Il terzo via libera alla proposta di legge, a firma del Partito democratico, per la ratifica del Mes è arrivata oggi in commissione Esteri della Camera, che ha dato mandato al relatore per riferire in aula sul testo della minoranza. Come era già successo nella prima votazione della stessa commissione, la maggioranza ha deciso di non presentarsi ai lavori, lasciando la palla solo ai deputati delle opposizioni, questo, però, non significa che da domani, giorno in cui è calendarizzata l’inizio della discussione della proposta, si procederà effettivamente secondo i piani.
Come spiegato, infatti, dal viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, l’unico tra le fila del governo e anche della maggioranza a essersi presentato in commissione, “è giusto che ci sia un dibattito parlamentare”, ma non è questo il momento, per cui si potrebbe e si dovrebbe ricorrere allo strumento della sospensiva, come previsto dall’articolo 40 del regolamento dell’aula di Montecitorio, ma non si sa a quando, se a settembre o se addirittura al prossimo anno. Intanto, come era facilmente pronosticatile, sono arrivati gli attacchi del Partito democratico e del terzo polo, gli unici (con +Europa) ad aver dato il via libera alla discussione della proposta per la ratifica del Mes alla Camera.
Esattamente come giovedì scorso, anche oggi la commissione Esteri della Camera ha dato il via libera alla proposta di legge per la ratifica del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, senza il supporto della maggioranza di governo. Esattamente come il 22 giugno, anche oggi, infatti, il centrodestra, che non è d’accordo, almeno per il momento, affinché l’Italia dia l’approvazione alle modifiche al Fondo salva Stati (è l’unico Paese dell’Eurozona che ancora non l’ha fatto, e senza il suo parere favorevole, le modifiche non diventano effettive), ha disertato i lavori.
Così, però, non dovrebbe fare da domani, giorno in cui il testo presentato dal Partito democratico e dal terzo polo, a prima firma di Piero De Luca (il figlio del governatore della Campania, Vincenzo) e di Naike Gruppioni, approderà nell’aula di Montecitorio – oggi è stato appunto dato il mandato al relatore affinché inizi la discussione tra i deputati.
O per lo meno, così ha detto il vicesegretario degli Esteri Edmondo Cirielli, l’unico, assieme a Giulio Tremonti, che è il presidente della commissione, a essersi presentato tra le fila della maggioranza. “La presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri hanno espresso una posizione di carattere generale dicendo che più che una questione di merito, c’è una questione di metodo – ha spiegato al termine della seduta in cui i dem, il terzo polo e +Europa hanno dato il terzo via libera, mentre il MoVimento 5 stelle e l’alleanza Verdi e Sinistra si sono astenuti -. Io ho ricordato questo e mi sono rimesso alla commissione, ma è giusto che ci sia un dibattito parlamentare. Credo che alla fine la maggioranza e il governo si determineranno”.
Un dibattito parlamentare che, però, potrebbe non iniziare domani, nella seduta dell’aula che inizia alle 9:30. Nelle mani dell’esecutivo e quindi della maggioranza, infatti, c’è lo strumento regolamentare della sospensiva, previsto dall’articolo 40. Grazie al fatto che non ci sono scadenze immediate per la ratifica del Mes, infatti, la discussione può essere rinviata se dieci deputati lo richiedono prima dell’inizio della discussione generale.
E quindi, il tutto verrebbe rinviato probabilmente a settembre, oppure no, perché all’interno del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera si sta cercando di capire quando potrebbe essere il momento giusto per far deflagrare la bomba all’interno della maggioranza. Se, infatti, per Giorgia Meloni non è ancora tempo per dare l’okay al fondo salva Stati, per la Lega di Matteo Salvini, e per lo stesso ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, non lo sarà mai.
Di certo, c’è da fare i conti con l’Europa, che sta continuando a mettere pressione all’Italia affinché questo avvenga. Il tempo che, pare, almeno secondo quanto hanno raccontato da Repubblica, sia ritenuto giusto dal capogruppo meloniano a Montecitorio, Tommaso Foti, che ne ha parlato con i suoi in una riunione di oggi, e che per forza deve essere indicato, potrebbe essere fra un anno, ovvero il tanto che basta perché ci siano le elezioni, una nuova Commissione europea venga composta e si possa di nuovo trattare (e quindi cambiare) il Meccanismo europeo di stabilità.
Ma è molto più probabile, come per altro ha fatto intendere il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che entro la fine del 2023 una decisione sia arrivata. Giusto il tempo, in pratica, per fissare dei paletti sul nuovo patto di Stabilità, o su chi debba sostituire Fabio Panetta, che dal primo novembre sarà il nuovo governatore di Bankitalia, nel board della Banca centrale europea, usando proprio la ratifica del Mes come condizione perché l’Italia non ne esca con le ossa rotta. Un rinvio a data ancora più lontana non solo non renderebbe possibile tutto questo, ma complicherebbe non poco i rapporti di Palazzo Chigi con Bruxelles, e questo lo sanno anche le opposizioni.
Il firmatario della proposta di legge dopo l’ennesimo via libera alla ratifica senza l’aiuto della maggioranza, infatti, ha definito quello che sta succedendo “una anomalia assoluta che il governo in politica estera non abbia una opinione e si rimetta alla Commissione”. Ma le accuse di De Luca junior al governo non sono finite qui, perché per lui il centrodestra è in dissoluzione e sta vivendo “un vero e proprio psicodramma”, perché i partiti che compongono la coalizione “sono confusi e divisi politicamente” e, ha concluso, “il nostro Paese non può permettersi ulteriori ritardi perché ne va della sua credibilità”.
Leggera non c’è andata neanche l’ex presidentessa della Camera sempre in quota Partito democratico, Laura Boldrini, che su Twitter ha parlato di una situazione “imbarazzante”.
Come loro, anche dal terzo polo, e in particolare dalla relatrice del testo, hanno sottolineato come quello che è capitato per la ratifica del Mes sia una “sgrammaticatura” perché sminuisce il ruolo del Parlamento, ciò detto, però, a questo vorrebbero porre rimedio.
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