La situazione dei mari e delle spiagge italiane è sempre più danneggiata e a rischio. Lo rivela il secondo rapporto annuale “Mare Caldo” di Greenpeace in collaborazione con l’Università di Genova.
Nello studio si mostra come le acque tirreniche abbiano raggiunto e mantenuto per lassi di tempo considerevole la loro temperatura oltre 1.5° gradi. Tali aumenti comportano gravi problemi alla flora e fauna marina, in particolare si registra la moria e scomparsa delle Gorgonie, formazioni simil-coralline tipiche del bacino mediterraneo.
Al pari dei coralli oceanici sbiancati dalle alte temperature costiere, anche le forme di vita del “mare nostrum” evidenziano avanzati stadi di necrosi.
Com’è noto ogni habitat si regge su di un delicato equilibrio che coinvolge piante, animali, fattori geologici ed atmosferici: il calore eccessivo, se da un lato provoca la moria di specie autoctone, dall’altro favorisce la presenza di nuovi organismi detti “termofili” (letteralmente “amanti del caldo”), i quali proliferano nel cimitero lasciato dai loro predecessori.
I mari più caldi sono un riflesso del più generale incremento delle temperature dovuto agli effetti del cambiamento climatico: in particolare il famigerato effetto serra, uno “strato impermeabile” che impedisce al calore accumulato sulla superficie del globo di fuoriuscire dall’atmosfera terrestre, determina la situazione sottolineata dal rapporto Greenpeace-Università di Genova.
Se i mari stanno tornando allo stadio preistorico di brodo primordiale, le coste ed i litorali non se la passano meglio. La cementificazione selvaggia è anch’essa responsabile dei danni a cui si assiste lungo tutte le sponde del Bel Paese.
A certificarlo è l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ente alle dirette dipendenze del Ministero per la Transizione Ecologica.Attraverso l’aggiornamento della banca dati del progetto “Linea di costa italiana”, l’istituto ha evidenziato la paurosa erosione dello spazio costiero naturale dell’Italia.
Ogni anno 5 chilometri di costa sono divorati dal cemento; la situazione è ancora peggiore per i tratti di spiaggia retrostanti il lungomare, in questo caso la cifra persa annualmente è addirittura doppia. Unendo questi dati, in vent’anni la Penisola ha perduto circa 100 chilometri di litorale.
Tra spiaggia e vera e propria costa la cementificazione italiana è del 33% e questo valore è destinato a salire, visto anche l’andamento finora registrato.
Il patrimonio marittimo e naturale statale svolge un ruolo fondamentale per l’economia patria, è quanto mai opportuno che governo, associazioni e cittadinanza tutta facciano tutto il possibile affinché le meraviglie dello Stivale possano essere godute anche dalle generazioni successive.
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