecomafia, i clan hanno minato anche il diritto alla salute dei cittadini, inquinando la terra, l’aria e l’acqua. La caratteristica della camorra è quella di non avere un’organizzazione verticistica come quella di cosa nostra. Nella camorra non c’è un boss dei boss come c’è sempre stato in cosa nostra. Non esiste insomma l’equivalente campano di un Totò Riina o di un Matteo Messina Denaro. La camorra è una mafia ruggente, in cui i clan sono spesso in lotta fra loro per guadagnare terreno nel controllo del territorio e dei traffici illeciti. Recentemente la camorra ha alzato il tiro, progettando un colpo eccellente: l’omicidio del procuratore di Napoli Giovanni Colangelo.

POTERE ECONOMICO
Il potere economico della camorra continua a rimanere enorme. Nonostante molti clan siano stati decapitati ai vertici, la presenza sul territorio è ancora molto invasiva, in particolare in settori che solo da pochi anni sono venuti alla ribalta delle cronache nazionali. La camorra è molto radicata nel territorio e si muove in accordo con la politica locale: movimentazione terre, appalti, ma è in particolare la gestione dei rifiuti e l’agroalimentare i settori da cui continua a trarre enormi profitti.
Ai clan campani spetta il primato di aver “inventato” l’ecomafia, lo sfruttamento del territorio a loro uso e consumo con ricavi enormi. Stando al rapporto Ecomafie 2015 stilato da Legambiente, il settore ha prodotto un giro d’affari di 21,9 miliardi di euro lo scorso anno, con un incremento del 47 percento rispetto al 2013: solo il reparto agroalimentare vale 682 milioni di euro.
In generale, si è visto un calo dei reati di ecomafia in Campania grazie all’azione dello Stato, ma a fronte di un vero e proprio impero il danno è stato compensato da altri settori. È il caso del gioco d’azzardo e delle combine sportive. Nel primo caso, gli inquirenti descrivono un vero e proprio monopolio delle agenzie di scommesse fisiche e online: altro campo in cui la camorra continua a detenere il primato è quello del contrabbando, in particolare del gasolio. In particolare, l’ultima relazione della DIA, sottolinea il monopolio della camorra negli impianti di distribuzione del carburante.
A tutti questo, si aggiunge il mercato dello spaccio di droga, il settore degli appalti pubblici e un patrimonio immobiliare e agricolo immenso. Secondo lo studio “Gli investimenti delle mafie” realizzata dal gruppo su studio Transcrimine dell’Università Cattolica e commissionata dal Ministero dell’Interno, il guadagno annuo della camorra è di 3,745 miliardi di euro.

POTERE MILITARE
Il potere militare della camorra è molto diminuito negli ultimi anni grazie alle numerose operazioni delle Forze dell’Ordine e della magistratura che ha permesso di decimare i clan più potenti. Come tutte le organizzazioni criminali, anche la camorra ha una struttura verticitiista: tagliata la testa, la rete si dissolve poco a poco. Così è avvenuto anche per il potere militare: non più organizzazioni para-militari ma una frammentazione anche nel controllo armato del territorio.
Questo però ha significato un aumento esponenziale della violenza, perché le armi sono continuate ad arrivare sul territorio campano: il traffico d’armi è stata una delle attività più remunerative della nuova camorra. Con le nuove guerre camorristiche in atto, avere un arsenale a disposizione è diventato fondamentale in quella che per la città di Napoli il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti definisce una “guerriglia urbana” a tutti gli effetti.

NUMERO DI OMICIDI
Il tasso di violenza della camorra è aumentato come dimostra il numero degli omicidi commessi nel 2015. Stando ai dati del DCPC raccolti nell’ultima relazione della DIA, nei primi sei mesi del 2015 si sono resi colpevoli di 48 omicidi e di 56 tentati omicidi quasi tutti concentrati nella città di Napoli.
È proprio il capoluogo campano il centro della nuova guerra di camorra in atto tra i clan storici e la cosiddetta “Paranza dei bambini”, giovanissimi camorristi che sono entrati nel vuoto di potere lasciato dalle vecchie generazioni, usando solo ed esclusivamente la violenza.
Queste nuov generazioni di baby criminali usano metodi violenti “senza la capacità di misurare il rapporto tra benefici e costi delle proprie azioni criminali, se non altro sotto il profilo della loro capacità di determinare una particolare reazione delle istituzioni statali”, si legge nel rapporto. Lo dimostra anche il primo processo a carico della “paranza dei bambini”: dopo gli arresti avvenuti nel 2015, la sentenza è arrivata a distanza di un anno e mezzo. Proprio perché giovani “scontano inevitabilmente una non ancora compiuta formazione strategica”. Uccidono senza pietà e, soprattutto, senza un piano preciso, esponendosi così al più tempestivo intervento dello Stato.
Così non accade nel casertano, terra dei Casalesi e affiliati. In quella zona della regione vige quella che si definisce “pax mafiosa”: se si esclude un omicidio nel 2014, bisogna risalire al 2010 per trovare un omicidio di stampo camorristico. Questo avviene per due ordini di ragioni. Da un lato l’intervento massiccio dello Stato che ha di fatto decapitato i vertici dei clan, con i boss ormai tutti in regime di carcere duro e un numero crescente di pentiti. Dall’altra però c’è la nuova camorra 2.0, fatta di colletti bianchi e di “intrallazzatori”, amici politici e prestanomi, che si occupa degli affari in maniera silenziosa e senza spargimenti di sangue. Questo la rende più pericola e ugualmente mortale, come tutta la vicenda della cosiddetta “terra dei fuochi” continua a dimostrare.

RAMIFICAZIONI SUL TERRITORIO NAZIONALE
La camorra ha una struttura molto frammentaria e legata alla zona d’origine che limita la ramificazione sul territorio nazionale. Stando agli ultimi dati della DIA, in Campania operano 110 clan a cui si aggiungono i sottogruppi di affiliati e gruppi di etnia straniera.
I clan camorristici hanno per tradizione un legame esclusivo con la zona di nascita e tendono a infiltrarsi nelle zone più ricche usando “persone giuridiche” a loro vicine, colletti bianchi del territorio che fanno da prestanome per le operazioni in loco.
Fuori dalla regione di apparenza, anche la camorra preferisce avere un basso profilo, spesso scegliendo di stringere alleanze con altri gruppi criminali in un sottobosco silenzioso e nascosto, ottenendo quella che gli inquirenti definiscono una “perfetta mimetizzazione”.
Le regioni a più alto tasso di infiltrazione camorristica sono la Lombardia, tramite “un’accorta pianificazione delle attività di penetrazione nell’imprenditoria” (anche per il riciclaggio dei proventi criminali), e il Lazio, dove per la vicinanza geografica sono attestati da tempo sodalizi camorristici di tutte le province campane. Gli inquirenti segnalano la crescita di clan in Emilia, soprattutto nel settore della movimentazione di terra, e nella città de L’Aquila per la ricostruzione post terremoto.

PRESENZA ALL’ESTERO
La presenza della camorra all’estero è meno capillare di quella delle altre mafie, ma dove è installata, ha una forte attrattiva data dalla lunga permanenza. Il sistema criminale italiano viene replicato creando quelle che gli investigatori definiscono “colonie di famiglie” legate ai clan. La loro presenza serve per lo più a riciclare il denaro proveniente dall’Italia: per questo tendono a mantenere un basso profilo e ad agire nell’ombra.
In Europa la camorra è radicata in Spagna, Olanda, Francia, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca e in altri Paesi dell’Est. In America sono gli Stati Uniti ad avere la precedenza (la camorra è stata inserita da Obama nella black list delle formazioni criminali più pericolose nel 2011), accanto al Brasile, dove spesso trovano rifugio i latitanti.

RAPPORTI CON LE ALTRE MAFIE ITALIANE
I rapporti con le altre mafie italiane della camorra sono buoni. La ‘ndrangheta è uno dei fornitori di droga preferiti dai clan per la modalità efficiente, sicura e rapida con cui la cocaina entra nel paese. Anche i legami con la mafia siciliana sono più che buoni in particolare nel casertano dove, secondo gli inquirenti, la camorra si è “mafizzata”, termine che indica i continui e lunghi rapporti tra clan e le famiglie di Cosa Nostra.

RAPPORTI CON LE ORGANIZZAZIONI MAFIOSE ESTERE
I rapporti con le organizzazioni criminali estere della camorra si possono dividere in due gruppi: quelli legati al traffico di stupefacenti e quelli legati alle nuove attività. Al primo sono da attribuire i rapporti con narcotrafficanti per lo più spagnoli e olandesi: i due paesi europei hanno da sempre una posizione strategica per la presenza di porti ad alto tasso di infiltrazione criminale (come avviene anche in quello di Napoli). Con le famiglie criminali dell’Est Europa si continua il traffico d’armi e delle droghe leggere, mentre in fatto di gioco online e combine sportive, i legami arrivano fino all’Estremo Oriente, in Cina.

I PENTITI
L’azione dello Stato nei confronti della camorra è stata molto incisiva, in particolare contro i Casalesi e i clan storici del Napoletano. Gli arresti e le condanne sono state rese possibile anche dalla numerosa presenza di collaboratori di giustizia di cui la camorra ha il maggior numero (456 secondo gli ultimi dati del Servizi Centrale – 2014), 22 i testimoni di giustizia.
La loro importanza è tale che sono diventati un elemento chiave nella lotta alla camorra: le loro rivelazioni sono state fondamentale per ricostruire il tessuto criminale, nonostante i numerosi tentativi di intimidazioni messi in atto nei loro confronti. Il risultato è stato evidente con l’alto numero di condanne nei processi che ha scatenato l’effetto “pentimento”: nel primo semestre del 2015 la DIA ha confermato 44 nuovi collaboratori di giustizia.

 
IN CONCLUSIONE

Dai dati che abbiamo raccolto emerge una verità chiara e limpida: le mafie non sono scomparse. La criminalità organizzata continua a permeare il tessuto sociale italiano, a fare affari, a uccidere e a prosperare nell’illegalità. A cambiare è stata l’agenda della politica da cui la lotta alla mafia sembra scomparsa. Fate mente locale: quand’è stata l’ultima volta che avete sentito dire da un politico, di qualsiasi schieramento, che il primo nemico dell’Italia è la criminalità organizzata? Il silenzio è l’arma vincente dei clan: continuare a parlarne è la nostra arma vincente.

Da 1 a 4 Camorra Cosa Nostra ‘Ndrangheta Sacra Corona Unita
Potere economico 3 2 4 1
Potere militare 3 2 4 1
Ramificazione in Italia 3 2 4 1
Ramificazione all’estero 3 2 4 1
Rapporti con mafie italiane 3 3 4 2
Rapporti con mafie straniere 3 2 4 1
Omertà 2 2 4 1
PERICOLOSITA’ TOTALE 20 15 28 8

Lo scenario delle mafie in Italia si è evoluto. I clan stessi si sono evoluti e hanno risposto ai colpi inferti dallo Stato. Il caso di Cosa Nostra è esemplare. Con le stragi degli anni Novanta ha raggiunto l’apice del potere ma ha anche iniziato la parabola discendente. Davanti ai corpi martoriati dei giudici Falcone e Borsellino, non si poteva più voltare la faccia dall’altra parte e lo Stato ha risposto in maniera incisiva. I boss sono finiti in regime di carcere duro, i clan hanno perso terreno e la Sicilia ha ripreso a respirare. Questo non vuol dire che la mafia sia scomparsa, ma di certo è meno potente rispetto a qualche anno fa.

Anche la Camorra si è dovuta riorganizzare dopo gli attacchi delle istituzioni. A far scattare la molla c’è stata la guerra tra Scissionisti e i Di Lauro, che hanno riempito di sangue le strade di Scampia e del napoletano, ma anche il successo planetario di Gomorra di Roberto Saviano grazie al quale tutti hanno saputo chi erano i Casalesi. L’azione dello magistratura e delle forze di Polizia ha avuto successo e i clan sono stati azzoppati, ma l’assenza dello Stato ha permesso il nascere di una nuova camorra, fatta di giovanissimi che sparano per ogni motivo, anche i più futili.

La Sacra Corona Unita ha mantenuto il suo ruolo di mafia locale, con un controllo egemone sul territorio, riuscendo a mantenersi forte e pericolosa, ma senza espandersi a livello nazionale o internazionale. Pur rimanendo confinata nei territori d’origine, in alcuni settori ha saputo consolidarsi anche a fronte di un’azione dello Stato forte e incisiva.

Di tutto questo si è avvantaggiata la ‘ndrangheta, a oggi la mafia più pericolosa d’Italia e non solo. La capacità di agire nell’ombra, di essere sempre presente dove conta, grazie alle connivenze della politica e del mondo della finanza, ha permesso alle ‘ndrine calabresi di rafforzare il proprio potere e di crescere a dismisura, diventando una delle più grandi e ricche holding della malavita al mondo. Il vero asso nella manica è il silenzio. Della ‘ndrangheta non si parla mai quanto si dovrebbe, non si indaga a fondo nel mondo dei colletti bianchi che permettono ai criminali di diventare sempre più ricchi: farlo è il nostro modo per dire basta.

Redazione

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