Questa a Pablo T non è una semplice intervista, è un viaggio in un mondo onirico, sensoriale, spirituale e artistico, dove il maestro si mette a nudo e, con un linguaggio diretto, semplice, coinciso, ci fa entrare nel suo mondo.
I maestri d’arte, quelli di fama internazionale, dopo anni o decenni di studi e sperimentazioni, individuano la loro cifra stilistica in una precisa corrente artistica e si specializzano su quella (cubismo, astrattismo, figurativo, espressionismo, ecc).
Nel panorama italiano e mondiale c’è invece chi, da qualche anno, sperimenta diversa forme pittoriche, con un successo riconosciuto da semplici fruitori e da esimi esperti. Stiamo Parlando dell’artista Pablo T, nato in Italia ma con eredità parigine, ma in assoluto un cittadino del mondo.
Immaginate la possibilità di vedere una mostra con insieme contemporaneamente opere di Cubismo contemporaneo, Pop Art figurativa, Minimalismo figurativo, Informale, Informale materico ed Espressionismo astratto (che per i meno informati, si tratta semplicemente di quadri bellissimi da vedere, uno diverso dall’altro, con dei colori magnifici e delle atmosfere incredibili). Tutto questo, e non solo, è Pablo T.
Le tele di Pablo T in questi ultimi anni hanno avuto ornato spazi espositivi tra i più importanti del mondo (Italia, Francia, Lussemburgo, Belgio, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Tokyo e Dubai, solo per citarne alcuni).
Il pittore ha conseguito premi internazionali prestigiosi ed ai massimi livelli (Premio europeo della critica alla Biennale di Cesenatico, Leone d’oro alle arti visive a Venezia, Art in the world – onorificenza consegnata ai 50 migliori artisti contemporanei al mondo -, premio arti visive a Shangai).
E il 9 luglio scorso, il ‘nostro’ si è recato a Lecce per ritirare l’ennesimo premio prestigioso, un riconoscimento conferito dall’Accademia Italiana d’Arte nel Mondo (dipartimento dei Beni Culturali), al ‘Maestro Internazionale Pablo T per alti meriti d’arte e d’ingegno’.
Il pittore ha fama internazionale anche perché ha delineato una nuova forma pittorica, che gli esperti hanno chiamato ‘Astrattismo Extrasensioriale’, dato che si avvicina ad una neo spiritualità. Tokyo, Shangai e Bangkok entro l’anno faranno un catalogo asiatico di opere di arte contemporanea, dove saranno presenti delle sue opere.
Ecco l’intervista integrale al maestro Pablo T:
Domanda: Quando e come è cominciato il tuo percorso artistico?
Risposta: Ho iniziato a dipingere quando avevo circa tredici anni, forse anche meno; già allora, mi ero avvicinato all’impressionismo e ai grandi maestri: i miei soggetti erano, di sovente, paesaggi o nature morte. Poi, arrivò la letteratura e la poesia e mi dedicai a queste due grandi muse. Quando ripresi il pennello in mano, mi chiesi: “Cosa vuoi che la gente veda nelle tue tele, ciò che hanno sempre visto, ciò che vedono in giro o vuoi consegnare loro ciò che non hanno mai visto, ciò che hanno nella loro testa o nel loro cuore?” Così decisi di intraprendere la strada dell’invisibile, tutto quello che puoi vedere solo attraverso i sensi. Non mi sono preoccupato degli aridi di cuore, mi ero detto: “Chi non vedrà niente non avrà imparato niente. Meglio così, sarà una selezione naturale.”
Domanda: I riferimenti artistici e culturali che ti hanno maggiormente influenzato nel corso del tempo?
Risposta: Ho un rispetto sacro per tutti gli eterni maestri di ogni corrente artistica ed Epoca, per me nessuno di loro è lontanamente discutibile, come si usa fare, invece, ai nostri giorni che si tende a polemizzare su tutto. Certamente sono sempre rimasto affascinato da Picasso, da Modigliani per il figurativo e da Klee, Pollock e Burri per l’astrattismo in generale.
Domanda: Come nasce una tua opera? Cos’è per te l’ispirazione?
Risposta: Le mie tele nascono e muoiono mille volte, prima di rinascere definitivamente, sono sempre differenti, come differenti sono gli stati d’animo. Alle volte nascono dalla tristezza, chi dalla malinconia, chi invece dalla follia, dalle visioni ancestrali, forse anche dall’amore, certamente dalla morte e dalle viscere. L’ispirazione per me è una leggenda, forse è un momento, un frammento, un attimo che si trova in volo, il tiro al piattello…la devi far secca come un cecchino per poterla fermare, tutto il resto è tecnica, atmosfera da afferrare nell’aria, movimento frenetico, ossessivo e passionale.
Domanda: Il tuo rapporto con i colori? E col bianco e nero?
Risposta: I colori per me arrivano prima del soggetto, alle volte anche prima del messaggio. I colori sono vita. Amo il loro odore, la loro pastosità, il loro tessuto; per me hanno qualcosa di mistico, di irrisolvibile. Credo che se esistesse un Dio, beh quelli sarebbero stati certamente i suoi miracoli migliori. Chi non prova emozione dinanzi a una tela fatta da decine di colori, credo che dovrebbe alitare su uno specchietto per capire se è ancora vivo.
Il bianco e il nero mi affascinano, ma mi incutono anche timore. Il nero non è assenza di colore, il contrario…è quando il colore ha fatto le proprie esperienze e ha deciso di schierarsi; il bianco è il colore che, invece, ha deciso di ritirarsi a vita agreste, mi dona pace, mi ricorda il silenzio, la neve che io amo, il silenzio di un Dio stanco e ormai distaccato. Proprio adesso sto creando un’opera materica dove voglio che il bianco sia predominante…è un momento di ricerca della pace interiore.
Domanda: Quanto è importante per te il mezzo pittorico? Nel 2022 ha ancora “senso” dipingere?
Risposta: Il mezzo pittorico è l’unico mezzo oggi, insieme forse a certa rara letteratura, totalmente scevro, libero, autonomo e indipendente. Guai se non vi fosse, calerebbe il nuovo oscurantismo o, come lo appello io: l’ignorantismo, che ha già guadagnato diverse misure. L’autore, il pittore, non contano: conta l’opera, il messaggio, l’emozione che brucia. Dio o chi per lui salvi le opere matte e libere, lontane dalla politica chiassosa e inconsistente, dalle mode e da tutte quelle stronzate che ci offuscano la mente. Mi chiedi se ha senso nel 2022 dipingere? Respirare? Respirare nel 2022 ha senso?
Domanda: Artisti, galleristi, Istituzioni. Cosa pensi del sistema dell’arte contemporanea del nostro Paese?
Risposta: Non ritengo giusto generalizzare. Io credo alle persone, a certe persone. Credo a certi artisti, coloro che vogliono migliore se stessi e non criticano l’operato altrui, non credo alla politica odierna, ma credo a certe persone che fanno una certa politica, credo agli amanti dell’arte che della loro passione e del loro sacrificio ne hanno fatto una seria professione, tutto il resto è l’Italia che hai di fronte ai tuoi occhi, dove cultura e arte sono spesso degli appestati da cui stare alla larga oppure un discreto business. Ma, in fondo, gli zombi sono loro. Noi siamo liberi, non abbiamo padroni.
Domanda: Com’è cambiata la tua vita dopo che hai conosciuto l’arte?
Risposta: Sono divenuto più consapevole e forse meno noioso. Un orso come me ha forse trovato un altro modo di parlare senza parole e di esprimere quei sentimenti che non ha mai voluto regalare, forse perché valevano poco.
Domanda: Quali sentimenti provi mentre dipingi?
Risposta: È l’unico momento in cui non penso a nulla. In cui cancello il mondo circostante. Mi iberno dentro la mia mente, sono solo un passeggero che osserva il paesaggio e cerca di descriverlo. Un medium senza nessun potere, se non quello di tentare di comprendere l’incomprensibile, ma con la tranquillità e la flemma di un monaco tibetano.
Domanda: Cosa ti attrae dell’arte astratta e perché?
Risposta: L’astrattismo è come un oceano che contiene centinaia di affluenti, centinaia di stili e tecniche, centinaia di messaggi e di sensazioni. Astrattismo di per sé non significa nulla. Nel linguaggio comune astrarre significa togliersi dal reale, invece noi ti sbattiamo in faccia proprio la realtà, certamente parziale, emozionale, interiore e onirica, ma credimi…una dura e vivida realtà: ciò che non vuoi vedere di te stesso…ti mettiamo a nudo l’anima e ti riattiviamo il cervello, perché devi costringerti a pensare e, ancor peggio, sforzarti di capire o di capirti.
L’espressionismo astratto non è semplice se ha una tecnica e un messaggio, prima di conoscere il perimetro di una tela e collocarne i colori devi conoscere a mena dito il figurativo, l’oggetto, devi fare migliaia di disegni, montagne di bozze, proprio perché prima devi conoscere la prigionia della figura, altrimenti la libertà dell’astrattismo diviene solo caos e non armonia scevra da costrizioni.
Domanda: In quale modo secondo te l’arte astratta potrebbe cambiare il pensiero delle persone?
Risposta: Se il fruitore non avesse preconcetti o pregiudizi, se iniziasse a studiare l’origine dell’arte astratta, se osservasse attentamente, lasciando da parte i canoni, le regole imposte e autoimposte, in ultima analisi le stronzate generazionali, quest’arte potrebbe essere il portale della conoscenza, una porta di percezione verso la propria coscienza. Sarebbe la prima vera rivoluzione visiva. Altro che sballarsi con Ecstasy!
Domanda: Come deve affrontare lo spettatore un’opera astratta?
Risposta: Così come affronterebbe un innamoramento e poi la consapevolezza di essersi innamorato: in ascolto perenne, facendo vibrare le corde del proprio cuore.
Domanda: Le tue opere invitano il fruitore a compiere un viaggio onirico. Nel tuo lavoro che ruolo occupano la sfera sensoriale e quella spirituale?
Risposta: Domanda molto bella, ma piuttosto intima e complessa. Da agnostico posso dirti però che entrambi hanno sempre fatto da soli, sono loro a guidare…io sono sul lato passeggero e mi fido di loro, quindi mi godo il panorama.
Domanda: Mi par di capire che, per te, l’arte dovrebbe avere un ruolo nello smuovere le coscienze, giusto?
Risposta: L’arte e la cultura sono le uniche forze capaci oggi di fare opposizione a questo sistema impazzito, falso e mediocre. Fare arte e farla bene significa lanciare un grido che possa tramutarsi in una eco, che possa, poi, tramutarsi in una valanga. E quando arriverà…conviene venir via prima di farsi spazzare.
Domanda: Infine, cosa rappresenta per te Asti Gallery? Qual’ è lo scopo di questa iniziativa e come è nata?
Risposta: Asti Art Gallery è un grande progetto di arti visive che rappresenta contestualmente un punto di arrivo e un punto di partenza per l’arte indipendente. Nata inizialmente come mio Atelier, successivamente, tramite la passione e le competenze mie e della mia compagna Romina Tondo diviene la sede della Biennale Internazionale d’arte Città di Asti, di cui curo la Direzione artistica insieme a un grande team di professionisti. L’idea è quella di muovere l’arte nazionale e internazionale, di ricostruire il concetto della meritocrazia e di essere utilizzata come laboratorio per la sperimentazione. L’arte in ogni sua forma, lontana dalle torri del potere, tutto questo con l’intento di educare il fruitore all’ascolto della sua interiorità e soprattutto al nuovo trend di acquisto di opere d’arte, perché vestire la propria dimora e il proprio cuore con opere d’arte originali e uniche non ha prezzo.
(Intervista a cura di Paolo Battisti e Catiuscia Mori)
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