La nuova premier britannica, Liz Truss, fa marcia indietro sul taglio delle tasse per i ricchi. Una scelta in controtendenza rispetto a quello che aveva detto ieri, ma dettata dalla crisi finanziaria che si era innescata dal 23 settembre quando aveva annunciato l’eliminazione dell’aliquota per i redditi più alti.
Un dietrofront concordato con l’ideologo e ministro delle Finanze, Kwasi Kwarteng, che ha anche riportato in alto la sterlina, e che, soprattutto, frena i mal di pancia interni al partito conservatore. I problemi, infatti, erano (e sono) anche di natura politica: secondo i sondaggi, i Labour avrebbero un vantaggio di 33 punti sui Tory, troppo per continuare con il taglio delle tasse per i ricchi.
Liz Truss, la prima ministra della Gran Bretagna, ha deciso, in concerto con il Cancelliere dello Schiacchiere, alias il nostro ministro dell’Economia, Kwasi Kwarteng, di rinunciare al taglio delle tasse per i ricchi.
Una marcia indietro, un’inversione U, un dietrofront, chiamatelo come volete, che suona più come una sconfitta che come una scelta convinta, anche perché, prima, la nuova Margareth Thatcher era molto più convinta che fosse la cosa giusta cancellare l’aliquota fiscale più alta sui redditi oltre le 150mila sterline – e lo aveva ribadito anche ieri, in un’intervista alla Bbc.
Eppure no, perché dal 23 settembre, giorno in cui aveva annunciato coram populo la nuova riforma anti-Robin Hood, il mercato si era messo in moto facendo crollare la sterlina a picco (ora c’è un rialzo), alzando gli interessi alle stelle e provocando una crisi finanziaria che aveva addirittura costretto la banca di Inghilterra a intervenire comprando 65 miliardi di bond. Per non parlare dei mal di pancia all’interno del Partito conservatore, di cui ora, dopo l’addio di Boris Johnson, è la presidentessa.
Ad annunciare la decisione, comunque, decisamente in controtendenza, è stato Kwarteng, anche l’altro ideologo del taglio delle tasse per i ricchi. “Abbiamo capito e abbiamo ascoltato“, ha scritto su Twitter dopo il vertice di emergenza con Truss a Birmingham. “Non andremo avanti con il nostro piano – ha precisato poi-. Ormai è diventata una distrazione per la nostra missione di vincere le sfide che abbiamo di fronte“.
A guardare bene, tra l’altro, la rinuncia è arrivata prima di scontrarsi contro un muro: quello del Parlamento, che non avrebbe mai votato la misura studiata dalla premier. Perché, come accennavamo prima, anche all’interno dei Tory qualcuno avrebbe potuto (voluto) voltare le spalle alla sua leader e scegliere di allearsi con i labouristi. Non è il momento per “aiutare” i più ricchi, dicevano sotto banco alcuni conservatori, serve dare una mano alle famiglie britanniche che stanno affrontando una crisi senza precedenti per i rincari delle bollette e l’inflazione più alta da 40 anni a questa parte.
Poi c’è il dato non trascurabile dei sondaggi. Secondo una rilevazione di giovedì di YouGov, infatti, con la mossa di Truss, il partito Labour ha superato i conservatori di 33 punti percentuali: 54% contro, appena, il 21, un distacco che non si vedeva dalla fine degli anni Novanta tra i due schieramenti.
Certo, ci sono anche sondaggi meno entusiastici, per esempio quello di Survation che dà in vantaggio i labouristi di 21 punti, ma non cambia il succo della questione: il tracollo finanziario, a cui si è posto rimedio, va a braccetto con un calo dei consensi che, però, non avrà conseguenze sull’immediato, considerato che le prossime elezioni in Gran Bretagna sono previste tra fine 2023 e inizio 2024. Ma potrebbe segnare una nuova stagione politica tra poco più di un anno.
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