Dopo che Tony Essobti Badre ha confessato di aver ucciso a calci, pugni e bastonate il figlio di sette anni della compagna Valentina Casa, i PM hanno voluto ascoltare anche la donna, come testimone dei fatti. La trentunenne non risulta infatti indagata, ma gli inquirenti l’hanno comunque interrogata per chiarire il quadro probatorio nei confronti del compagno arrestato a Cardito (Napoli).
La confessione di Tony Essobti Badre
Tony Essobti Badre, 24 anni, compagno di Valentina Casa, ma non padre dei suoi figli, si è prima dichiarato innocente sostenendo che il bimbo fosse caduto dalle scale, poi ha confessato di aver colpito ripetutamente e con violenza Giuseppe, 7 anni, e di aver ferito la sorellina Noemi, di 8 anni, due dei figli della compagna.
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Il giovane è stato interrogato nel carcere di Poggioreale dal gip del Tribunale di Napoli Nord, che ha convalidato il fermo con le accuse di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e di lesioni aggravate. Il compagno della 31enne Valentina Casa “ha ammesso le proprie responsabilità e ha chiarito alcuni punti oscuri” della tragedia che ha scosso tutta Italia. Come ad esempio il motivo della violenza: i bimbi avevano rotto la testata del letto ‘appena comprata con sacrifici’.
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Le dichiarazioni dei genitori dei piccoli presi a bastonate
Sulla vicenda aveva lasciato alcune dichiarazioni anche il padre del piccolo Giuseppe, dopo aver saputo che suo figlio era stato ucciso a Cardito dalle botte del patrigno. Aveva dichiarato che la sua ex gli aveva imposto di non frequentare la sua casa, così era stato costretto a stare lontano dai suoi bambini.
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E dopo l’interrogatorio di Valentina, come persona informata sui fatti, trapela che agli inquirenti la donna, 30 anni, ha raccontato di aver visto il suo compagno molto arrabbiato che ha cominciato a picchiare i suoi figli, ma di non essere stata capace di reagire perché era scioccata.
Quello che i pm vogliono chiarire è non solo la posizione della donna, ma anche cosa sia realmente successo tra le botte ai bimbi e la chiamata dei soccorsi. In base a quanto emerso, infatti, sarebbero passate almeno 4 ore tra l’aggressione e la telefonata al 118. Il bambino poteva essere salvato se fosse stato portato immediatamente in ospedale, e non curato con una pomata?
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