La maggioranza di governo subisce la prima sconfitta in aula. Alla Camera, infatti, non è passata la risoluzione del centrodestra sullo scostamento di bilancio previsto nel Def perché i voti favorevoli sono stati solo 195 contro i 201 che invece servivano per approvare il ricorso all’indebitamento. A pesare è stata soprattutto l’assenza di 25 deputati del centrodestra, che non erano presenti in aula nonostante non fossero neanche in missione. Per la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, però, si tratta di un brutto scivolone.
All’annuncio del presidente (al momento) dell’aula di Montecitorio, il vicepresidente in quota Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, che ha annunciato il respingimento, le opposizioni sono esplose in un applauso dopo un primo momento di incredulità. La seduta è stata poi sospesa, ma a rischio ci sarebbe anche il decreto Lavoro in programma in Consiglio dei ministri per il primo maggio. E un nuovo Cdm è stato convocato per le 18:30 senza la premier, impegnata in una due giorni in Gran Bretagna. Tornando al voto, con le opposizioni che hanno parlato di golpe, nonostante il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, stesse cercando di capire se si poteva votare ancora, l’indicazione del Cdm porterà a due nuove convocazioni delle aule per approvare il nuovo testo.
Colpo di scena alla Camera, e forse anche una sconfitta clamorosa e storica per la maggioranza di governo. Per sei voti, infatti, l’aula di Montecitorio ha respinto la risoluzione presentata dal centrodestra per il ricorso all’indebitamento, facendo di fatto cadere tutte le risoluzioni sul Def presentate dalle opposizioni.
E a gioire sono proprio loro, che all’annuncio di Fabio Rampelli, vicepresidente dell’aula in quota Fratelli d’Italia, che, appunto, la risoluzione è stata bocciata perché non si è arrivati alla maggioranza qualificata di 201 voti favorevoli – ne sono arrivati solo 195, contro i 19 contrari dell’alleanza Verdi e Sinistra e del terzo polo, e i 105 astenuti del Partito democratico e del MoVimento 5 stelle -, dopo un minuto di incredulità sono esplosi in un applauso (quasi liberatorio).
A pesare non sono state le distanze all’interno della maggioranza, ma le assenze. Secondo i tabulati, infatti, all’appello sono mancati 45 deputati dei quattro partiti che sostengono l’esecutivo di Giorgia Meloni, 14 arrivavano da Fratelli d’Italia (cinque assenti e nove in missione), 14 da Forza Italia (nove assenti e cinque in missione) 15 dalla Lega (undici assenti e quattro in missione) e due di Noi Moderati.
L’unico degli assenti, tra i forzisti, a spiegare cosa è successo all’AdnKronos è stato Francesco Maria Rubano: “Ero a Roma. Sono stato in conferenza stampa con il coordinatore nazionale Tajani per la presentazione della ‘due giorni’ di Fi a Milano ai primi di maggio. Mi sono recato in Aula, ho preso regolarmente la scheda dai commessi, poi sono andato in bagno e non sono riuscito a raggiungere in tempo l’emiciclo. Sono arrivato, purtroppo, a operazioni di voto concluse“, ha detto il deputato del partito di Silvio Berlusconi.
E gli assenti per Maurizio Lupi, che guida proprio l’ultima forza che compone la maggioranza, sono stati il tallone d’Achille in questa circostanza. Quello che è accaduto, per lui, è dovuto all’inesperienza, “non c’è dietro alcun segnale politico“. “Con il taglio del numero dei parlamentari, il numero dei parlamentari in missione perché impegnati al governo incide maggioramente, specie quando ci sono voti con maggioranze qualificate“, ha detto ancora l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti in Traslantico che ha, però, lanciato anche un segnale di speranza: “Per fortuna, il problema si risolve ma occorre convocare un nuovo Consiglio di ministri, che approvi una nuova relazione con un nuovo scostamento diverso anche solo di un euro. Il problema che questo scostamento serviva a tagliare il cuneo fiscale sin da maggio“.
Malgrado, infatti, la positività di Giulio Tremonti, deputato meloniano, infatti, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha espresso gli stessi timori di Lupi per quanto riguarda il varo del decreto legge sul lavoro, che era previsto per il primo maggio, e per cui adesso mancano i 3,4 miliardi di euro che il governo aveva previsto dallo scostamento di bilancio. “Dal punto di vista tecnico c’è questa cosa: non essendo stato approvato lo scostamento non ci sono più le risorse – ha spiegato -. Bisognerà prima sciogliere questo nodo e poi vedere se si può andare“.
L’esponente di FdI ha anche precisato che ci sarà sicuramente un nuovo Consiglio dei ministri – convocato per le 18:30 con la premier che si è collegata da remoto – in cui sarà fatta una valutazione sulla necessità o meno di tornare indietro sullo scostamento di bilancio: “È una decisione che verrà assunta a palazzo Chigi tra il presidente, il ministro dell’Economia e gli altri ministri, se andare avanti, come andare“, ha concluso Leo. E così, effettivamente è stato, in una riunione lampo di dieci minuti in cui si è toccato solo il tema che di fatto è stato bocciato dalla Camera.
A proposito del ministro dell’Economia, il vicesegretario federale della Lega, Giancarlo Giorgetti, presente in aula nei banchi del governo, lui ha commentato ciò che è avvenuto davanti ai suoi quasi con un pizzico di rammarico: “Nessun problema politico, è che i deputati o non sanno o non si rendono conto“.
E poi, a bocce ferme, ha precisato che il governo ha avvertito la Commissione europea sugli sviluppi della situazione: “Tutti i documenti redatti da questo governo hanno avuto parere favorevole della Commissione Ue“, ha detto il ministro rispondendo in commissione Bilancio alla Camera a chi gli chiedeva notizie al riguardo e confermando poi i contatti con l’esecutivo di Ursula von der Leyen.
Per Meloni, che ha parlato con i cronisti in maniera informale a Londra, si è trattato di “un brutto scivolone, una brutta figura per tutti, ma non è un segnale politico. Credo che tutti quanti vadano richiamati alla loro responsabilità, perché qui noi affrontiamo una situazione che non è facile, stiamo facendo del nostro meglio, anche oggi qui non ci stiamo risparmiando, e penso che non si debba risparmiare nessuno perché questa non è una fase che si può prendere con leggerezza“.
“Il Def verrà approvato dal Parlamento nei prossimi giorni, nelle prossime ore, manterremo il nostro impegno“, quindi anche il Consiglio dei ministri del primo maggio, che per lei è confermato. D’altronde, nel giorno della festa dei lavoratori si vuole dare un segnale sul mondo lavoro, ed è per questo che rimane anche la convocazione per i sindacati per domenica. “Mi dispiace ma questi erano i tempi. Tutto è organizzato ma confido di potermela cavare“, ha concluso la premier.
Quanto al voto in sé, dalla conferenza dei capigruppo alla Camera, già aggiornata alle 18:45 e slittata alle 19:15, è filtrato che si potesse ripetere il voto sul medesimo testo, con il presidente dell’aula di Montecitorio, Lorenzo Fontana, che ha cercato di approfondire il tema salvo poi posticipare tutto a domani, quando anche il Senato voterà il nuovo testo così come è stato licenziato dal Cdm lampo.
Ma è anche su questo che si sono scagliate le opposizioni. “La maggioranza, dopo il collasso, ora tenta il golpe. Si vuole ripetere una votazione dall’esito chiaro. Non accetteremo ovviamente manomissioni del regolamento“, hanno detto Luana Zanella e Marco Grimaldi, capogruppo e vice capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, al termine della capigruppo sul voto al Def. Per la capogruppo del Partito democratico, Chiara Braga, invece, la richiesta della maggioranza è “una forzatura inaccettabile“.
Ma non è solo su quello che dai banchi delle opposizioni si sono concentrati. Tra i primi a intervenire, infatti, c’è stato il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che ha detto innanzitutto che “questo testo è da buttare, lo devono riscrivere“. “Dal punto di vista politico ma anche procedurale, è del tutto plausibile che debbano riscrivere il Def e ricominciare l’iter“, ha spiegato ancora prima di sottolineare che per lui “non è un incidente secondario, è una cosa incredibile. Hanno preso 195 voti, ne dovevano prendere 201. C’erano i banchi del governo molto pieni come sempre in questi casi ma in modo insufficiente. È un inedito, non è mai accaduta una cosa del genere“.
Più o meno dello stesso avviso anche il suo alleato e co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, che in una nota ha detto che “per la prima volta nella storia del Parlamento italiano il documento economico Def è stato respinto dalla Camera dei Deputati. Questa è una clamorosa e sonora bocciatura della maggioranza che sostiene il governo Meloni ma anche un segno dell’inadeguatezza con cui si affrontano temi fondamentali per il rilancio dell’economia e per affrontare le grandi sfide sociali e ambientali a cui questa maggioranza si è rifiutata di dare risposte“. Per lui, ancora, “questa bocciatura segna la sconfitta della maggioranza Meloni che passa alla storia come il primo governo della Repubblica che non si vede approvato il Def“.
A questo proposito, per fugare ogni dubbio, su Twitter è intervenuto un ex esponente del Partito democratico, che è anche un costituzionalista, Stefano Ceccanti, che ha spiegato che effettivamente è la prima volta da quando è stata approvata la riforma costituzionale del 2012 che lo scostamento di bilancio non ottiene la maggioranza assoluta dei voti.
Dalle fila dei dem sono arrivate anche molte altre dichiarazioni, compresa quella della segretaria Elly Schlein. “Delle due l’una: o siamo di fronte a un episodio di imperdonabile sciatteria o alla prova conclamata delle divisioni della maggioranza – ha iniziato la deputata italoamericana -. In entrambi i casi si dimostra la totale inadeguatezza di questo governo e di questa maggioranza, che dovranno risponderne davanti al Paese“. “Sono andati sotto per mancanza dei voti necessari sullo scostamento di bilancio, ovvero una decisione fondamentale che impatta sui conti pubblici e quindi sulle famiglie e sulle imprese. Siamo al dilettantismo, il problema è che lo pagano l’Italia e la sua credibilità“, ha concluso poi la leader del Pd mentre i suoi hanno risposto ai membri del governo.
Perché, se da una parte Carlo Cottarelli, senatore dei dem, su Twitter, ha risposto a Giorgetti, dall’altra l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando ha voluto dire la sua a Lupi sempre con un cinguettio.
Il capogruppo dei pentastellati a Montecitorio, Francesco Silvestri, nel suo intervento in aula ha posto l’accento sul fatto che loro non sono “preoccupati per le derive fasciste, siamo preoccupati perché siete un governo di incapaci. Sono mesi che ci sentiamo la vostra morale sul fatto che i percettori del reddito di cittadinanza dovrebbero andare a lavorare, ma veniteci voi a lavorare“. Non solo perché il presidente dei deputati del MoVimento 5 stelle ha anche chiesto un atto politico: “La presidente Meloni deve andare subito al Quirinale, deve farsi guidare perché voi state creando un’instabilità finanziaria che non ci possiamo permetterci“.
E le lamentele e le tirate d’orecchie sono arrivate anche dagli altri gruppi parlamentari. Per Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva, “oltre alla propaganda il nulla. I partiti di maggioranza hanno portato avanti una campagna elettorale in cui hanno annunciato di essere pronti a governare, oggi, alla prova dei fatti, dimostrano di non essere in grado neppure di approvare il principale documento di economia e finanza per il Paese“. “Non si sa se per sciatteria o per mancanza di senso di responsabilità, è evidente che questa maggioranza non ha le capacità per governare“, ha concluso una delle fedelissime di Matteo Renzi.
Dai banchi del terzo polo (diviso), ha parlato anche il capogruppo della coalizione, in quota Azione, Matteo Richetti, che ha parlato di una “figuraccia della maggioranza: non solo si presenta in Aula senza un minimo di programmazione, con un Def che dimentica il rifinanziamento delle missioni internazionali e i rinnovi dei contratti pubblici, ma poi non riesce nemmeno a votarselo“. L’ex dem ha sottolineato poi che “con la sanità a pezzi, con un taglio del cuneo contributivo che a dicembre avrà perso ogni effetto sulle buste paga degli italiani, mentre chiacchierano a vuoto di rimodulare il Pnrr, lo spettacolo che offrono al Paese è come minimo imbarazzante“.
E non si è discostato dalla linea neanche l’unico deputato di +Europa (ed ex segretario), Benedetto Della Vedova, che ai microfoni dell’AdnKronos, ha spiegato che “la maggioranza non ha saputo avere i voti sufficienti per votare il documento economico finanziario che richiedeva i 201 su 400, sono molti di più…ma non so se saranno in vacanza… Io credo che tutto il resto sia una prova di assoluta intollerabile irresponsabilità perché in questo modo mettono ulteriormente a rischio la credibilità dell’Italia“. Per lui, il fatto che il governo non abbia ricevuto il parere positivo sulla nuova programmazione economico-finanziaria, è una notizia gravissima anche in Europa, “che danneggia l’Italia“.
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