I rapporti internazionali sono sempre più importanti per capire alleanze, coinvolgimenti e la direzione complessiva della guerra tra Russia e Ucraina. La posizione di Israele è sempre più importante e ormai non può essere una via di mezzo per i piani di Volodymyr Zelensky. Nel bel mezzo della strategia di Mosca che si articola con attacchi sempre più brutali sui civili, si intensificano le richieste di aiuti per i sistemi antiaerei, ma il Paese del Medio Oriente non può staccarsi del tutto da Putin.
Il conflitto tra Russia e Ucraina sta portando con sé una lunga scia di posizioni internazionali, che vanno da una parte e dall’altra, e per fortuna sempre di più in favore di chi è stato illegittimamente invaso. Le richieste di aiuti da parte di Zelensky ai suoi alleati sono sempre più importanti e molto spesso l’Occidente, come gli Stati Uniti, hanno risposto presente. Israele, però, merita un capitolo a parte per la delicata posizione che ha nei rapporti con i due Paesi in battaglia e per le pressioni crescenti da parte degli USA. La situazione è sempre più complicata e rappresenta un tema che sta aumentando la preoccupazione del governo. Israele è al bivio tra il sostegno incondizionato all’Ucraina, attraverso aiuti militari sempre più specifici e i fondamentali rapporti con la Russia.
Cosa ha fatto Israele, fino a questo momento, per la guerra tra Russia e Ucraina
Inserirsi nel conflitto tra Mosca e Kiev, ancor di più in questa fase, vuol dire calpestare qualcuno o qualcosa e non sempre è facile rinunciare a determinate relazioni e accordi, nonostante sia evidente da che parte sia necessario schierarsi. L’Occidente la sua decisione l’ha presa da tempo e in maniera per nulla equivoca: la condanna dell’invasione di Vladimir Putin in Ucraina è totale, a costo di restare nel limbo della crisi energetica, ancor prima della crisi alimentare globale, con un rischio nucleare catastrofico dietro l’angolo e compromettendo i rapporti internazionali con una Russia sempre più sola. Ma anche investendo denaro e risorse di sana pianta, soprattutto sotto forma di aiuti militari, che si stanno rivelando decisivi per alimentare prima la resistenza e poi la controffensiva.
Basta chiedere agli Stati Uniti, al Regno Unito, alla Germania, alla Francia e anche all’Italia per averne chiara dimostrazione. E poi alla Turchia. Nonostante i rapporti fondamentali rapporti di Erdogan con Mosca, il presidente si è posto più volte dalla parte dell’Ucraina, senza chiudere le porte a Putin, ma ponendosi nel ruolo dell’intermediario in un’eventuale road map per la pace. Ma le condizioni ora proprio non ci sono per sedersi a un tavolo e ascoltarsi, magari per stringersi la mano.
Comunque il punto a cui vogliamo arrivare è che, invece, Israele ha mantenuto una posizione di sostanziale neutralità nella guerra in atto e per motivi ben precisi. Nei giorni immediatamente successivi il 24 febbraio, quando si è concretizzata l’invasione russa in Ucraina, la condanna di Gerusalemme per l’operato di Putin è stata evidente. Da lì è partita anche una mobilitazione per garantire ai cittadini degli aiuti umanitari: si è trattato soprattutto di elmetti, giubbotti antiproiettile e dispositivi di protezione.
Poi il governo ha cercato di non inasprire i rapporti con la Russia e ha resistito alle pressioni, cercando di non farsi coinvolgere troppo attivamente nel conflitto, e negando aiuti di tipo militare. Negli ultimi giorni, però, la situazione è cambiata radicalmente non di poco. La ‘colpa’ è dell’Iran che, invece, è stato tirato dentro dalla parte della Russia, soprattutto per la questione riguardante i droni garantiti a Mosca e con cui le truppe di Mosca stanno lanciando attacchi sempre più crudele sui civili e sulle principali città ucraine.
Una nuova strategia del terrore attuata dal Cremlino e concordata con i nuovi vertici dell’esercito che dovrebbe servire a scoraggiare la controffensiva ucraina e a lenire nel cuore di Kiev le pretese di Zelensky dalla guerra. Ma fino ad ora non ha portato a nulla, se non alla distruzione totale.
Da lì in poi, però, è cambiato il piano con cui analizzare la guerra sotto il profilo militare. Il leader ucraino si è affrettato a chiedere agli alleati dispositivi sempre più moderni ed efficienti per la difesa aerea, uno dei punti deboli per l’esercito di Zelensky, che aveva una tecnologia piuttosto vetusta. E comunque coprire un territorio vastissimo e tutti i lati da cui possono arrivare gli attacchi avversari, sotto forma di missili o con droni kamikaze iraniani.
Gli Stati Uniti e la Nato, anche in questo caso, hanno lavorato in concerto, impegnandosi fin da subito per potenziare i sistemi di difesa aerea a disposizione delle truppe ucraine. Le richieste di Zelensky, in larga parte, sono state esaudite. Basta pensare alla Germania, una delle prime a muoversi in tal senso e che ha già consegnato i primi missili Iris-T, un sistema ad ampia copertura che serve ad abbattere gli obiettivi del nemico. E se i tedeschi sono in prima fila, gli Stati Uniti sono in primissima, dato che già prima dell’ulteriore escalation della guerra, si erano impegnati a fornire strumenti molto innovati per potenziare la difesa aerea. Ora sono arrivati almeno due Nasams (National Advanced Surface-to-Air Missile System), sistema terrestre che utilizza il ben noto Aim-120 Amraam.
Anche il Regno Unito ha risposto presente e ha già previsto l’invio di missili Amraam fondamentali per le piattaforme Nasams. L’ha annunciato direttamente il segretario della Difesa Ben Wallace alcuni giorni fa. La Francia, invece, ha pensare di dotare le truppe ucraine dei sistemi da difesa di punto Crotale. Solo per restare alle principali potenze Nato. E Israele? Lì la situazione è più complicata, ma ora ci arriviamo.
I rapporti di Israele con la Russia e gli aiuti all’Ucraina
Ve l’abbiamo anticipato poco sopra: Israele si trova in una via di mezzo tra Russia e Ucraina, per alcuni motivi e per altri, ma il coinvolgimento diretto dell’Iran potrebbe cambiare le cose. Si pensi a quanto successo negli ultimi giorni in Siria. Proprio Israele ha portato un attacco a un sito di produzione di droni iraniani nei pressi di Damasco e dell’aeroporto militare di Dimas. È vero che si trattava di un sito adibito a fabbricazione di armi e dei droni kamikaze iraniani, che poi sarebbero passati al gruppo radicale sciita Hezbollah. Si tratta, però, dello stesso tipo di droni con cui l’Iran sta armando la Russia e che stanno avendo una rilevanza evidente per portare attacchi alle infrastrutture civili in Ucraina.
Zelensky ha subito cercato di sfruttare la situazione, tornando a bussare alla porta di Gerusalemme per chiedere un coinvolgimento più attivo nella guerra a Est, tramite l’invio di armi, come stanno facendo tutti i suoi alleati. Infatti, i rapporti tra Iran e Gerusalemme, sono del tutto incrinati, tanto che è possibile considerarli nemici e le mosse di Teheran avrebbero potuto portare a catena a un interessamento ancora più importante di Israele.
Sulla questione, però, si era espresso, anche di recente, il ministro della Difesa Benny Gantz, ribadendo che non ha intenzione di garantire armi all’Ucraina per una serie di “considerazioni operative”. Le richieste di Zelensky, anche in questo caso, si sono concentrate sulla difesa aerea. Il leader del Paese invaso ha buttato l’occhio sull’Iron Dome, un sistema antimissile tra i più efficienti del mondo che ha dimostrato tutta la sua potenza contro i razzi di Hamas. Il numero uno ucraino avrebbe accettato volentieri anche i sistemi Barack e Patriot che permettono di intercettare missili a corto e medio raggio.
In realtà, il governo israeliano è combattuto sulla questione, che sta facendo discutere a ogni livello. Le perplessità sono di due tipi: la prima riguarda i rapporti diretti con la Russia e la seconda le ricadute sulla guerra in Siria. Le relazioni con il Cremlino sono considerate fondamentali per gli interessi militari. Putin si è inserito dal 2015 nel conflitto in Siria, stravolgendo totalmente le sorti della guerra civile, a vantaggio del regime di Bashar al Assad. Non è stato gratis, vista la forte presenza della Russia sotto il profilo militare.
Le truppe di Mosca coordinano lo spazio aereo con sistemi tecnologici avanzati e, per Israele, si tratta di una mossa dato che lancia spesso raid mirati, indirizzati a distruggere i rifornimenti per gli Hezbollah. Si è attuata, di conseguenza, una sorta di collaborazione sul territorio tra Russia e Israele che lascia spazio d’azione agli uni e agli altri e che Gerusalemme non vuole interrompere. In più, le truppe di Putin sono schierate, ormai in via stabile, vicino ai confini israeliani, e non è affatto rassicurante.
Poi c’è il tema della protezione tecnologica. Il governo non vuole rischiare che i dispositivi con cui verrebbe rifornita l’Ucraina finiscano in mano russa che potrebbe, a sua volta, informare l’Iran. E non è un tema di poco conto in Siria. Infine, ma non per importanza, c’è da considerare anche la nutrita comunità ebraica russa. Con la mobilitazione parziale, ma anche prima, almeno 20mila russi sono emigrati verso Israele. E se si considerano gli ultimi 30 anni si parla di circa un milione persone, di cui molti giovani uomini. Le possibile ricadute sociali, anche per gli ebrei per vivono in Russia, sono evidenti.
Il Cremlino, di certo, non accetterebbe di buon grado l’invio di armi all’Ucraina. E lo sappiamo per parola diretta di Dmitri Medvedev che solo due giorni fa ha affermato: “L’invio di armi all’Ucraina da parte di Israele distruggerebbe ogni relazione fra i nostri due Paesi”.
Insomma, per tutte queste ragioni, il no di Israele sotto il punto di vista strategico e militare è ben ponderato. Poi, però, ci sono anche fuochi crescenti sotto il profilo politico e nell’opinione pubblica che vorrebbero una posizione più forte nella guerra in Ucraina. Dall’altra parte, c’è la pressione degli Stati Uniti che gradirebbe non poco un aiuto diretto.
Il tutto si traduce in valutazioni importanti sotto il profilo elettorale. Infatti, il primo novembre sono in programma le elezioni legislative e il terremoto politico è già in atto. Benjamin Netanyahu ha governato per ben dodici anni, ma poi era subentrato Naftali Bennett, che è durato poco più di un anno, prima di perdere la maggioranza in Parlamento. La questione, dunque, soprattutto dopo il coinvolgimento dell’Iran, è apertissima per via delle pressioni internazionali in atto e potrebbe portare Israele a scelte pesanti per gli aiuti all’Ucraina.
In realtà, ancora, la posizione non è cambiata e Gerusalemme intende fornire solo un sistema di allerta aereo, che potrebbe avvertire la popolazione di possibili attacchi in arrivo. Troppo poco rispetto alle ben differenti richieste di Zelensky, ma il tempo alla fine potrebbe dargli ragione. Oppure no, se a prevalere sarà la necessità di portare avanti i rapporti con la Russia.