Anche la Nuova Zelanda ha deciso di vietare TikTok e per circa 500 persone che lavorano all’interno del Parlamento non sarà possibile utilizzare la app, il divieto non sarà perciò applicato a tutti i parlamentari.
In altri Paesi, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, l’utilizzo dell’applicazione, tra le più amate tra i giovani, è stata vietata a tutti i dipendenti del Governo. La motivazione principale del divieto è la discussa sicurezza del social.
Divieto di utilizzo di TikTok anche in Nuova Zelanda
La Nuova Zelanda ha scelto di approvare il divieto di utilizzo dell’applicazione TikTok per circa 500 persone che lavorano all’interno del Parlamento, ciò vuol dire che il divieto non sarà applicato a tutti i parlamentari ma solo ad una parte.
Il divieto entrerà in vigore il prossimo 31 marzo 2023, e per i dipendenti coinvolti dal provvedimento non sarà possibile utilizzare l’app TikTok, di proprietà cinese e tra le più popolari tra i giovani, in tutti i dispositivi che hanno accesso alla rete parlamentare.
Gonzalez-Montero, funzionario, si è espresso in merito a questa decisione, spiegando che la decisione è stata presa dopo un’attenta analisi condotta dagli esperti e dopo una discussione tra colleghi di governo e colleghi internazionali.
I rischi che sono stati evidenziati con l’utilizzo dell’applicazione cinese sono “inaccettabili”. Ha inoltre chiarito che il divieto sarà valido per circa 500 dipendenti che lavorano all’interno del Parlamento.
La Nuova Zelanda perciò si è mossa in linea con altre nazioni, ma anche scelto di non seguire del tutto la linea percorsa dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna che hanno invece scelto di vietare a tutti i dipendenti del governo di poter utilizzare il social network.
Chris Hipkins, primo ministro neozelandese ha chiarito che lui non ha TikTok sul suo dispositivo cellulare.
Questa nazione è solo l’ultima che ha deciso di bandire il social network, dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna anche il Canada e la Danimarca hanno vietato l’utilizzo dell’app sui dispositivi governativi.
La motivazione che ha portato a questa decisione è il forte rischio di sicurezza dei dati. La Commissione europea ha in parte seguito le orme di questi paese, scegliendo di bandire il social network per la condivisione video per i dispositivi dei suoi dipendenti.
Sebbene tutti parlino della scelta di queste nazioni, in molti si dimenticano che la prima nazione al mondo, ad imporre il divieto contro TikTok, è stata l’India nel 2020.
L’applicazione era entrata a far parte delle app vietate a seguito di scontri mortali avvenuti al confine con il territorio cinese. All’epoca New Delhi si espresse sulla sua decisione parlando di voler difendere la propria sovranità.
Sempre in quell’anno Donald Trump accusò TikTok di essere uno strumento utilizzato da Pechino per lo spionaggio.
L’applicazione ha ammesso che la sua società madre ByteDance, azienda cinese, ha avuto accesso a diverse informazioni sugli account americani ma ha sempre negato di trasmettere tali dati alle autorità locali.
Le motivazioni per cui Tiktok sarebbe un rischio per la sicurezza
Tutte le nazioni che si sono mosse mettendo al bando TikTok lo hanno fatto con un’unica motivazione, l’app risulta essere un rischio per la sicurezza.
L’app è stata realizzata da ByteDance nel 2021 da Zhang Yiming con l’amministratore delegato Liang Rubo e altri partecipanti.
Si sospetta che l’app possa in qualche modo condividere informazioni di rilevo con il governo cinese, soprattutto informazioni che possono essere prese dagli account più sensibili.
Pechino ha più volte smentito tali accuse eppure i dubbi sulla sua sicurezza non si sono mai arrestati, tanto che hanno portato diverse nazioni a metterla al bando.
Il Ministero degli Esteri cinesi ha accusato gli Stati Uniti d’America di diffondere disinformazione sui rischi per la sicurezza riguardanti TikTok, tanto che queste “chiacchiere” hanno portato diversi proprietari cinesi a cedere le loro quote partecipative del social.
Gli americani però dopo aver vietato l’applicazione all’interno del governo stanno anche valutando, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, di estendere il divieto a tutto il territorio nazionale.
La Federal Communications Commision e l’FBI hanno dichiarato che ByteDance potrebbe scegliere di condividere i dati degli utenti al governo cinese. Tra questi dati potrebbe trasmettere la cronologia, la posizione, identificatori biometrici e molto altro.
Secondo una legge cinese, che è stata rivista nel 2017, alle aziende cinesi è richiesto di fornire al governo i dati personali rilevanti per la sicurezza nazionale del Paese.
Non ci sono però prove che la ByteDance abbia consegnato effettivamente tali dati, ma la paura c’è e dal momento che il social accoglie un numero elevatissimo di utenti la preoccupazione tra le nazioni cresce.
Maureen Shanahan, portavoce di Tiktok, si è espressa in merito a queste problematiche dichiarando che la società sta già rispondendo ai problemi legati alla sicurezza creando una protezione trasparente e basata sugli Stati Uniti e sui sistemi degli utenti americani.
Tutto ciò avviene con un controllo, un monitoraggio e una verifica che viene fatta da terze parti. Lo scorso giugno 2022 sempre TikTok aveva reso noto che avrebbe indirizzato i dati americani ai server che sono controllati da Oracle, una società della Silicon Valley.
Questi cambiamenti però non sarebbero ancora stati attuati, i dati perciò al momento sono tenuti sui server di proprietà di TikTok, senza sapere quando questi dati verranno eliminati.
È attesa per la prossima settimana la testimonianza del CEO Shou Zi Chew di TikTok al Comitato per l’energia e il commercio della società. Si attendono perciò le sue dichiarazioni sulle pratiche della privacy, sicurezza dati e il rapporto che l’azienda ha con il governo cinese.
Theo Bertram che è il vicepresidente di TikTok Europa ha recentemente dichiarato in un tweet che ByteDance non si può considerare un’azienda cinese dal momento che i proprietari e gli investitori sono al 60% globali. Il 20% sono dipendenti e i restati 20% sono i fondatori.
Inoltre i dirigenti della società si trovano a lavorare in varie città metropolitane tra cui Singapore, Pechino e New York.