La pensione slitterà a 71 anni. Questa è la notizia che stiamo per affrontare, partendo dal presupposto che la pensione è necessaria per molti nuclei familiari soprattutto in questo periodo di forte crisi economica.
Quello che molti non sanno, però, è che si tratta di misure soggette a cambiamenti normativi. Uno tra questi vedrà slittare l’età pensionabile da 64 anni a 71 anni. Ecco i dettagli.
Il 2023 segnerà un vero e proprio cambiamento se si parla di pensione e di quelle soluzioni in deroga che scadranno proprio durante quest’anno; è il caso di una fetta di persone che hanno quasi raggiunto l’età pensionabile e che, a causa del cambiamento normativo, dovranno aspettare fino a 71 anni. Scopriamo i dettagli di quanto è stato appena detto.
La pensione slitterà a 71 anni: sembra essere questo il tema che stiamo per affrontare, ma prima cerchiamo di vedere qualche aspetto in generale a tal proposito. Ovviamo cerchiamo di capire come Italia andare in pensione è un vero e proprio tasto dolente in quanto sono presenti varie possibilità normative che ne sanciscono il passaggio.
Tra queste troviamo sicuramente le soluzioni ordinarie che, quindi, possiamo definire stabili. In questo caso si parla di pensione di vecchiaia, che si ottiene quando si raggiunge l’età pensionabile, e di pensione anticipata, che invece può essere ottenuta anche con “anticipo” rispetto all’età prevista. Oltre alle soluzioni ordinarie, sono presenti anche le soluzioni in deroga che invece cambiano spesso in base alle normative vigenti.
Sicuramente un punto da cui bisogna partire è che in Italia il sistema pensionistico è davvero complesso da comprendere, proprio perché è un sistema spesso soggetto a cambiamenti normativi. Un vero e proprio cambiamento c’è stato quando il sistema delle pensioni è diventato contributivo e ciò ha portato ad un allungamento dell’età pensionabile; quello che si calcola, infatti, sono le quote di “contributi” che il soggetto ha versato.
Una domanda che molti si pongono è: chi fa parte del sistema contributivo? Questa è una domanda legittima in quanto non è sempre facile comprendere il sistema in cui si rientra.
Dopo varie leggi il sistema pensionistico italiano è stato diviso in due aree di contribuenti: quali?
La prima area riguarda i lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 mentre la seconda area riguarda chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996.
Per queste due popolazioni di lavoratori il sistema con cui andare in pensione è molto diverso e ciò che cambia, prima di ogni altra cosa, è proprio la regola con cui viene calcolata poi la pensione.
Infatti per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 si utilizza un calcolo della pensione che si può definire “misto”: perlopiù viene utilizzato il calcolo retributivo che quindi si basa proprio sulle buste paga delle ultime 52 settimane di lavoro. Si tratta, ovviamente, di un calcolo molto vantaggioso in quanto si basa non sull’arco del lavoro svolto ma sull’ultimo periodo di lavoro, appunto.
Per la seconda popolazione di pensionati, invece, il calcolo che viene utilizzato è quello contributivo. Tale calcolo si basa sulle somme dei contributi versati durante il proprio lavoro è che sono pari al 33% della busta paga per i lavoratori dipendenti. Ovviamente questo ci fa intuire quanto questo sistema, invece, sia poco vantaggioso per i pensionati.
Come anticipato in precedenza, il 2023 sarà un anno di vero e proprio cambiamento per il sistema pensionistico e quindi anche per i lavoratori che si apprestano ad andare in pensione.
Il cambiamento riguarda proprio le regole di pensionamento e anche l’età pensionabile. Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, quindi che rientra nel sistema contributivo, l’età pensionabile slitta e passa da 64 anni a 71 anni di età. In questo caso, quindi, parliamo di ben 6 anni di lavoro in più.
Il cambiamento riguarderà una buona fetta della popolazione pensionabile in quanto sono sempre più i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996.
In questo caso sappiamo che c’è una “via d’uscita” per non arrivare ai 71 anni di età: quale?
Molti pensionati la conoscono già ed è, appunto, “la pensione anticipata”. Anche per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, infatti, è possibile richiedere tale misura anticipata ma bisogna rispettare alcuni vincoli normativi essenziali: quali?
Prima di tutto bisogna avere 64 anni di età e 20 anni di contributi versati. Altro vincolo prevede che tale misura anticipata possa essere elargita solo se la pensione è pari o superiore a 1.410 euro al mese. Tale cifra è data dall’assegno sociale: infatti la pensione deve essere pari o superiore 2,8 volte dell’assegno sociale che per il 2023 è di 503 euro. Se quindi la pensione che dovrebbe essere elargita non è di 1.410 euro al mese o più, essa non potrà essere data anche se si rispettano i vincoli dell’età e dei contributi versati.
Per questa fetta di persone, quindi, l’età pensionabile potrebbe slittare a 71 anni di età così da aver accesso alla pensione ordinaria di vecchiaia.
Come detto i cambiamenti riguardano i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo l’anno 1996. Eppure come detto vi sono delle vie d’uscita al fine di poter anticipare i tempi, grazie alla pensione anticipata che può essere richiesta anche da chi ha iniziato a lavorare successivamente all’anno citato poc’anzi.
Fermo restando che anche in tal caso bisogna rispettare determinati requisiti che abbiamo anche elencato. Ovvero requisiti anagrafici e a livello contributivo. Come detto però è importante che la pensione superi 1.410 euro mensili. Dunque devono poter coesistere tutti questi criteri. Conoscere questo significa in un certo senso capire anche come muoversi e non farsi trovare impreparati.
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