In Brasile, le forze dell’ordine hanno ucciso una bambina di 5 anni e un adolescente di 17 durante un controllo stradale.
Sappiamo che in questi luoghi le autorità utilizzano metodi abbastanza forti e contestati per far rispettare la legge ma in questo caso abbiamo due versioni di questo fatto completamente differenti. I residenti infatti, incolpano gli agenti di aver ucciso i ragazzi nonostante non costituissero un pericolo, invece questi dicono di essersi difesi in una situazione degenerata in pochi minuti perché l’adolescente ha estratto una pistola e sparava verso di loro. Così avrebbero risposto al fuoco e durante la protesta è stata colpita la seconda vittima.
Durante un controllo, le forze dell’ordine hanno ucciso un ragazzo di 17 anni e una bambina di 5. Ci troviamo in Brasile, precisamente a Ilha do Governador, nella zona nord di Rio de Janeiro. La notizia è stata diffusa dalle emittenti locali e in pochi minuti ha fatto il giro del mondo perché si tratta di una cosa gravissima, nonostante c’è da dire che episodi come questi avvengono spesso in questi Paesi.
La persone sono solite girare armate e spesso le autorità hanno bisogno di ricorrere a metodi violenti per sedare gli animi. Anche stavolta, secondo la polizia sarebbe successo proprio questo, mentre per i residenti la colpa di quanto accaduto è unicamente degli agenti.
Secondo le fonti di polizia del Paese sudamericano, gli agenti avevano fermato il 17enne per un normale controllo ma la situazione è degenerata e il ragazzo ha estratto una pistola iniziando a sparare contro i poliziotti. In un comunicato stampa, le autorità hanno parlato della vicenda, dicendo che si trovavano sul posto – nella favela Morro do Dende nei pressi dell’aeroporto internazionale – per effettuare dei controlli. Il minorenne si trovava su una motocicletta insieme a un’altra persona e alla loro richieste ha risposto con il fuoco.
Gli agenti hanno risposto ma la situazione era particolarmente grave, tanto che sono stati chiamati i rinforzi e i vigili del fuoco. In poco tempo l’ordine è stato ristabilito ma il 17enne ha perso la vita e successivamente è giunta la notizia che anche una bambina di 5 anni di nome Eloa è stata raggiunta da un proiettile.
Secondo l’ong Rio de Paz, la piccola è il 15esimo bambino sotto i 15 anni ucciso a Rio dall’inizio dell’anno scorso. Anche lei come il giovane che ha sparato, viveva nella malsana favela, una delle tante nel posto. Sappiamo che questi luoghi sono pericolosi e di certo non adatti a bambini, qui la criminalità dilaga e come abbiamo visto, non è una cosa anomala trovare giovanissimi armati che non hanno consapevolezza di cosa stanno maneggiando e di quello che fanno.
Vedono le forze dell’ordine come un nemico, sparano senza pensare. Alcuni testimoni però riferiscono una versione diversa, secondo loro la vittima è stata colpita all’interno della sua casa e anche i genitori di Eloa hanno detto che stava giocando sul letto quanto il proiettile l’ha colpita. Come l’altro ragazzo, è morta sul colpo. Questo ha agitato ancora di più la situazione che già non era delle migliori.
La morte della bambina ha alimentato le proteste in una zona molto difficile da gestire, il contesto delle favela, simbolo del degrado e della criminalità, anche giovanile. Si sta indagando sull’operato dei poliziotti per ricostruire con esattezza cosa è successo.
Rio de Janeiro è una bellissima città del Brasile ma qui con in tanti altri luoghi, si respira aria di violenza e povertà, combinazione letale che porta a episodi come questo. Non è raro che nelle favelas la polizia uccida anche bambini se necessario.
Ogni giorno nelle baraccopoli si combatte una guerra fra spacciatori e forze dell’ordine, un conflitto spietato in cui le vittime spesso sono i bambini. Il traffico di stupefacenti è una delle attività più diffuse, in cui i minorenni vengono coinvolti – quasi sempre in attività familiari – e imparano presto a maneggiare potenti armi.
In passato Rio è stata descritta come un paradiso tropicale ma la bellezza del posto perde significato quanto accadono scene simili. L’area intorno all’aeroporto, dove è avvenuta la sparatoria di ieri, è quella dove c’è la più massiccia concentrazione di favelas. Sono 16 in totale e si vive in completo stato di guerra: ogni intervento o semplice avvistamento della polizia, finisce in tragedia o comunque provoca una protesta a mano armata.
In questi conflitti a fuoco che rispecchiano una società ricca di problemi, specialmente nella parte più povera della popolazione, inevitabilmente rimangono coinvolti bambini che non c’entrano nulla, piccoli innocenti che come Eloa stanno giocando e vengono uccisi da proiettili vaganti.
Da tempo la situazione è emergenziale, in netto contrasto con l’altro aspetto di città come Rio, in cui c’è un lato turistico di fondamentale importanza che sostiene finanziariamente il Paese. Ogni anno milioni di turisti affollano la scalinata che conduce al Cristo Redentore, un’enorme statua situata di quasi 40 metri che si trova sulla cima del monte Corcovado, meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo.
Questa è il simbolo della città ma se digitiamo il nome di questa o del Brasile sui motori di ricerca, le prime notizie che leggiamo sono le emergenze in campo umanitario, denunciate dagli uomini di chiesa, nonché episodi tragici come quello che abbiamo descritto in questo articolo.
Le forze dell’ordine ci provano ma è difficile contrastare l’ondata di violenza, alimentata anche dalle attività malavitose che plagiano fin da piccoli i ragazzi introducendoli a una vita particolare e non adatta, allontanandoli dagli ambienti sani e dallo studio.
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