Non c’è pace per la Juventus. La procura di Torino ha chiesto 13 rinvii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sui conti del club bianconero. Si tratta di dodici persone fisiche più la società. Stralciata la posizione degli ex sindaci. Tra le richieste di rinvio a giudizio figurano i vertici, il presidente Andrea Agnelli, il vice Pavel Nedved, Fabio Paratici e Maurizio Arrivabene.
L’inchiesta, avviata nel novembre di un anno fa, riguarda i bilanci di tre annualità, 2019, 2020, 2021, per i quali l’accusa ipotizza plusvalenze fittizie e manovre sugli stipendi dei calciatori durante la pandemia da Covid. Lo scorso 24 ottobre era stata notificata agli indagati la chiusura indagini. Secondo il Corriere della Sera, tra l’altro, l’inchiesta potrebbe coinvolgere anche altre società.
Piove sul bagnato in casa Juventus. La procura di Torino, nell’ambito dell’inchiesta sulle plusvalenze fittizie e le manovre sugli stipendi dei calciatori durante la pandemia da Covid, ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 delle 16 persone indagate. I pm Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Ciro Santoriello, stamattina, hanno inviato al gip la richiesta che ricalca l’impianto accusatorio delle indagini.
Sono rimasti fuori solo i componenti del collegio sindacale, quindi Silvia Lirici, Nicoletta Paracchini e Paolo Piccatti, mentre potrebbero andare a processo i vertici della società e la società stessa, quindi l’ex presidente Andrea Agnelli, l’ex amministratore delegato Maurizio Arrivabene, l’ex vicepresidente Pavel Nedved e anche l’ex direttore sportivo Fabio Paratici. Per quanto riguarda i tre sindaci, la loro posizione è migliorata dopo un interrogatorio con i magistrati in cui hanno dimostrato di essere estranei alla vicenda.
Non sono ancora imputati e, in ogni caso, sarebbero comunque innocenti fino a sentenza definitiva, ma intanto dalla Juventus sono sicuri di poter dimostrare di non aver compiuto illeciti.
Secondo quanto riporta l’Ansa, sulla questione delle plusvalenze i bianconeri potrebbero essere in buona fede. A osservarlo è stato Ludovico Morello, il gip del tribunale di Torino, che lo scorso 12 ottobre ha respinto le richieste di misure interdittive per Agnelli e gli altri indagati nell’inchiesta. Alla luce degli atti disponibili in quel momento, il giudice ha scritto che se la Juventus si è davvero attenuta alla prassi standard “risulterebbe difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi in definitiva doloso, dai corretti criteri di contabilizzazione delle poste“.
Questo, perché, secondo il gip “la società e i relativi vertici non avrebbero fatto altro che fare uso, in un ambito ove sono pacificamente assenti riferimenti e parametri normativi predefiniti volti a regolare la valorizzazione dei calciatori da cosiddette operazione incrociate, di criteri contabili adottati dall’intero settore di riferimento nell’ambito del quale l’ente si trova ad operare“. Per Morello, comunque, è opportuno “un accurato approfondimento“.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, tra l’altro, del modus operandi della Juventus sapevano tutti, e la convinzione nasce dai documenti che sono stati ritrovati, ma anche dalle intercettazioni telefoniche, e delle mail. Questo, però, hanno continuato dal quotidiano milanese, non significa che non ci siano altre squadre che non possano finire sotto inchiesta.
Infatti, sotto il vaglio dei tre pubblici ministeri di Torino ci sarebbero degli atti che potrebbero trasmettere ai colleghi di altre città, facendo partire altri accertamenti. Tra le società che hanno fatto affari con i bianconeri ci potrebbero essere Atalanta e Genoa.
A questo proposito è intervenuto anche il ministro per lo Sport e le Politiche giovanili, Andrea Abodi, che ha detto che “la situazione della Juventus è soltanto la punta estrema e, per certi versi, anche clamorosa, di un fenomeno su cui non possiamo voltarci dall’altra parte”, perché “probabilmente la Juventus non è l’unica”, dunque “è il momento di mettere ordine e di andare a controllare in maniera più puntuale, perché ci sono società che si comportano in maniera estremamente corretta e altre che, evidentemente, hanno interpretato in maniera troppo particolare le norme, e ciò determina un problema anche sul versante dell’equa competizione”, ha detto all’Ansa.
Abodi ha poi aggiunto che “l’autonomia sportiva debba esser garantita”, ma “i comportamenti gestionali devono esser monitorati, analizzati, valutati ed eventualmente sanzionati”. Il ministro, infine, ha dichiarato di augurarsi che “i fenomeni degenerativi vengano regolati all’interno del sistema sportivo”.
All’agenzia, ha parlato anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò. “Bisogna aspettare per dare valutazioni. Non mi accodo a quelli che danno giudizi sommari, né da una parte né dall’altra, è anche giusto evitare campanilismi. Poi vedremo quello che succederà“. “Direi – ha aggiunto – che ci sono oggettivamente temi molteplici. C’è un filone plusvalenze, uno legato ai pagamenti post pagati o rinviati e poi ovviamente le dinamiche di una società quotata“. Malagò ha preferito non dare giudizi in quanto pubblico ufficiale e quindi risulterebbe “una persona molto poco seria“.
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