Andare in pensione anticipata entro una certa età per alcuni sembra un’utopia (i dati emersi dal simulatore dell’Inps Pensami ci dicono che in Italia è possibile farlo tardissimo), eppure sembra che in realtà da un lato sia un bene: da un recente studio è emerso che questo potrebbe non giovare affatto alla salute mentale delle persone.
Per alcuni poter andare in pensione poco dopo i 60 anni sembra quasi un sogno (irrealizzabile, ma pur sempre un sogno). C’è chi ha iniziato a lavorare molto presto – alcuni ad esempio già a 18 anni hanno una professione – e quindi spera di potersi godere un po’ di meritato riposo, chi non ne può più di stare alle prese tutti i giorni con lo stress quotidiano, chi vorrebbe prendersi semplicemente un po’ di tempo per sé stesso dopo anni trascorsi in ufficio praticamente ogni giorno. Tutto questo è lecito, certo, ma siamo sicuri che sia proprio un bene per la salute mentale? Un recente studio ci dice che non è affatto così, anzi andare in pensione anticipatamente potrebbe causare un declino cognitivo.
Di recente ha fatto il giro dell’Italia la notizia secondo cui in Italia un 25enne mediamente potrà andare in pensione anticipata a 70 anni (ma solo se ha maturato almeno 46 anni e 4 mesi di contributi). Questi dati sono emersi dal simulatore dell’Inps “Pensami” aggiornato di recente e di fatto hanno scosso l’opinione pubblica, soprattutto considerato quanto la situazione sia peggiorata negli ultimi anni.
Non tutti i mali però vengono per nuocere: sembra, infatti, che andare in pensione troppo presto potrebbe paradossalmente avere effetti negativi sulla psiche, determinando un peggioramento della salute mentale. Lo dice un articolo pubblicato sul Journal of Economic Behavior & Organization.
Il problema è che, se da un lato lo stress accumulato negli anni, le energie che nella maggior parte dei casi iniziano a venir meno dopo una certa età, così come anche la voglia di fare sempre di più, dall’altro vi è la sfera sociale che non può essere tralasciata né tantomeno sottovalutata.
Il pensionamento anticipato andrebbe ad agire proprio su quest’ultimo punto, determinando un declino cognitivo vero e proprio.
Plamen Nikolov, autore principale dello studio nonché assistente di economia alla Binghamton University, State University di New York, ha parlato chiaro: “I beneficiari di un programma di supporto pensionistico che abbiamo preso in esame per questo studio riportano livelli bassi di impegno sociale, con tassi di volontariato e interazione sociale significativamente inferiori rispetto a chi non aveva beneficiato dei vantaggi del programma. (…) Questo ci dice che, tra gli anziani, l’aumento dell’isolamento sociale è fortemente legato a un declino cognitivo più rapido”. Tradotto: lavorare, vivere la quotidianità a stretto contatto con altre persone, avere qualcuno su cui confrontarsi costantemente, aiuta a tenere “giovane”, attiva e sana la mente.
Lo studio è partito dal New Rural Pension Scheme (NRPS), un programma pensionistico diffuso nelle zone rurali della Cina, introdotto al fine di combattere la povertà in età avanzata. Alcuni partecipanti sono stati quindi presi in esame su base volontaria (la partecipazione all’analisi era opzionale, non obbligatoria). Come ha spiegato Nikolov, il problema è il seguente: “La caratteristica di base è che a 60 anni le persone possono avvalersi di questi benefici, tra cui appunto una retribuzione monetaria anticipata rispetto all’età pensionabile. (…) Non è quindi necessario andare in pensione in anticipo per avere questo genere di vantaggio economico, ma molti si ritirano comunque prima rispetto a quando l’avrebbero fatto senza il programma”.
Per arrivare a dei risultati concreti, i ricercatori si sono serviti di un sondaggio cognitivo chiamato Chinese Health and Retirement Longitudinal Survey (CHARLS) per comprendere come i piani pensionistici influenzano le prestazioni cognitive. Hanno poi diviso i partecipanti in due gruppi: uno era composto da persone di età e caratteristiche socioeconomiche simili in pensione anticipata, cioè aderenti all’NRPS, l’altro, invece, sempre composto da persone di età e caratteristiche socioeconomiche simili, ma residenti in aree in cui non vi era alcun programma simile al New Rural Pension Scheme.
Alla fine i primi hanno ottenuto punteggi inferiori rispetto ai secondi. La conclusione a cui sono arrivati è questa: gli aderenti riportavano una riduzione del consumo di alcol rispetto all’anno precedente, ma al contempo anche tassi inferiori di volontariato e interazione sociale, cosa che a sua volta era fortemente correlata a un declino cognitivo più rapido. In sostanza, quindi, i ricercatori hanno capito che andare in pensione anticipatamente incide negativamente sulle attività mentali.
Una cosa va precisata: i risultati sono stati praticamente uguali a quelli riportati in aree ad alto reddito, con gli USA. Come ha affermato sempre Nikolov: “Quando hai degli impegni usi attivamente il cervello e, in questo senso, andare a lavorare aiuta le capacità mentali, così come andare in palestra migliora la forma fisica”. A questo si aggiungono i vantaggi dell’interazione con altre persone, che portano a due vantaggi: il primo è che avere a che fare con altri può condurre a “un feedback positivo a livello di benessere sociale, emotivo e fisico”, il secondo è che “una maggiore interazione con amici e familiari migliora la stimolazione mentale e intellettuale”.
Infine l’autore dello studio ha concluso quindi dicendo: “Speriamo che i nostri risultati possano influenzare il modo in cui i pensionati impostano la loro vita, aprendoli a una prospettiva più olistica e con una maggiore attenzione all’impegno sociale, al volontariato attivo e alla partecipazione ad attività che promuovono l’allenamento mentale”.
Insomma andare in pensione anticipata può sembrare quasi un sogno, ma nasconde anche tante insidie, quindi sarebbe bene che ognuno valuti attentamente cos’è più gusto fare e che direzione prendere.
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